Una storia di famiglia, di identità e accettazione di se stessi e degli altri, per riflettere e parlare a bambini e bambine della bellezza delle differenze
Una risposta spontanea alle domande e alle esperienze che hanno accompagnato la propria maternità è all’origine dell’albo illustrato, tutto da colorare, “Mamma e papà (non) vanno bene insieme”, edito da Albatros e scritto da Beáta Mészárosová, autrice, artista ed educatrice originaria della Slovacchia.
La storia, delicata e profonda, è narrata attraverso gli occhi di una bambina, Awa: le prime perplessità sulle profonde differenze tra mamma Beáta e papà Babel, basate solo sull’aspetto fisico e messe in evidenza dall’occhio “degli altri”, sfumano pagina dopo pagina lasciando il posto alle affinità, invisibili ma ben più profonde dell’apparenza, che portano una coppia ad affrontare insieme muri fatti di stereotipi e distanze.
Un incontro inaspettato
L’idea del libro ha preso forma nel corso di un lungo percorso personale e professionale, che ha portato Beáta ha approfondire il tema della diversità e di come questa possa influenzare le dinamiche sociali e relazionali.
“Vengo dalla Slovacchia, un paese dove l’immigrazione è ancora molto limitata, poiché non è molto attrattivo in termini di opportunità lavorative. Lì lavoravo come maestra/educatrice in ambito artistico. Ho incontrato Babel durante un progetto Erasmus+ in Grecia. Lui è originario del Senegal, ma viveva e lavorava in Italia da diversi anni. La nostra è stata una relazione nata per caso, che però ha resistito alla distanza per cinque anni – fatto che ha meravigliato entrambi – fino al momento in cui abbiamo deciso provare a costruire qualcosa nello stesso luogo, insieme”.
Così nel 2019, Beáta si trasferisce in Italia, dove continua a lavorare in ambito educativo e artistico, su progetti promotori di inclusione, multiculturalità e non violenza.
Nel maggio 2020 nasce la loro figlia, Awa. Essere una madre bianca con una figlia dalla pelle scura ha portato, e tuttora porta, Beáta a far fronte a molte domande impreviste. “Sei la babysitter? Ma è tua figlia davvero? Mi chiedono molte persone per strada. So benissimo che si tratta di interrogativi spesso posti senza malizia anche se inopportuni; rivelano però quanto sia radicata l’idea che una famiglia debba essere composta da individui fisicamente somiglianti. E così ho iniziato a riflettere sull’importanza di diffondere i temi della diversità e della multiculturalità, per imparare a parlare di razzismo e di stereotipi con sincerità e naturalezza, proprio come fanno i bambini”.
L’interazione, non sempre opportuna
In Slovacchia le persone non sono abituate alla diversità. Quando Babel è arrivato nella città di Beáta, tutti lo hanno notato immediatamente. “Dalle mie parti se arriva uno straniero lo sanno tutti”, spiega. “Magari non fanno domande inopportune, come in Italia, ma la riservatezza della gente si traduce spesso in una sensazione di distanza e quindi difficoltà di integrazione. In Italia l’interazione è più diretta: le persone fanno domande, si interessano. Da una parte è un bene, perché può rappresentare la base di un incontro tra culture diverse, ma può capitare che questa curiosità diventi invasiva. Quando Awa era più piccola, tanti passanti si fermavano per fare commenti sui suoi capelli o sul colore della sua pelle. Ovviamente si trattava di espressioni affettuose, come “Sembra un cappuccino!”. Tuttavia mettono l’accento su una distinzione che si basa esclusivamente sulla tonalità di pelle e questo potrebbe essere fonte di insicurezza per una bambina o un bambino. Purtroppo il colore della pelle è ancora un determinante forte. L’esperienza di accoglienza in Italia è stata per me, bianca e bionda con occhi azzurri, molto diversa rispetto a quella di Babel”.
La bellezza dell’unicità
L’idea di scrivere un libro sull’argomento nasce nella mente di Beáta prima ancora di diventare mamma, ma la maternità rende questa esigenza impellente. “Mamma e papà (non) vanno bene insieme” vuole trasmettere un chiaro messaggio: non è necessario essere uguali per stare bene insieme.
