Manager in rosa

da | 3 Set, 2013 | Lifestyle, Salute e Benessere

Vita dura per le mamme che lavorano. Anzi durissima. Sempre in bilico fra figli e carriera, orari impossibili, viaggi e trasferte, pappe, accompagnamenti, riunioni scolastiche e varicelle. Prima o poi si rinuncia. Ai figli o alla carriera. Succede in Italia come in Europa, come emerge da alcuni dati della Commissione Pari Opportunità della Camera. Eppure le donne hanno risorse inimmaginabili e uscite dalle porte rientrano dalle finestre, come dimostrano le testimonianze che abbiamo raccolto. Donne e mamme che si sono messe o rimesse in gioco, che hanno usato conoscenze, fantasia, energia, cultura, entusiasmo per inventare attività a loro congeniali. Sorprende come spesso siano attività di donne per le donne, di mamme per le mamme, lavori che mettono la maternità e i bambini al centro dell’universo lavoro.

Una casetta per mamme e bambini

Fiammetta, 41 anni, una laurea in scienze politiche nel cassetto e un passato da traduttrice di guide turistiche, ha due bambini, Francesca di 10 anni e Guglielmo di 9. Da un anno si è inventata un nuovo lavoro.“Ho sempre pensato che arrivata a quaranta anni sarei stata grande, con le idee chiare su quello che avrei fatto o quantomeno voluto fare. Invece, compiuti i quaranta mi sono accorta che non era così – racconta –. Mi sono chiesta cosa sapevo fare, cosa amavo fare e soprattutto cosa poteva essere utile che facessi e la risposta è venuta da sola. Per anni mi sono dedicata alla famiglia, ai miei bambini e anche molto ai miei genitori e ho sempre constatato che se non si hanno nonni attivi a cui appoggiarsi, per le mamme la gestione dei figli e del lavoro è difficoltosa quando non impossibile”. Così ha aperto le porte l’Associazione Culturale Sassi, che “fornisce assistenza e aiuto alle mamme nella gestione dei figli, sfruttando le immense potenzialità che la città di Torino offre – continua Fiammetta -. Abbiamo un occhio di riguardo per le attività rivolte ai bambini: laboratori, corsi, uscite. Anche per le socie le proposte sono diverse, siamo partiti con poco ma piano piano stiamo attivando tanti corsi, ora, quello che va per la maggiore è un corso di danza afro tenuto da una ragazza brasiliana che è una forza della natura. Ma all’Associazione passano in tante, anche solo per fare quattro chiacchiere, per un saluto, un’informazione. È fondamentale essere aperti ed elastici di fronte alle mille opportunità che si presentano, spesso sono le persone o le insegnanti che ci vengono a cercare per proporre corsi, laboratori e dalle chiacchiere, dalle idee messe a confronto, possono nascere opportunità di lavoro. Questa credo sia la grande ricchezza delle donne: la voglia di fare, confrontarsi e mettersi in gioco”. Certo, prima di intraprendere questa avventura Fiammetta lavorava quattro o cinque ore al giorno, a casa, ora invece non stacca mai, anche se i tempi e gli orari li sceglie lei. “Quando mi dedicavo alle traduzioni ero in casa, sola, ora sono in giro tutto il giorno. O alla sede dell’Associazione o a prendere, gestire e pianificare corsi, bimbi e attività; però posso organizzarmi in completa autonomia. Sarebbe il colmo che, per seguire altri bimbi, trascurassi le attività dei miei”. Lavorare con i bimbi com’è? “Indubbiamente faticoso – prosegue Fiammetta – i bambini di oggi vivono sommersi da mille stimoli e proposte e spesso vengono assecondati dai genitori nelle loro continue e infinite richieste, questo rende difficile gestirli. Eppure, quando proponi loro attività semplici e apparentemente banali, che guardano al passato, si entusiasmano e rispondono con gioia. I bambini in fondo hanno bisogno di poco per essere sereni, noi grandi riusciamo a confonderli e rendere la loro vita troppo complessa, sottoponendoli a vite eccessivamente strutturate. Tutto questo – conclude Fiammetta – l’ho scoperto lavorando”.

