Vaccinazioni

da | 13 Apr, 2015 | Lifestyle

Giunti ai due mesi di vita del bebé, arriva il momento di affrontare lo scoglio più difficile della primissima infanzia: i vaccini. D’improvviso non si parla d’altro. C’è chi prende tempo con la scusa di una lieve influenza stagionale e posticipa la chiamata, chi legge e riferisce, chi decide di no ma poi teme il futuro. Vogliamo provare a ragionarci? Il vaccino è un preparato costituito da una piccola quantità di microrganismi (virus o batteri) iniettato nel corpo in modo da stimolare la naturale reazione immunitaria. In pratica è una dose di malattia controllata. In questi anni il dibattito tra pro e contro si è fatto aspro e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha richiamato l’Italia per il calo delle vaccinazioni, che ha raggiunto i livelli minimi degli ultimi dieci anni, dall’antitetanica all’antipolio, anche se, in particolare, i genitori italiani rifiutano di vaccinare contro il morbillo, malattia che l’OMS si era prefissata di debellare entro il 2015. Cosa è successo in questi anni? Quali le cause della sfiducia e della paura sui vaccini? Cosa sappiamo veramente sulle possibili conseguenze nel sistema immunitario e nella salute?

Utilità indiscutibile
“Si può discutere sulla maggiore o minore utilità di questo o quel vaccino, sull’opportunità di vaccinare a una certa età o a un’altra, ma non si può mettere in discussione l’utilità delle vaccinazioni e l’enorme beneficio che hanno apportato all’intera umanità”. A dirlo è un pediatra di grande esperienza, Vincenzo Calia, direttore responsabile della rivista UPPA – Un pediatra per amico. Ma è davvero meglio l’immunizzazione artificiale a quella naturale? “Se per immunità naturale si intende contrarre la malattia, allora bisogna accettare anche le altrettanto naturali conseguenze delle malattie che sono, in qualche caso, persino la morte. La vaccinazione è in realtà il più naturale degli interventi medici, perché mette in contatto un organismo sano con delle sostanze o dei microrganismi capaci di stimolare la reazione immunitaria senza però provocare la malattia: la reazione antigene-anticorpo e la creazione della memoria immunitaria è una delle caratteristiche principali degli esseri viventi”.

Eppure è proprio sulle conseguenze dei vaccini che si scaglia il popolo del no e su cui si sono basate le ultime campagne contro la vaccinazione di massa. È stata denunciata più di una volta la correlazione dei vaccini con la SIDS, cioè la sindrome della morte in culla, ma anche con l’epilessia, le allergie e l’asma e persino, in un caso di medicina molto controverso, con l’autismo. Cosa si rischia vaccinando? “Si rischia, con una certa frequenza, qualche effetto collaterale di scarsa importanza, come febbre, bollicine, sonnolenza e irrequietezza – risponde Vincenzo Calia -. Le reazioni gravi e gravissime hanno una frequenza così bassa (un caso su milioni di dosi effettuate) da poter essere considerata uguale a zero. Non esiste invece alcuna relazione fra vaccinazioni e autismo e neppure fra vaccinazioni, allergie e asma”. A supportare questa posizione c’è un documento dal titolo “Vaccinazioni pediatriche: le domande difficili”, scritto a inizio 2015 da Franco Giovanetti, dirigente medico Asl. In questo studio, che cita numeri e casi spiegando che difendersi dalle malattie è un’esigenza assolutamente attuale, vengono riprese punto per punto tutte le accuse rivolte alla vaccinazione. Per esempio, alcune ricerche americane hanno dimostrato “che l’incidenza della SIDS è la stessa sia in presenza che in assenza di vaccinazione” e che negli Stati Uniti, dove ogni anno si verificano 1.600 casi di morte improvvisa del lattante, la riduzione dei casi non è corrisposta a un calo delle vaccinazioni quanto a un efficace programma di educazione sanitaria e comportamentale della popolazione. Per quanto riguarda l’epilessia, la ricerca ricorda che “normalmente nei bambini si manifesta nel primo anno di vita (Allen Hauser 2007), stessa età in cui oltre il 95% dei bambini effettua il ciclo di base delle vaccinazioni previste. La coincidenza potrebbe essere erroneamente interpretata come un rapporto causa-effetto. A volte la vaccinazione è semplicemente l’evento che smaschera la presenza di una forma di epilessia di origine genetica” mentre non esiste letteratura scientifica che ne dimostri la correlazione. Nonostante sia solo dello scorso novembre una sentenza del Tribunale del Lavoro di Milano che ha stabilito “un nesso causale” tra l’iniezione del vaccino esavalente Infanrix Hexa Sk e l’autismo, la comunità medica nega il legame: “La scienza – ha commentato Giovanni Corsello, presidente della Società Italiana di Pediatria (Sip) a ridosso della sentenza – ha smentito da tempo qualsiasi relazione fra vaccini e autismo, sia per quanto riguarda la vaccinazione esavalente, oggetto della sentenza milanese, sia per quella contro morbillo, parotite e rosolia, che è stata sotto i riflettori in altre occasioni. Ci preoccupa il fatto che si possano emanare sentenze prive di qualsiasi base scientifica, in un ambito così delicato e importante per la salute della collettività”. Uno dei principali timori che spinge i genitori a non vaccinare i figli è il possibile sviluppo di allergie, visto che negli ultimi anni sono aumentate così come è aumentato il numero di vaccini somministrati. La ricerca di Franco Giovanetti cita una serie di studi che rinnegano questa affermazione e secondo i quali, al contrario, la vaccinazione proteggerebbe da alcune forme allergiche. Tra questi è molto interessante il caso della Germania: prima della riunificazione del 1989 nella Germania Est la percentuale dei vaccinati era significativamente più alta che nella Germania Ovest. “Se la teoria delle allergie favorite dalle vaccinazioni fosse corretta, ci saremmo dovuti aspettare una più alta prevalenza di bambini allergici nella Germania Est. Invece è accaduto il contrario (Schneeweiss 2008)”.

