Il latte

da | 1 Set, 2015 | Tutto food

Che differenza passa fra latte bio e crudo, microfiltrato, pastorizzato o fermentato? In comune c’è la provenienza: è tutto latte di mucca, perché la legge italiana impone, nel consumo alimentare, che per “latte” si intenda solo quello bovino. I latti di capra, bufala, pecora e asina vanno specificati in etichetta. In comune c’è anche, a parte il latte crudo, un procedimento industriale che prevede due fasi. La prima è la centrifuga e scrematura. La parte grassa, la panna, viene separata e poi rimiscelata in percentuali stabilite per legge. Il latte scremato ha un residuo dello 0,1% (massimo 0,5%). E’ il latte pensato per chi sta a dieta, ma pur avendo pochi grassi ha uguali quantità di zuccheri, per cui il valore calorico cambia poco. Attraverso la rimiscelazione si ottiene il latte parzialmente scremato (grasso tra l’1,5 e l’1,8%) e il latte intero (più del 3,5%). La seconda fase è l’omogeneizzazione. Il latte viene “sparato” ad alta pressione attraverso una valvola che riduce i globuli di grasso in minuscole particelle di diametro uniforme. Si evita così l’affioramento del grasso e il latte rimane più stabile, più gradevole e per qualcuno anche più digeribile.

La pastorizzazione
Il latte fresco più comune viene pastorizzato entro 48 ore dalla mungitura, con temperature comprese fra i 72° e gli 85° gradi. La pastorizzazione elimina la maggior parte dei batteri e, a differenza della sterilizzazione, non denatura troppo le proteine sensibili al calore, che tuttavia diminuiscono dal 10 al 25%. La pastorizzazione rapida usata dalla maggior parte delle centrali (Htst – High Temperature Short Time) fa passare velocemente un sottile strato di latte tra due piastre riscaldate. A 72° si uccidono circa il 96% dei batteri, soprattutto i più pericolosi; il successivo raffreddamento rallenta la crescita dei microrganismi rimasti. Per quanto riguarda la data di scadenza il miglioramento delle tecniche di produzione ha permesso di modificare la legge: dal 2003 la scadenza si è allungata a sei giorni. Conservato in frigo a 4°, il latte pastorizzato generalmente non va a male fino all’ottavo giorno. La legge non vieta di consumare il latte oltre la data di scadenza, ma più ci si allontana, più scadono i requisiti igienico-sanitari, perché non si tratta di un “termine minimo di conservazione” (il famoso “da consumarsi preferibilmente entro…”), superato il quale il prodotto è ancora buono anche se peggiorano le caratteristiche organolettiche e l’appeal.

Alta Qualità
Il latte fresco pastorizzato di alta qualità deve garantire standard elevati, sia nella materia prima sia nel prodotto finale. Deve provenire, per esempio, da stalle o centri di raccolta in cui gli animali hanno passato alcune selezioni, con maggiori controlli sullo stato di salute delle mucche, sulla condizione di mungitura, sulla raccolta e la distribuzione. La legge impone che abbia un contenuto di proteine e grassi lievemente più elevato del normale latte intero e una carica batterica più bassa.

Microfiltrato
La microfiltrazione è un processo che elimina il maggior numero di microrganismi. Prima della pastorizzazione si separa l’acqua dai principi nutritivi e dal grasso che contiene i batteri. Il grasso viene pastorizzato a 85 gradi, una temperatura superiore alla normale pastorizzazione, poi le due componenti vengono ricombinate, omogeneizzate e nuovamente pastorizzate. Il latte microfiltrato si conserva in frigo per undici giorni, senza particolari alterazioni del contenuto nutrizionale e – dopo una agguerrita battaglia legale avvenuta nel 2001 tra Granarolo e Parmalat – può essere chiamato “fresco”.

Lunga conservazione
Il latte che si conserva fuori dal frigo è trattato con il metodo Uht (ultra alta temperatura), cioè scaldato ad almeno 135° per due o tre secondi, il che elimina i batteri e inattiva tutti gli enzimi. Il raffreddamento sterile e il confezionamento in ambiente asettico lo rendono inattaccabile. L’ermeticità del contenitore è essenziale: una volta aperto va consumato in tre o quattro giorni. Ha un gusto più dolce e caramellato e un valore nutrizionale chiaramente inferiore.

Latte crudo
I distributori automatici che erogano latte crudo devono essere posizionati a Km 0 dall’azienda produttrice. Appena munto, il latte viene portato a 4 °C conservando il ciclo del freddo in ogni passaggio. Le aziende devono dotarsi di un piano di controllo per la pulizia degli animali, dei locali e delle attrezzature. Il latte deve provenire da un’unica azienda ed essere rifornito giornalmente (l’invenduto può essere pastorizzato o trasformato in formaggio). Si conserva al massimo per tre giorni. Nel 2009 un’ordinanza ministeriale ha imposto che sui distributori compaia la scritta: “Da consumarsi dopo bollitura”. Questa operazione ne fa deperire il valore nutrizionale: il latte crudo è vivo, contiene un gran quantitativo e una grande varietà di batteri buoni ed è questa la sua forza. Può presentare alcune controindicazioni nei bambini piccoli o nelle persone con un sistema immunitario debole, ma non va demonizzato.

Latte bio
L’allevamento biologico segue le indicazioni comunitarie ed è verificato da organismi di controllo. Le aziende devono preferire razze bovine rustiche, ben adattate all’ambiente e più resistenti alle comuni patologie. L’alimentazione degli animali deve provenire da colture bio e va incentrata sul foraggio, con un limitato utilizzo di mangimi; non è ammesso l’uso di Ogm né la somministrazione di vitamine e additivi chimici. Gli animali devono avere libero accesso al pascolo e godono di un certo benessere complessivo. Il latte bio può essere commercializzato in tutti i modi: crudo, pastorizzato o microfiltrato.

Latte fermentato
Gli alimenti probiotici dovrebbero essere parte integrante della dieta per l’equilibrio che garantiscono alla flora batterica intestinale. Con l’arrivo di nuovi consumatori che richiedono alimenti halal, cioè leciti secondo la dottrina dell’Islam, da qualche anno è arrivato sul mercato il kefir, un latte fermentato (come lo yogurt o lo stracchino) che ha origini mediorientali. Di sapore un po’ acido, ha le stesse calorie del latte parzialmente scremato o dello yogurt magro. I grani di kefir che producono il latte fermentato sono formati da un agglomerato di 30 tipi di batteri e lieviti che formano una colonia utile contro i batteri patogeni.

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