L’educazione affettiva e sessuale è un diritto alla salute, eppure un nuovo emendamento propone di vietarla fino alle medie, subordinandola al consenso dei genitori
L’educazione sessuale è riconosciuta come diritto umano universale da organismi internazionali come l’ONU e l’OMS, in quanto parte integrante del diritto alla salute, all’informazione e alla protezione dei minori. Tuttavia, in Italia non è obbligatoria a scuola. Anzi, il dibattito politico recente ha portato a un nuovo emendamento al disegno di legge “Valditara” che proibisce l’educazione sessuale e affettiva fino alle scuole medie, consentendola solo alle superiori e solo con il consenso informato dei genitori.
Questo intervento legislativo rischia di cancellare anche le iniziative facoltative che alcune scuole attivavano autonomamente, limitando ulteriormente l’accesso dei giovani a informazioni fondamentali per il loro benessere fisico ed emotivo.
L’educazione sessuale è un diritto
L’educazione sessuale rientra nel diritto alla salute e all’informazione, come stabilito dall’OMS. La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia garantisce ai minori il diritto di ricevere informazioni utili per la propria salute, inclusa quella sessuale.
Dal punto di vista dell’uguaglianza di genere, l’UNESCO sottolinea che l’educazione sessuale è essenziale per combattere stereotipi, discriminazioni e violenze di genere. Aiuta a promuovere relazioni basate sul rispetto reciproco e sulla parità, contrastando modelli culturali patriarcali e sessisti.
Inoltre, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha stabilito che i genitori non possono impedire ai figli di ricevere educazione sessuale a scuola, poiché la libertà educativa familiare non può prevalere sul diritto all’istruzione dei minori.
Italia, ultimo posto in Europa
A differenza di paesi come la Svezia, dove l’educazione sessuale è obbligatoria e strutturata sin dalla scuola primaria, in Italia non esiste alcun obbligo nazionale. Le scuole potevano attivare progetti facoltativi, ma con il nuovo emendamento, anche queste iniziative rischiano di essere vietate nella scuola primaria e secondaria di primo grado.
Secondo l’ultimo rapporto UNESCO, l’Italia si colloca tra gli ultimi paesi europei per accesso all’educazione sessuale scolastica; con noi, solo Bulgaria, Croazia, Cipro, Lituania, Polonia e Romania. Il documento evidenzia una grave carenza di programmi strutturati e una forte dipendenza dalla volontà dei singoli istituti.
Perché l’educazione sessuale va fatta a scuola
La scuola è il luogo ideale per affrontare l’educazione sessuale in modo scientifico, psicologico e giuridico, grazie alla presenza di professionisti qualificati. Inoltre, in un’epoca dominata dai social media, è fondamentale integrare anche l’educazione digitale, per aiutare i giovani a navigare consapevolmente tra contenuti sessuali online.
Un sistema educativo democratico deve garantire accesso equo alla conoscenza, senza discriminazioni di provenienza, credo religioso o contesto familiare: l’educazione sessuale, come quella civica o scientifica, deve essere parte integrante del percorso formativo. “Spesso gli stereotipi di genere nascono proprio tra le mura domestiche, ed è anche lì che vengono trasmessi sentimenti di vergogna legati al tabù sessuale: serve uno sguardo oggettivo ed esterno.
Infine, è una questione di salute pubblica e prevenzione: solo attraverso la conoscenza si possono prevenire malattie sessualmente trasmissibili, gravidanze indesiderate, abusi e violenze. In un momento storico in cui si parla sempre più di femminicidi e violenza di genere, le risposte del governo ci sembrano contraddittorie. La teoria riconosce l’importanza dell’educazione al rispetto e alla gestione delle emozioni, ma nella pratica, poco si fa per renderla concreta e accessibile.