Un problema crescente in un’Europa che invecchia, l’infertilità colpisce milioni di coppie: ma tra diagnosi tardive e terapie costose, il diritto alla genitorialità resta un privilegio per pochi
L’infertilità è oggi una delle sfide sanitarie e sociali più rilevanti a livello globale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), circa una persona su sei nel mondo – pari al 17,5% della popolazione adulta – è affetta da infertilità. In Europa, la situazione non è meno allarmante: quasi il 15% delle coppie riceve una diagnosi di infertilità, e i tassi di natalità sono in costante calo. In Italia, ad esempio, nel 2024 sono state registra te circa 370 mila nascite, un dato in calo del 2,6% rispetto al 2023, mentre l’età media al primo figlio ha superato i 32 anni.
Ma cosa significa concretamente “avere problemi di fertilità”? La definizione clinica più comune stabilisce che una coppia è considerata infertile se, dopo un anno di rapporti sessuali regolari e non protetti, non riesce a concepire un figlio. Tuttavia, l’OMS suggerisce di estendere questo periodo a 24 mesi, per includere anche le coppie che riescono a concepire naturalmente ma con tempi più lunghi. La dottoressa Paola Anserini, presidente della Società Italiana di Fertilità e Sterilità, sottolinea come i dati disponibili siano ancora parziali e probabilmente sottostimati, a causa della mancanza di studi sistematici e aggiornati.
Il fenomeno dell’infertilità non conosce confini geografici o sociali. Colpisce uomini e donne in egual misura, in Paesi ricchi e poveri, e si intreccia con dinamiche demografiche preoccupanti. In Europa, dove l’invecchiamento della popolazione è già una realtà, la difficoltà a concepire rappresenta un ulteriore ostacolo alla sostenibilità sociale ed economica del continente.
Le cause dell’infertilità: tra biologia e stili di vita
Le ragioni dell’infertilità sono molteplici e spesso complesse. In circa il 30% dei casi, la causa è attribuibile a fattori femminili; in un altro 30% a fattori maschili; mentre nel restante 40% si tratta di cause miste o inspiegate. Tra le cause femminili più comuni figurano l’endometriosi, le disfunzioni ovulatorie, le ostruzioni tubariche e l’età avanzata. Per gli uomini, invece, i problemi più frequenti riguardano qualità e quantità di spermatozoi, spesso compromesse da fattori ambientali o stili di vita poco salutari.
L’età è uno dei principali fattori di rischio. La fertilità femminile inizia a diminuire sensibilmente dopo i 35 anni, ma oggi molte donne scelgono di posticipare la maternità per motivi legati alla carriera, alla stabilità economica o alla mancanza di un partner. Anche l’inquinamento ambientale, l’esposizione a sostanze tossiche, il fumo, l’alcol e lo stress cronico sono elementi che incidono negativamente sulla fertilità di entrambi i sessi.
Un altro aspetto da considerare è l’aumento delle malattie sessualmente trasmissibili non trattate, che possono compromettere la salute riproduttiva. Inoltre, l’obesità e i disturbi metabolici, sempre più diffusi nei Paesi industrializzati, rappresentano un ulteriore ostacolo alla capacità di concepire. In sintesi, l’infertilità è il risultato di un intreccio tra fattori biologici, ambientali e comportamentali, che riflettono le trasformazioni profonde della società contemporanea.
Terapie costose e disuguaglianze nell’accesso alle cure
Nonostante i progressi della medicina riproduttiva, le terapie per l’infertilità non sono accessibili a tutti. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), come la fecondazione in vitro (FIVET) o l’inseminazione artificiale, rappresentano una speranza per molte coppie, ma comportano costi elevati e percorsi spesso lunghi e stressanti. In Italia, la PMA è teoricamente garantita dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN), ma nella pratica esistono forti disparità territoriali e lunghe liste d’attesa.
Secondo la Società Italiana di Riproduzione Umana (SIRU), oltre 100.000 coppie italiane non riescono ad accedere tempestivamente ai trattamenti, anche a causa del ritardo nell’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), che dovrebbero includere le cure per l’infertilità. Inoltre, l’ovodonazione – una delle tecniche più efficaci per le donne con riserva ovarica compromessa – è ancora poco diffusa nei centri pubblici, costringendo molte coppie a rivolgersi a cliniche private o a recarsi all’estero, con costi che possono superare i 10.000 euro per ciclo.
La situazione è ancora più critica nei Paesi a basso e medio reddito, dove le infrastrutture sanitarie sono carenti e i trattamenti per la fertilità sono spesso considerati un lusso. L’OMS ha lanciato un appello ai governi affinché l’accesso alle cure per l’infertilità sia riconosciuto come un diritto universale, sottolineando che la salute riproduttiva è parte integrante del benessere individuale e collettivo.
In conclusione, l’infertilità è una condizione che riguarda milioni di persone nel mondo, ma le risposte sanitarie e politiche sono ancora frammentarie e diseguali. Affrontare questa sfida significa non solo investire nella ricerca e nell’accesso alle terapie, ma anche promuovere una cultura della prevenzione e del supporto alle famiglie, in un’epoca in cui la natalità è sempre più fragile.












































