Impariamo a fare i compiti

da | 14 Nov, 2017 | Lifestyle

La scuola è iniziata e la commovente immagine dei nostri piccini che varcano la soglia con addosso la cartella più grossa di loro è archiviata nella nostra memoria e in quella del computer. Passato il primo momento di allegria, eccoci alle prese con la cruda realtà: i compiti.

Chiariamo subito la nostra posizione: in Italia si danno i compiti a casa. Siamo unici, in questo, come se a un impiegato si desse ancora qualche pratica da sbrigare a casa, la sera. Ma i compiti sono importanti perché servono a rafforzare quanto appreso a scuola e permettono ai genitori di condividere le loro tristi memorie di pomeriggi di sole o di neve chiusi in casa a studiare.

Come uscirne vivi

Ci sono maestri che assegnano compiti tutti i giorni, in modo che il bambino non abbia mai il piacere di annoiarsi. Ci sono anche quelli che, specie con i piccoli, riservano questo prezioso dono al weekend, mettendo a serio rischio l’equilibrio dell’intera famiglia.

Allo stesso modo ci sono genitori che per ragioni diverse (tempo, impegni, ideali) ritengono che tutto quello che riguarda la scuola è affare dello studente e che sia sbagliato intromettersi; oppure genitori che si affannano affinché il loro pargolo sia sempre “al passo” arrivando alla fine della scuola stremati e torturandosi l’intero periodo estivo con i vari libretti dei compiti delle vacanze.

Ci sono poi studenti diversi: quelli col senso del dovere che morirebbero piuttosto che andare a scuola senza compiti fatti; quelli che vanno a scuola perché è un obbligo ma preferirebbero essere cuochi, pittori o viaggiatori nel tempo; quelli portati per le discipline scolastiche che fanno i compiti perché non gli costa né tempo né fatica (accendete un cero per grazia ricevuta se questo è il vostro caso); infine quelli veramente interessati alla scuola: esseri rari quanto i parti quadrigemellari.

Vita scolastica di famiglia

Volenti o no, nella vita scolastica dei nostri figli finiamo per rimanere invischiati. L’obiettivo che ci dobbiamo porre, come genitori responsabili, è portare i nostri pargoletti a svolgere il loro lavoro in autonomia, ma mai prima della quarta elementare.

In terza in genere i bambini sono già indipendenti nei compiti scritti, ma hanno bisogno di sostegno per imparare a ripetere la lezione. È bene sempre monitorare, un po’ per noi stessi perché c’è sempre qualcosa di curioso da riscoprire (ma guarda come studiano adesso la geografia… noi dovevamo memorizzare tutti i capoluoghi di provincia; Caio Mario e Lucio Cornelio Silla! Ecco quello che mi serviva per finire le parole crociate. L’apparato riproduttivo? A noi raccontavano solo dell’impollinazione), un po’ per i nostri figli ai quali, in fondo, quest’attenzione piace.

Consiglio numero uno

Quando è stata l’ultima volta che avete “fatto i compiti”? In quinta liceo, se facevate parte del team dei secchioni. Eravamo grandi e autosufficienti, più o meno coscienti o perlomeno ingranati in quello che facevamo. Ora invece abbiamo davanti un seienne, a cui si chiede non di giocare tranquillo sul tappeto, ma di stare seduto al tavolo, con davanti della carta a quadretti e in mano una matita grigia, a fare dei trattini sul foglio. E magari ci sentiamo anche di aggiungere: prima il dovere poi il piacere.

Allora prestate attenzione. Il primo messaggio che manderete a vostro figlio o vostra figlia è che piacere e dovere sono due cose che non possono coesistere. E questo è un vero peccato visto che agli esseri umani piace imparare. E la categoria dei seienni spesso è al top della gamma degli imparatori.

Consiglio numero due

Per il seienne il trattino, la letterina, la sillaba o il numerino, chiedono uno sforzo pari allo studio di dieci pagine di chimica o filosofia, per cui non usate la frase “ma è così facile”. Dite piuttosto “ce la puoi fare” . Con quest’ottica di fare un compito e non subire una punizione, state trasmettendo a vostro figlio un po’ di autostima. Non esistono gli asini a scuola, tu sai farlo. Se però siamo di temperamente nervoso, deleghiamo il compito di seguire il pargolo a chi, in famiglia, ha fatto qualche corso di yoga, oppure alterniamoci per ripartire il carico: il papà magari gradisce stare sul divano, di ritorno dal lavoro, perciò potrà seguirsi il figlio o la figlia nelle prime letture, meglio se al suo fianco e un po’ abbracciati per rafforzare l’idea che leggere è un piacere. La mamma invece che viaggia per la casa a dieci centimetri da terra per far tutto più veloce, sarà inseguita, a turno, da chi deve ripetere la lezione, favorendo il movimento. Mens sana in corpore sano, appunto!

Dove

Fare i compiti sul tavolo della cucina permette, a chi prepara la cena, di supervisionare il lavoro senza perdite di tempo. L’ideale è la cucina a isola, così si può mescolare il sugo e controllare eventuali errori sui quaderni in tempo reale. Attenti alle patacche. Quando il bimbo cresce, potrete fargli usare la megascrivania con poltroncina in pelle che gli avete regalato in prima elementare e che avete accatastato nell’angolo buio della camera. A nessuno piace fare i compiti lì, ma da una certa età in poi la privacy si apprezza. Quindi: dai 6 ai 9 anni: cucina. Dai 9 in su: scrivania. Senza impazzire, seguendo le inclinazioni del fanciullo.