Pre e post maman

Galeotto fu il parco. Per Paola e Silvia è proprio il caso di dirlo. Torinesi di nascita e milanesi di adozione, laureata in fisica la prima e in economia e commercio la seconda, hanno lavorato per anni come dipendenti di multinazionali, poi si sono trovate al parco, a Milano, con il loro primo figlio. Ora hanno due bimbi a testa, di tre e un anno, un’attività imprenditoriale nata da zero, che si sta trasformando con il tempo. “Ci siamo confrontate subito – racconta Silvia – sulla difficoltà di rientrare al lavoro, a tempo pieno, in una città che non era la nostra, senza nonne, zie o amiche di vecchia data con cui aiutarsi e sostenersi e con un bambino piccolo da gestire e crescere. Così abbiamo deciso, quasi per gioco, di creare una nuova attività, per poter seguire i figli e continuare a lavorare”. L’Italia, all’avanguardia per la moda, lo stile, il design, non ha mai avuto una linea grintosa, giovane e di gusto per vestire le donne in gravidanza. Questo è stato il punto di partenza della nuova avventura di Silvia e Paola, che raccontano infatti: “Ci siamo documentate sulle linee premaman di Francia e Spagna, dei Paesi del nord Europa e abbiamo iniziato a vendere su un sito creato apposta da noi (www.40settimane.it) linee premaman che provenivano da Francia, Spagna, Germania e Olanda. Poi, dopo un anno, abbiamo creato una mini collezione producendo direttamente gli abiti. Poco per volta, però, la situazione degli abiti premaman in Italia ha cominciato a cambiare e ora anche qui si trovano linee giovani e divertenti, simili alle nostre, con prezzi competitivi”. Così Paola e Silvia hanno fatto un ulteriore passo avanti, puntando sul post gravidanza, su prodotti che le mamme italiane non conoscono o utilizzano, brevettando la milkshirt e la babywrap. “Ancora una volta abbiamo guardato oltre le Alpi, al nord Europa, Paesi più aperti e civili del nostro con mamme e bambini, Paesi in cui allattare in pubblico è consuetudine. Là abbiamo individuato la maglietta da allattamento, con un taglio all’altezza del seno, per allattare con discrezione, quando vuoi, dove vuoi e come vuoi. Abbiamo importato l’idea in Italia e ridisegnato il modello, rendendolo più femminile e fashion, le abbiamo dato un nome, milkshirt, l’abbiamo brevettata e registrato il marchio. Ora stiamo lanciando anche la babywrap, la fascia per portare il pupo a tracolla”. Una mole di lavoro immensa, che Silvia e Paola gestiscono calibrandola con la vita famigliare. “Certo se lavorassimo a tempo pieno avremmo risultati più rapidi, ma a noi va bene così, i bimbi sono ancora piccoli e ci piace avere tempo per loro. Con il tempo si vedrà, ora siamo contente di questo progetto che sentiamo nostro, un progetto dalle donne per le donne, o meglio, dalle mamme per le mamme”.

Stilista per bambini

E’ un po’ una favola l’avventura di Paola, 40 anni, mamma di Viola (20 anni), Iacopo (11 anni) e Carlotta (2 anni), stilista di grande talento e forza di volontà che sognava di realizzare una sua linea di abbigliamento. Dopo aver lavorato anni per altri studi stilistici e aziende del settore, Paola ha trovato il coraggio di mettersi in proprio in concomitanza con la nascita del suo secondogenito, Iacopo. “Ero diventata mamma da poco e pensavo sarei riuscita a gestire meglio il mio tempo. Ero stanca di lavorare per altri. L’abbigliamento baby era quello che in quel momento sentivo più vicino. Così mi sono licenziata e ho aperto il mio negozio”. Era il 1996. Inizialmente vendeva vestitini di altre marche. “Poi, pian piano ho iniziato a realizzare i miei primi disegni e a proporre i primi campionari ad altri negozi”. Il successo è arrivato e nel 2001 ha realizzato la sua prima collezione. Ora nella sua deliziosa boutique di via Monferrato a Torino vende unicamente Coquì, irresistibile linea di abbigliamento baby. Capi in materiali naturali, con dettagli lavorati a mano, tutti rigorosamente made in Italy. Dal 2004 l’attività si è allargata in tutta Italia con successo e Paola progetta di fare il grande balzo e vendere in Europa. Conciliare lavoro appassionante e famiglia numerosa è possibile?  “È tutta questione di organizzazione. Mettersi in proprio non significa ridurre la propria mole di lavoro. Anzi. Proprio perché si tratta di una cosa mia, devo controllare e gestire ogni aspetto dell’attività e farlo al meglio. Una grande responsabilità. Organizzo le mie giornate riducendo gli sprechi di tempo e incastrando tutto. Alla fine riesco sempre a portare i figli a scuola e ad andarli a prendere, a occuparmi personalmente di loro: una grande soddisfazione”.

Anita, editrice coraggiosa

Un dovere sociale. Così Anita, 46 anni, editrice, racconta la svolta lavorativa avvenuta dopo la nascita di Elisa, la sua bambina di tre anni e mezzo. Anita comincia la carriera come insegnante. “Per me non c’è nulla di bello in questo mestiere – racconta disillusa -. Ero precaria e non ne potevo più. Ho deciso di dedicarmi a tempo pieno alla casa editrice che ho fondato assieme a mio marito, Il Leone Verde Edizioni. Il che significa tanto lavoro e stipendio inesistente. Cose che solo una donna può accettare. Almeno ho la soddisfazione di fare qualcosa che mi piace”. Dopo la nascita di Elisa la casa editrice si arricchisce di una nuova collana, Il Bambino Naturale, che affronta tematiche tipiche della prima infanzia con una prospettiva più vicina possibile alla natura, lontana da interessi commerciali e industriali. La collana si distingue per il coraggio dei titoli, per esempio “Tutte le mamme hanno il latte”. Proprio la nascita della bambina persuade Anita a cambiare. “Quando ho avuto Elisa mi sono sentita sola – racconta -. Ho scoperto sulla mia pelle che molte cose non vengono dette. Allattamento, gravidanza, parto e vaccinazioni sono argomenti su cui la corretta informazione è coperta da miti, abitudini, generati troppo spesso da interessi economici. Così mi sono messa a caccia di veri esperti e ho pubblicato i loro scritti”. Cosa significa lavorare in proprio? “Lavorare tanto. La collana del Bambino Naturale assorbe quasi tutte le mie energie, ma la considero importante. Per quanto riguarda il guadagno… Semplicemente non c’è! Quando traduciamo un titolo da un autore estero, compriamo e scommettiamo sulla fortuna del libro. Possiamo mantenere certi titoli solo confidando sui guadagni delle altre collane”. Torneresti indietro? “No, mai. Anzi: ho molti progetti per il futuro. Vorrei pubblicare quattro nuovi titoli all’anno, cercando autori italiani”.

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