Una storia di affidamento e bambini: quante mamme ti dà la vita

da | 19 Set, 2018 | Lifestyle, Persone

Una storia di affidamento e bambini

C’era una volta Lucia, una bambina nata dall’amore di Michele e Giovanna, voluta e desiderata come tutte le bambine, bella e dolce, meravigliosa e speciale.

Purtroppo i genitori avevano problemi. Ce la mettevano tutta (ma proprio tutta!) a fare bene il loro lavoro, ma spesso si trovavano in difficoltà, combinavano pasticci e, senza volerlo, rischiavano di fare del male a Lucia. Si rivolsero ai parenti, all’assistente sociale, alla psicologa. Tutti cercarono di sostenerli, ma le difficoltà diventavano sempre più grandi.

Un giorno, visto che proprio le cose non funzionavano, fu proposto alla mamma di andare in una comunità. Giovanna accettò. Era come stare in una grande casa: ci abitavano le mamme con i bimbi e in più c’erano le educatrici, che aiutavano e sostenevano. Spiegavano come prendersi cura dei piccoli e in qualche caso proteggendoli anche, se una mamma stava così male da non riuscire a farlo.

Durante il soggiorno in comunità Giovanna si accorse che qualcosa non andava. Si sentiva confusa. Si fece portare dal dottore per farsi curare e lasciò Lucia alle educatrici. Chiese che qualcuno si occupasse della piccola, perché lei proprio non ce la faceva. Lucia da sola non poteva rimanere.

Affidamento e bambini: la scelta di Carlotta

L’assistente sociale e la psicologa, che nel frattempo avevano conosciuto Carlotta, le raccontarono la storia di Lucia. Le chiesero se voleva farle da mamma per un po’. Non si sapeva quanto e come: sarebbe stata mamma per tutto il tempo di cui ci fosse stato bisogno. Carlotta ci pensò (Carlotta pensava sempre molto) e alla fine decise di rispondere di sì. Fu così che Lucia e Carlotta si incontrarono.

La prima volta che Carlotta vide Lucia, notò i suoi occhi tristi e vuoti. Era una bimba sola e disorientata, che si strinse alla sua mano come un naufrago alla zattera. Carlotta sentì attraverso la stretta di quella manina calda tutto il bisogno e il desiderio. E si innamorò.

In pochissimi giorni, con l’aiuto dei suoi amici, organizzò la casa per accogliere la bambina e mentre faceva spazio in casa, apriva uno spazio dentro di sé per quella piccina che all’improvviso era comparsa nella sua vita. Carlotta viveva sola. Non aveva né marito né figli, non era una mamma. La vita era andata così.

Un giorno aveva sentito il desiderio di prendersi cura di una bimba o di un bimbo e aveva deciso di presentarsi alla Casa dell’Affidamento, dove cercavano adulti disponibili ad accogliere, per il tempo necessario, i bimbi le cui famiglie sono in difficoltà. Per diventare mamma affidataria, Carlotta si preparò a lungo, perché sapeva che non era facile prendersi cura di una bimba nata dalla pancia di un’altra mamma.

Affidamento e bambini: Lucia arriva a casa

Quando Lucia arrivò, Carlotta decise che per qualche mese non sarebbe andata al lavoro: voleva dedicarsi totalmente a Lucia. La portò a casa, le preparò un lettino e lo mise nella sua stessa camera, perché sapeva che la bimba non aveva mai dormito da sola e avrebbe avuto paura. La piccola Lucia era fragile a quel tempo, i suoi occhietti parevano smarriti nel nulla, si turbava e spaventava per le cose nuove. Carlotta immaginò che dovesse sentirsi molto sola e cercò di starle vicina il più possibile, per insegnarle la fiducia e aiutarla a superare, poco per volta, le paure.

I primi tempi non furono facili, Carlotta e Lucia passavano tantissimo tempo insieme, cercando di conoscersi e di fare amicizia, giocando e parlando, a volte anche litigando, arrabbiandosi, chiedendo scusa, piangendo. E mentre il tempo passava, si creò tra loro un legame forte e sicuro. Lucia cominciò a sentire Carlotta come una persona da cui poteva farsi coccolare, consolare quando era triste. Con lei poteva calmarsi quando era agitata o arrabbiata, da lei poteva avere risposte alle mille domande e curiosità di bambina.

Affidamento e bambini: Lucia va a scuola

Dopo qualche mese che vivevano insieme, quando Lucia si sentiva ormai abbastanza sicura, Carlotta la portò alla materna. Lucia amava giocare con gli altri bambini e ora che stava meglio era pronta per la scuola. In quel periodo Lucia cominciò a rivolgersi a Carlotta chiamandola mamma.

