Dialogare o semplicemente comunicare con figli e figlie adolescenti è spesso impresa ardua. I consigli di Antonella Beggiato, coach specializzata in adolescenti
Parlami, please! I genitori di ragazzine e ragazzini lo sanno bene quanto è difficile realizzare un dialogo pieno e rotondo con figli e figlie adolescenti, tenere aperto un canale con loro, fatto di comunicazione vera e aperta. Spesso ci provano, non sempre i risultati sono quelli auspicati. Abbiamo chiesto come fare ad Antonella Beggiato, coach specializzata negli anni dell’adolescenza.
Parlare tanto non significa avere un buon dialogo
A volte ci si illude di avere una buona comunicazione con i figli o le figlie adolescenti solo per il fatto di parlare a lungo con loro. “I genitori molte volte non si accorgono che quello che loro ritengono un buon dialogo sono invece lunghi monologhi e che i figli non stanno ascoltando. Invece è fondamentale comunicare bene, intercettando i tempi, i modi e gli spazi di apertura. Quando c’è qualcosa di importante da dirsi, è bene aspettare il momento giusto: quando sono rilassati e non sono impegnati a fare altro, quando sono ben disposti, quello è un buon momento”.
Non incalzare
Com’è andata a scuola? Chi non ricorda il fastidio quotidiano provato quando i nostri genitori ce lo chiedevano, puntualmente ogni giorno, non appena rientravamo a casa. Eppure, per qualche strano motivo riproponiamo lo stesso tormentone ai nostri ragazzi e ragazze. “Dopo che hanno passato 5-6 ore chiusi in classe, l’ultima cosa di cui hanno voglia di parlare è proprio della scuola! Se abbiamo voglia di chiacchierare un po’ con loro, partiamo da noi e dalla nostra giornata, raccontiamo quello che ci ha interessato o colpito, aprendo un dialogo in un clima non giudicante. A questo punto, non incalzati, avranno magari voglia di raccontarci qualcosa anche loro”.
Respira, senza attaccare
Quelli dell’adolescenza sono anni conflittuali, di permessi e libertà sempre da negoziare. “Un esempio classico è l’orario di ritorno serale. Se mia figlia esce e torna un’ora dopo quella concordata, la reazione classica è quella della rabbia e magari della punizione: ‘Per una settimana non esci più!’. Ma facendo così il dialogo si interrompe. Io consiglio invece sempre di fare un bel respiro profondo e di non attaccare subito, perché questo porta alla chiusura. Meglio aspettare il giorno dopo, quando siamo tutti più tranquilli, per comunicare quello che abbiamo provato – preoccupazione, ansia – e chiedendo di avvisarci, dovesse succedere un’altra volta. Cerchiamo di comunicare le nostre emozioni e non unicamente la rabbia. In generale, è bene creare un clima di fiducia reciproco senza ricorrere a punizioni o atteggiamenti di chiusura che per lo più minano il rapporto e spesso portano i ragazzi e le ragazze a dirci bugie.
Ci sono delle regole, da negoziare e poi rispettare: nella negoziazione si prova a percorrere un cammino comune non due strade parallele, un cammino in cui ci si tiene per mano e il genitore, teniamolo sempre presente, ha il ruolo di guida”.
Io sono altro da te
L’adolescenza è anche il terribile momento delle sfide. Un atteggiamento normale per loro che stanno creando il proprio sé e per trovarlo devono prendere le distanze dai genitori – io sono altro da te. È il momento in cui inizia a essere molto forte l’identificazione con i pari, con il gruppo con cui passano sempre più tempo. È il tempo dei picchi di euforia e tristezza, della difficoltà a gestire le emozioni, di fronte alle quali spesso non sappiamo bene come comportarci. “Rispettiamoli, dando loro spazio e tempo”.
La prova del silenzio
Spesso quando i genitori parlano con i figli non ascoltano davvero le loro risposte. Antonella Beggiato consiglia di fare la prova del silenzio. “Si tratta di ascoltare con attenzione quello che dicono, senza interromperli. Tacere è importante per capire profondamente quello che ci stanno comunicando: si tratta di una richiesta di aiuto, di un consiglio o, semplicemente, hanno bisogno di essere ascoltati? A volte hanno solo bisogno di sfogarsi, di uno spazio sicuro in cui sanno di essere accolti. Questa tattica ‘Zero consigli zero soluzioni’ mette i figli nella condizione di imparare ad autoregolarsi e impegnarsi nella ricerca della soluzione giusta da soli. Una condizione che alla lunga aiuta nella costruzione della propria personalità e della propria autostima”.
Rinforzo positivo: give me five!
C’è una credenza diffusa che le critiche facciano bene. “In realtà, durante la crescita, un atteggiamento sempre critico dei genitori contribuisce a formare un senso negativo del sé ed è una credenza limitante che ragazze e ragazzi si portano poi dietro nella vita. Consapevoli di questo, per ogni rinforzo negativo, sforziamoci di esprimerne cinque positivi. Mettiamoci creatività e autenticità, e osserviamo quanta serenità e fiducia in sé ne derivano”. “Gli adolescenti sono gli specchi più luminosi che abbiamo – conclude Antonella Beggiato -, se non siamo autentici con loro, se siamo poco sinceri, loro lo capiscono subito. E stiamo anche insegnando, incarnandolo, quel tipo di comportamento e comunicazione”.