Anche volendo escludere rischi particolarmente gravi, è così sbagliato pensare che il sistema immunitario dei neonati sia ancora troppo debole per sopportare l’iniezione di antigeni vaccinali? A 2 mesi, secondo Giovanetti, il sistema immunitario del bambino è già in grado di rispondere alla vaccinazione, aspettare non serve ad aumentare la sicurezza, anzi ogni ritardo prolunga il periodo in cui il bambino è suscettibile alle infezioni prevenibili con il vaccino. Uno studio sui bambini da 6 a 24 mesi ha dimostrato che il rischio di ospedalizzazione è dieci volte più alto nei bambini mai vaccinati contro la pertosse (malattia pericolosa specialmente nei primi mesi di vita) rispetto ai bambini parzialmente o completamente vaccinati (Stojanov 2000). Poi c’è il discorso di vaccinarsi per responsabilità sociale: è corretto? “Vaccinare i propri figli – dice Vincenzo Calia – contribuisce a proteggere anche gli altri bambini. Quanti più soggetti vaccinati esistono in una popolazione tanto meno circolano virus e batteri e, di conseguenza, le persone non hanno la sventura di incontrarli e di ammalarsi”.

Quanto si è disposti a pagare?
“La legge 210 del 1992 – afferma Dario Miedico, medico legale – prevede il risarcimento delle persone danneggiate da vaccino; il che significa che è previsto che il vaccino possa produrre dei danni”. Sono pochi i medici che si espongono pubblicamente su posizioni contrarie alla vaccinazione ed è molto difficile riuscire ad avere dati precisi sui danni (diversamente dagli altri paesi, in Italia non abbiamo alcun censimento reale di quanti siano i danneggiati da vaccini) e si parla poco delle possibili reazioni avverse. Le campagne per la vaccinazione di massa, secondo il popolo dei contrari, si limitano a terrorizzare i genitori sulla possibilità di contrarre malattie gravi perché, commenta il pediatra Eugenio Serravalle, “con la paura si contrasta la ragionevolezza e il ragionamento”. L’opposizione si basa su riconoscimento che la vaccinazione è un atto sanitario importante, ma che può essere anche molto pericoloso e che quindi richiede, come la somministrazione di tutti i farmaci, un’attenta valutazione di vantaggi e svantaggi. Vale la pena vaccinare se esiste un rischio reale e solo dopo un’adeguata analisi anamnestica del bambino e dei genitori. “La difterite e la poliomielite sono due malattie praticamente scomparse in Italia – dice Serravalle – il tetano non si può prendere a 3 mesi quando il bambino non cammina. L’epatite B si trasmette esclusivamente per contatto sessuale o per contatto di sangue e allora un neonato che nasca da una mamma sana come fa a prendere l’epatite B e perché bisogna vaccinarlo a 3 mesi?”.