Non preoccupatevi invece per la sedia. Anche se non ha la seduta ergonomica, è difficile che il pupo ci passi più di un’ora: va bene anche la classica impagliata da cucina.

Perdite di tempo

Come fare quando ritenete che il compito sia inutile: il piccolo Lorenzo deve studiare a memoria per domani tutti i nomi delle interiora della lumaca, ma lo deve fare in tedesco. Non è facile giustificare il valore didattico in questo caso.

Pensate zen allora, anche nel male c’è un po’ di bene, avete presente lo Yin e lo Yang? Concentratevi sul fatto che quello che conta è che il bambino alleni la memoria e utilizzate quanto il piccolo ha appreso per far bella figura davanti alla suocera! Fidatevi soprattutto della maestra, non criticate mai il suo metodo didattico davanti ai bambini, chiaritevi direttamente con lei se qualcosa non vi convince, informatela quando i compiti sono troppi o troppo difficili (senza mai sottrarsi dal farli eseguire, però). Sono questi i comportamenti che vi consentono una vita più serena e un minor dispendio di energie e parole inutili.

Fratellini e sorelline

Che ve ne fate dei fratelli minori, quelli che non vanno ancora a scuola? La teoria ci consiglia di narcotizzare i figli in età prescolare, fermare il tempo e chiudersi in un ambiente neutro, senza stimoli e distrazioni, a temperatura e luminosità ideale, su sedute confortevoli, in modo che il piccolo studente abbia il giusto sostegno nello svolgimento del lavoro.

La realtà invece è che i fratelli minori vi vogliono tutti per loro, siete in ritardo con la cena, lo studente si è inchiodato su un dettaglio inutile, suona il telefono ed è vostra suocera o una lontana cugina che vi chiede se avete bisogno di aiuto, tanto abita a Roma, il neonato sta rosicchiando la gomma da cancellare e la lavatrice non carica il detersivo. Rilassatevi, appassionatevi all’approssimazione, semplificate. Comprate una scatola di pennarelli e mettete il piccolo a scarabocchiare vicino al fratello, dopo un po’ si stancherà e troverà altre distrazioni. Nel frattempo preoccupatevi che lo studente assimili il ragionamento e non pretendete che tutto il compito sia giusto, se ha capito che deve usare il meno e non il per, siete già stati grandi!

Fermezza

Tanta calma, tanto amore devono riempire il vostro cuore quando state seguendo i vostri figli nei compiti. Al tempo stesso, siate fermi: la scuola è importante, è un impegno improrogabile, non sono i vostri figli a decidere se fare o non fare e quando fare. Siete voi a controllare e gestire: si fa! Mal di pancia, cagherozzi improvvisi, fame, pianto, strilli e disperazione vi devono lasciare immutati. Sereni e amorevoli (anche se li disintegrereste, i vostri piccoli) ma determinati. Tanto siete voi determinati a far fare i compiti quanto sanno esserlo loro per non farli, ma voi ci siete già passati, saprete sicuramente essere più scaltri. Non lasciatevi impressionare e perseverate!

Masochismo

Evitate atteggiamenti autolesionisti: “Cosa ne facciamo di questo qui da grande?”. Questa è una domanda da non fare mai, anche quando siete certi che il ragionamento che lo studente vi ha appena fatto è proprio stupido. Non spaventatevi se vostro figlio o vostra figlia non riesce a capire la cosa più banale dell’universo, ingegnatevi piuttosto a trovare un modo originale, magari assurdo ma vicino alla sua mentalità, per spiegargli la consegna secondo un altro punto di vista. Pensate al presente, semplificate.

Non etichettate mai un bambino

È svogliato! È un pigrone. È uno scalmanato. Sono frasi che non gli danno speranza, gli fanno credere che non potrà cambiare. “Fa solo quello che gli interessa!”. E perché dovrebbe essere così stupido da fare cose che non gli interessano? Fatelo appassionare a ciò che gli piace e lentamente fategli capire che anche nelle cose meno gradite ci sono spunti per migliorare quelle che piacciono (se ami la musica non puoi non conoscere la matematica, le frazioni ti aiutano a dividere il tempo e a creare i ritmi).

Anche le etichette positive non vanno. È un genio. Pesantissimo per un ragazzino. Cosa succede se prende un brutto voto? Finisce di esistere? Insegnate che l’errore è parte dell’imparare. Incoraggiate sempre. Il voto non è dei migliori? Si può rimediare, basta non perdere il gusto di imparare.

Piccolo genio mio

Non favorite il confronto dei voti tra i compagni, è una cosa antipatica quanto inutile. “Sai, Piero ha preso 5, io e Francesco 10”. Anche se vi baloccate già con l’idea di quanto è bravo il vostro ragazzo rispetto a quel caprone che vi sta pure antipatico, proponetegli di invitare Piero a studiare, così potrà spiegargli le cose che non ha capito. Tenete sempre presente che la scuola non è una gara. La vita è troppo importante per essere misurata in un punteggio.

Il bambino che mettete a dormire questa sera non è lo stesso che sveglierete domattina, perché sarà cresciuto, avrà ragionato su quello che ha ascoltato. Perciò ditegli cose buone e positive perché cresca fiducioso e fiero di essere se stesso, anche se con i propri limiti umani.

Perché crescere è fare esperienze, scoprire le passioni, definirsi come esseri unici capaci di offrire i propri talenti a questo mondo, per incastrarsi in esso, per mano agli altri esseri unici, come il tassello di un magnifico gigantesco puzzle.

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