Tornare ai beni comuni per sopravvivere

da | 1 Set, 2015 | Green

Vandana Shiva veste tessuti colorati, ha un grande sorriso, è vegetariana e si batte per ridiscutere le politiche agricole e alimentari. E’ indiana, attivista e ambientalista; nel 1993 ha ricevuto il Right Livelihood Award ed è ambasciatrice dell’Expo Milano. E’ stata ospite al Festival Internazionale dei Beni Comuni di Chieri (TO) per ricordare quanto sia importante affidarsi alle persone, alle comunità e alla Madre Terra, tornare alle economie di piccola scala come unica possibilità di sopravvivenza.

Che cosa sta succedendo nel mondo oggi?
“Sono tempi strani questi, in cui la privatizzazione dei beni comuni e dei beni pubblici è il principio del modello di crescita. Ci si appropria delle risorse – umane, alimentari, naturali – e si tenta di frantumarle, dividerle estraendole dalla catena sociale o alimentare, manipolarle, facendoci credere che sia progresso. I governi e le multinazionali si impossessano dei beni comuni e li deturpano della loro qualità e natura a favore di profitto e commercio e ci raccontano di farlo per migliorarli. Ma che cosa c’è di buono in un pomodoro ‘al botulino’, siringato perché si conservi bello da vedere e vendere? Basta pensare alla parola ‘risorsa’, che oggi si usa in riferimento alla materia prima e che quindi prevede un processo di trasformazione e produzione, mentre il termine deriva da ‘risorgere’, legato originalmente alle ricchezze della terra che, se protette, tornano alla luce e naturalmente si riproducono. E’ un mondo al contrario, il nostro”.

È quello che chiama “imperialismo alimentare”?
Parlo di imperialismo alimentare perché si tratta di modelli di produzione del cibo non sostenibili e imposti a livello globale. Le popolazioni non possono aver scelto un sistema che sta distruggendo la salute delle persone e della terra. E’ parte dell’imperialismo culturale che stiamo subendo, per cui si insinua il pensiero che gli Ogm siano modernità e abbondanza e i saperi di contadini e nonni solo parte di un mondo primitivo. L’Expo racconta tutto questo, così accanto al parco della biodiversità e allo stand della tradizione italiana, ci sono Coca Cola e McDonalds, simboli di un cattivo modello alimentare, che si sono imposti nella fiera come nei paesi. Ma è un’occasione per far riflettere i cittadini e farli scegliere, all’Expo e nella vita”.

Cosa dovremmo scegliere quindi?
Bisogna riprendere possesso dei beni comuni per proteggere la terra e la nostra salute economica, sociale, fisica. Il bene comune è, per definizione, condivisibile, e la ricchezza creata intorno ai beni comuni circola, mentre oggi l’1% ha controllo sul 99%. E quel 99% cerca di somigliare all’1. Ma così sparisce la diversità biologica, l’eccellenza, la qualità.

La chimica non sfama il mondo, produce solo tossine. Per fortuna stanno nascendo nel mondo gruppi che lottano per riprendere possesso dei beni pubblici: penso al movimento Chipko nato nell’Himalaya centrale, dove le donne abbracciano gli alberi per protesta contro la deforestazione. O le zone Coke e Pepsi Free in India, dove vengono promosse le ottime e tradizionali bevande locali al posto delle lattine rosse. A Varanasi, a seguito di diverse proteste della popolazione, la Coca Cola ha dovuto chiudere il suo stabilimento poiché violava evidentemente i limiti di contaminazione ammissibili, sfruttando il doppio del prelievo idrico consentito. Lo stesso in altri tre stabilimenti. Il cibo non può essere profitto: è cultura, identità e salute. Solo la biodiversità e la difesa della terra ci salveranno”.

[Alfonsa Sabatino]

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