Cosa cambia nel congedo di maternità delle Partite Iva

da | 19 Mag, 2017 | Lifestyle, News

Dopo tre anni di ping pong, via libera della Camera alla legge che riconosce maternità, malattia e altre forme di tutela per i due milioni e mezzo di lavoratrici autonome, anche quelle non iscritte a un albo professionale e senza rappresentanza sindacale. Un popolo a metà tra l’indipendenza economica e quella professionale che ora vedono riconosciuti un po’ più di tutele e diritti.

Il primo cambiamento positivo è che non sarà più possibile saldare le fatture oltre i 60 giorni (e se anche ci fosse una clausola che lo prevede, sarà considerata nulla). Disciplinati i tempi di riposo, la malattia, l’infortunio e la gravidanza.

In caso di maternità la lavoratrice autonoma, anche se non iscritta a un ordine, può continuare a fatturare percependo l’indennità. Le neomamme in maternità, con la normativa precedente, avevano diritto a un assegno di maternità pari all’80% degli ultimi redditi mensili, ma potevano incassare i soldi solo a una condizione: non lavorare per tutti i cinque mesi.  Ora invece potranno recepire la maternità pagata ma non interrompere del tutto il lavoro: una misura pesante ma spesso indispensabile per mantenere clienti e commesse.

Altre novità riguardano il congedo parentale, che viene esteso dagli attuali tre a sei mesi e potrà essere utilizzato entro i tre anni dalla nascita del figlio. In più, la lavoratrice potrà concordare con il committente di essere sostituita da una persona di fiducia in possesso dei requisiti professionali.

Infine, viene introdotto per la prima volta il concetto di smart working: quella modalità di “lavoro agile” che si effettua utilizzando le tecnologie digitali per consentire flessibilità e conciliazione. Nel rapporto di lavoro tra datore e professionista dovrà essere contempato il “tempo di disconnessione“, ovvero un periodo di riposo del lavoratore, che deve essere svolto in parte all’interno e in parte all’esterno dell’azienda. Questo evita di dover essere sempre reperibili e di trovarsi a rispondere alle email all’una di notte. In più chi lavora in smart working deve avere un compenso economico pari a quello percepito dai colleghi che lavorano all’interno dell’impresa, secondo l’inquadramento dei contratti collettivi.

Il disegno di legge completo, in attesa dell’ultima approvazione al Senato, si trova qui.

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