Ci sono medici che hanno somministrato vaccini in passato, convinti dell’utilità della medicina preventiva, ai quali con il tempo sono venuti dubbi. “Dubito, tutto qui – sono le riflessioni dell’immunologo Antonio Scardino, pubblicate su www.assis.it -. Io mi sbaglio spesso, dubito molto e studio forsennatamente. Davvero è convincente il concetto per il quale ci si può ammalare di meningite se non ci si vaccina contro il meningococco? Voglio dire, quale ceppo di meningococco fra i tanti? Il vaccino per l’influenza: voi pensate che il ceppo che io inoculo ai miei pazienti (se lo chiedono, nessun problema a inocularlo; ma se mi chiedono cosa ne penso rispondo “io non sono d’accordo, ma lei pensi con la sua testa e si informi”) sia il ceppo che sta per arrivare dall’Asia? Ci credete davvero che siamo in grado di prevedere gli antigeni di superficie dei virus mutanti e assemblare milioni di dosi in tempo, prima di una nuova mutazione? Perché il vaccino per il tetano prima dei 3 anni? E perché non testare prima gli anticorpi nel sangue, invece di vaccinare: i bambini spesso si immunizzano naturalmente camminando a piedi nudi”. Quindi meglio aspettare? “Grossolanamente – spiega Serravalle – possiamo dire che noi ci difendiamo dalle infezioni con due strategie difensive: da una parte ci sono gli anticorpi, si parla di immunità umorale (TH2), e dall’altra parte c’è l’immunità cellulare (TH1). Il neonato nasce con un sistema immunitario fortemente squilibrato, cioè con TH2 che pesa parecchio e TH1 che si svilupperà nel tempo. Intanto che si raggiunge l’equilibrio di TH1 e TH2, non è prudente fare vaccinazioni”. E poi i vaccini contengono sostanze tossiche (mercurio, alluminio, formaldeide) che hanno un’attività neurotossica, che arrivano al cervello e possono provocarne dei danni, cosa che accade più facilmente nei neonati che non hanno sviluppato ancora la barriera emato-encefalica. “All’inizio della mia attività non vedevo così tanti bambini con patologie neurologiche. L’autismo mi era praticamente sconosciuto e oggi i dati americani riportano che un bambino ogni 88 in America ha un disturbo autistico; in Italia non si sa neanche qual è il numero reale. Non vedevo il diabete così spesso come adesso, artriti e artrosi, il morbo celiaco, tiroiditi, tutte patologie autoimmuni. Le allergie erano meno frequenti, oggi un bambino su tre ne soffre”. “Dietro le vaccinazioni – conclude Dario Miedico – ci sono montagne di interessi economici, voi pensate che ogni anno nascono cinquecentomila bambini in Italia. Ciascuno di questi bambini, nei primi due anni di vita, secondo le norme stabilite, dovrebbe fare 26 vaccini. Fate voi i conti!”. “Un’ultima cosa – scrive Antonio Scardino – io non ho paura di ammalarmi e di morire e non ho paura che i miei figli si ammalino. Credo che, sempre e solo nell’ambito del buon senso, debbano imparare a incontrare le malattie e sconfiggerle, per essere abbastanza forti da affrontare la vita e generare a loro volta figli abbastanza forti da poter vivere; non serve a niente e a nessuno essere superprotetti artificialmente”.

Libertà di vaccinazione
In Italia sono quattro i vaccini obbligatori (poliomielite, tetano, difterite ed epatite B) anche se di fatto con l’esavalente ne vengono iniettati sei ed è molto difficile riuscire a trovare delle vaccinazioni singole, nonostante sia un diritto poter scegliere quando e quali. Inizialmente l’obbligo era sanzionato da una norma penale, solo successivamente la mancata vaccinazione è stata depenalizzata (legge n. 689/1981) e punita con una sanzione amministrativa, con il Tribunale per i Minorenni che chiede alle autorità locali la segnalazione del rifiuto e che può – rarissimo – ordinare la vaccinazione coatta del bambino. Con i primi casi di danni da vaccino sono nati movimenti contro l’obbligo di vaccinazione. Il loro lavoro ha contribuito alla libertà di scelta: già la legge 833 del 1978 stabilisce che chiunque “può rivolgere al sindaco richiesta di revoca o di modifica del provvedimento con il quale è stato disposto il trattamento sanitario obbligatorio” e oggi moltissime regioni italiane (Piemonte, Veneto e Lombardia in testa), in virtù dell’autonomia conferita loro dalla Costituzione, hanno iniziato un percorso che tende all’eliminazione dell’obbligo vaccinale e introduce il dissenso informato. Per informazioni si può consultare il sito www.comilva.org.

Aggiornamento 2018

Questo articolo è del 13 aprile 2015. Da allora la normativa sui vaccini è stata aggiornata.

Allo stato attuale, la normativa sui vaccini rispetta il decreto legge approvato nel maggio 2017 dal governo Gentiloni su richiesta del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin (potete leggerlo qui).

In base a questo decreto legge, per  frequentare gli asili nido e le scuole, tutti i bambini e ragazzi, da 0 a 16 anni, devono necessariamente essere vaccinati. 

Chi non aderisce al piano vaccinale deve avere comprovati problemi di salute

 

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