Bottiglie, filtri, rubinetto

da | 20 Lug, 2013 | Lifestyle

Quello dei filtri domestici per l’acqua del rubinetto è un piccolo business che fa concorrenza all’altro, ben più grande, dell’acqua in bottiglia. Pensare di uscire dal supermercato senza riempire il carrello di bottiglie di minerale e ovviamente risparmiare, è un miraggio a cui è difficile sottrarsi. Ma come funzionano questi filtri? E servono davvero?

I filtri domestici, quelli che si applicano al rubinetto della cucina, tanto per intenderci, funzionano essenzialmente secondo tre principi. Il primo utilizza i carboni attivi (sì, gli stessi dei sottopiedi delle scarpe), che sono costituiti sostanzialmente da microcristalli di grafite, lavorati in modo da avere una struttura porosa con un’altissima area superficiale. Il loro utilizzo si basa sulle capacità di assorbimento: le molecole, specialmente quelle organiche, presenti nell’acqua si “fermano” volentieri all’interno dei pori dei carboni attivi e vengono trattenute. Per contro, questi filtri non sono in grado di agire sulla durezza dell’acqua e possono essere ricettacolo di batteri, anche patogeni: nei grossi impianti devono venir accoppiati a sterilizzatori a raggi ultravioletti. Il secondo tipo di filtro utilizza resine a scambio ionico. Se avete in casa una di quelle brocche che filtra l’acqua per il ferro da stiro (e che alcuni usano anche per l’acqua potabile), siete in possesso di un dispositivo con resine a scambio ionico. Sostanzialmente le resine sono in grado di scambiare, appunto, gli ioni dei sali presenti nell’acqua con ioni idrogeno e ossidrili presenti nella loro struttura ed eliminare (almeno in teoria) i sali stessi. Si usano in buona sostanza per addolcire le acque (eliminando i sali di calcio) e per togliere nitriti, nitrati e così via. Terzo e ultimo tipo di filtro è quello degli impianti a osmosi inversa. Questi utilizzano delle membrane semipermeabili, che lasciano passare le molecole d’acqua e trattengono (sempre in teoria) tutte le altre. Per fare ciò, deve venir applicata una pressione sufficiente all’acqua che entra nel meccanismo. Una parte dell’acqua passa attraverso la membrana, più povera di soluti e altre sostanze disciolte, mentre l’altra viene scartata, con una maggior concentrazione rispetto a quella in ingresso.

La domanda di fondo, quella più importante, rimane: questi filtri servono davvero? Per dare una risposta seria si dovrebbero ovviamente fare delle analisi dell’acqua prima e dopo la cura: basarsi, come fanno certi venditori porta a porta, sull’acqua fatta bollire nel pentolino, che lascia più o meno residuo una volta evaporata, non è un metodo serio con fondamento scientifico. È possibile che i filtri in questione migliorino largamente la qualità delle acque, ma non è per nulla certo che riescano a eliminare quanto può dar fastidio. Sicuramente gli impiantini domestici di depurazione non sono in grado di potabilizzare le acque di un pozzo non certificate come potabili. Siamo davvero sicuri che l’acqua dell’acquedotto, che a Torino e dintorni è quasi ovunque di ottima qualità, tanto da finire nello spazio (la Società per l’Acqua Potabile di Torino e provincia, la Smat, ha il compito di preparare l’acqua per il rifornimento della Stazione Spaziale Internazionale) abbia bisogno di essere ulteriormente depurata, o che (bollicine a parte) sia necessario comperare l’acqua in bottiglia? Se non si è dei cultori (esistono anche sommelier di acque minerali) di solito basta prelevare l’acqua del rubinetto e lasciarla riposare in una brocca per eliminare l’odore di cloro. Le nostre tasche e la natura ci ringrazieranno.

La casetta dell’acqua

Una rivisitazione della tradizionale fontanella o forse una più chic “acqua alla spina”. Smat, l’azienda che gestisce gli acquedotti in gran parte del Piemonte, allestisce alcune “casette dell’acqua”, simili ai distributori di latte fresco, dove i cittadini possono riempire gratuitamente le bottiglie di acqua naturale o gassata, a temperatura ambiente o refrigerata. Un modo per alleggerire il carrello della spesa e rimpinguare il portafoglio, a tutto beneficio dell’ambiente.

[Ugo Finardi – Chimico, ricercatore CNR]

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