“In questo racconto una bambina spiega agli altri bambini, e soprattutto agli adulti, che le differenze non devono essere viste come un ostacolo. Così come non ci chiediamo perché una farfalla è blu e un’altra rosa, ma le troviamo bellissime insieme, così le persone non devono essere tutte dello stesso colore. Nessuno di noi ha la stessa tonalità della pelle di un altro e va bene così. Basta sottolineare le differenze! A prescindere dalla tonalità della pelle, tutte e tutti, in un modo o nell’altro, possiamo sentirci diversi. E se la diversità individuale fosse vista come un valore e non una stranezza da giustificare ci sentiremmo meno a disagio. Awa è nata dall’intreccio di più culture – italiana, senegalese e slovacca – più che da due persone dalla pelle diversa. Lei oggi parla italiano e slovacco; purtroppo, con mio grande disappunto, non capisce il wolof perché Babel temeva che avrebbe reso più lento l’apprendimento dell’italiano, ma spero in futuro di poterla portare in Senegal e che costruisca una buona relazione anche con la famiglia paterna, che è parte della sua pluridentità culturale”.
Spesso le differenze culturali emergono soprattutto quando al centro c’è l’educazione dei figli. “Sì, su alcuni aspetti capita talvolta di avere visioni differenti. Ad esempio, mio marito non accoglie sempre con favore la libertà di esplorare il proprio corpo in modo aperto e sereno, poiché nel contesto in cui è cresciuto parlare di educazione sessuale e intimità è considerato un tabù; al contrario, per me è naturale rispondere alle curiosità di mia figlia”. E poi c’è la questione della mano destra: in Senegal, come in molte culture dell’Africa occidentale, la mano destra è considerata l’unica appropriata per mangiare, perché la sinistra è tradizionalmente associata a pratiche igieniche personali. “Mangiare con la destra, così come usarla per il saluto, è un gesto di rispetto e pulizia; quando Awa era piccola, io la lasciavo sperimentare il cibo con entrambe le mani, mentre Babel tendeva a dirle che non si mangia con la sinistra. Un aspetto che invece trovo bellissimo della loro cultura è l’importanza attribuita al condividere tutto con gli altri, al senso di comunità e condivisione. Se un gruppo di bambini ha a disposizione una bicicletta, o ci vanno tutti o non ci va nessuno. Queste differenze, anche se inizialmente possono generare incomprensioni, rappresentano ancora oggi per entrambi uno spunto di riflessione e confronto”.
Nessuna ha la stessa carnagione
La verità è che se siamo abituati fin da piccoli a confrontarci con la diversità, crescendo viviamo le differenze con più naturalezza. Per questo motivo i destinatari del messaggio del libro sono in particolare gli adulti, sono loro che trasmettono giudizi e pregiudizi.
“Nei laboratori che tengo in giro per la città in cui leggo il libro ai bambini, in realtà faccio sempre una lunga introduzione dedicata agli adulti. Sono loro i miei primi interlocutori, mentre bambini e bambine, dopo la lettura, si divertono con il laboratorio sul colore della pelle”. Laboratori e libro sono stati supportati da Crayola, che ha ideato un prodotto originale, i pastelli “Colours of the world”, rappresentativi delle principali tonalità di pelle delle persone di tutto il mondo. “Il laboratorio è un momento di osservazione e riflessione sulle varietà di tonalità della pelle. Se osserviamo bene, infatti, ci rendiamo conto che nessuno ha la stessa identica carnagione”.
Una missione, quella di Beáta e del suo albo illustrato, che punta sulla conoscenza per abbattere i pregiudizi. “Se non conosciamo una realtà, abbiamo la tendenza naturale a diffidare; per questo creare occasioni di incontro tra persone di culture diverse è importante.
Se penso ai miei genitori, posso dire oggi che conoscere Babel ha modificato tantissimo la loro percezione nei confronti degli ‘stranieri’. E lo stesso può avvenire anche in altri contesti”.
Parlare di diversità, multiculturalità e coesistenza di più identità nello stesso individuo è fondamentale per costruire una società più aperta alla convivenza pacifica. “Mamma e papà non vanno bene insieme” è un piccolo e prezioso contributo in questa direzione, e insegna che ciò che conta non è l’uguaglianza perfetta tra i genitori, ma l’amore e l’unicità di ogni famiglia.