Tutti i bimbi della scuola avevano una mamma. Entrambe sapevano che la mamma di Lucia era mamma Giovanna, ma era talmente forte per la bimba il bisogno di pronunciare quella parola e le veniva così naturale chiamare “mamma” la persona che ogni giorno si prendeva cura di lei…

Carlotta inizialmente si sentì un po’ a disagio, temeva che Giovanna ne soffrisse, ci pensò, si confrontò con le amiche e con la psicologa e sentì in cuor suo che Lucia poteva continuare a chiamarla così, facendo attenzione che nessuno si confondesse e si dimenticasse di mamma Giovanna. E infatti, né Lucia, né Carlotta la dimenticarono mai. Lucia cominciò a dire alle amichette che aveva due mamme. E loro si stupivano e sembravano non capire, ma Lucia cresceva serena e cominciava a sentirsi davvero tanto amata.

Affidamento e bambini: verso una nuova famiglia

Ogni settimana, Carlotta accompagnava Lucia a incontrare mamma Giovanna e papà Michele. Con loro c’era sempre Maria, un’educatrice che aiutava bambini e genitori a incontrarsi e a stare bene, anche quando c’erano delle difficoltà. Mentre Lucia cresceva tranquilla, il giudice cercava una soluzione per lei, perché si doveva trovare una famiglia dove potesse stare per sempre.

Carlotta voleva molto bene a Lucia, la amava con tutto il cuore e se le avessero chiesto di tenerla con sé per sempre, avrebbe detto immediatamente di sì, senza pensarci neanche un minuto, ma sapeva che questo non era possibile. Lucia aveva bisogno di una mamma e di un papà e quando Carlotta seppe che gli zii di Lucia, zia Marisa e zio Guido, volevano essere la sua famiglia, fu molto felice, anche se in un angolo del cuore era triste, perché avrebbe sentito tanto la mancanza di quella bimba meravigliosa che avrebbe amato per sempre.

“Abbiamo bisogno di famiglie”

È dal 2000 che a Torino opera la Casa dell’Affidamento; un progetto innovativo e di grande valore sociale che ha dato ottimi risultati, con più di mille famiglie coinvolte, un terzo delle quali giunte felicemente al termine del percorso.

Ne parliamo con Piera Dabbene, responsabile della Casa per la Città di Torino. La prima domanda è: cosa si intende per affidamento familiare? “È l’accoglienza temporanea nella propria casa di un bambino o bambina, di una ragazza o un ragazzo, il cui legame con la famiglia di origine rimane aperto. Non va confuso con l’adozione e questi tredici anni di lavoro sono serviti a farlo conoscere, a rendere le famiglie consapevoli e più disposte a collaborare”.

Accettare un bimbo in affido significa aiutarlo, ma anche aiutare la famiglia in difficoltà. “L’affido è una scelta solidale – continua Piera Dabbene -. Chi si offre aderisce a quello che io chiamo il senso della genitorialità sociale: cresce un figlio altrui sviluppando e sostenendo collettivamente le funzioni educative”.

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Chi può diventare affidatario?

Genitorialità sociale è un termine che ci piace molto. “Parliamo di famiglie, ma lo facciamo in senso lato: non ci sono vincoli, non è richiesto il matrimonio, né un certificato, non c’è età per la primogenitura in caso di figli né vincoli di età. Può proporsi una coppia, ma anche un single o una persona anziana. I nonni sono anzi risorse importanti, perché spesso sono in grado di offrire cura e supporto senza mettersi in competizione con la famiglia d’origine”.

Ci sono abbastanza famiglie affidatarie? “No, purtroppo. Scrivetelo chiaramente: abbiamo bisogno di nuove famiglie. A Torino ci sono trenta bambini in lista di attesa e manca chi sia disposto ad accoglierli”.

Quali sono i bimbi che si trovano nei percosi di affidamento? “Difficile generalizzare: ogni storia è a sé, anche se in genere sono bimbi molto provati da storie familiari dure, a volte capaci di cogliere immediatamente gli aiuti, altre volte così fragili da aver bisogno di essere ricostruiti. Anche le età sono diverse, si va dai neonati agli adolescenti e la Città di Torino sostiene anche i giovani oltre la maggiore età, perché sappiamo bene che a 18 anni un ragazzo non sempre ha la maturità e la capacità di portare avanti la sua vita in maniera autonoma”.

Cos’è la Casa dell’Affidamento e come fare

La Casa dell’Affidamento attua politiche sociali all’avanguardia: tra le novità c’è per esempio il tentativo di sviluppare affidamenti omoculturali, coinvolgendo famiglie della stessa cultura. Novità anche il progetto di solidarietà “Bambini Ri-denti”, lanciato assieme alla Società per gli Asili notturni Umberto I, che ha aperto il proprio ambulatorio ortodontico alle cure dentarie gratuite per i piccoli in affidamento.

Siete interessati? La Casa dell’Affidamento è un servizio del Comune di Torino, si trova in via San Marino 10, è aperta per informazioni e colloqui dal lunedì al venerdì. Si possono richiedere informazioni e fissare appuntamenti telefonando al numero verde 800 254444 o su www.comune.torino.it/casaffido.

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