I luoghi della nascita MI

da | 3 Set, 2015 | Lifestyle

Uno dei più grandi privilegi dell’essere umano è la libertà di scelta. Spesso le donne affrontano la gravidanza lasciandosi vivere, lasciando scegliere, delegando medici, mamme e suocere senza ascoltare il proprio desiderio. Scegliere il luogo della nascita ha dei significati che vengono sottovalutati, ma su cui vale la pena soffermarsi.

Dall’industrializzazione al parto fisiologico
In Italia il 99,8% dei parti avviene presso punti nascita pubblici o privati. Eppure contando i nati vivi di tutto il mondo, il 90% della popolazione mondiale è nata in casa. Qual è l’origine di questo divario? La storia del parto ha subito un brusco cambiamento a partire dagli anni ‘50, quando l’industrializzazione ha coinvolto anche il settore sanitario e ha portato all’ospedalizzazione della nascita. Se questo ha permesso di assistere i casi più problematici e di ridurre la mortalità perinatale, ha anche modificato l’approccio al parto, che è diventato un evento di competenza medica e che si è trasformato, nella percezione comune, come un momento a rischio. Negli ultimi anni si sta assistendo a un’inversione di rotta. L’idea che mamme e bimbi siano “pazienti” non piace più. Le pratiche ospedaliere stanno perdendo terreno in favore di un processo naturale, meno invasivo e più umano. Ben consapevoli di quanto sia importante l’avanzamento tecnologico e la ricerca scientifica, senza mai disconoscere il valore dell’assistenza ospedaliera nei casi patologici, si sta riflettendo sulla necessità di ridimensionare il processo della nascita valutando in modo obiettivo quando serve la sua medicalizzazione (e quanto serve).

Le alternative
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la nascita ha un decorso fisiologico nell’80% dei casi. Il travaglio e il parto sono da considerare due momenti di un percorso molto più lungo, che inizia con il concepimento e va ben oltre la nascita. La scelta del luogo in cui mettere al mondo un figlio rispecchia l’approccio alla vita della famiglia: chi opta per un’assistenza personalizzata cerca la continuità del processo e il coinvolgimento in prima persona; chi si rivolge alle strutture mediche tende a esternalizzare l’evento e a delegare i professionisti perché “più capaci”. La scelta sembra essere un processo mentale e razionale.

Nel libro “La nascita e i suoi luoghi” l’architetto Bianca Lepori analizza il parto in casa e quello in ospedale come scelte legate alla predominanza dell’emisfero cerebrale destro (arcaico, libero, in cui la donna è feconda e nutre) o sinistro (coscienza, razionalità, analisi e controllo). L’OMS dichiara che la donna dovrebbe partorire nel luogo in cui si sente più sicura, con la minor medicalizzazione possibile e un’adeguata assistenza. Ma soprattutto, qualunque sia la nostra natura e preferenza, la nostra scelta va rispettata, perché la chiave di un buon parto sta proprio nella capacità di far sentire sicura la futura mamma.

In ospedale
L’ospedale, pubblico o privato, è il luogo più comunemente associato al parto. “È molto importante scegliere la struttura di accoglienza in base alla reale esigenza e funzione di rischio della gravidanza”, spiega l’ostetrica Marina Lisa dell’Associazione La Maternità. “I punti nascita sono classificati in tre livelli: uno per i casi che necessitano di cure intensive; uno per le cure ambulatoriali e uno per le gravidanze fisiologiche. Attenersi al proprio livello di rischio eviterebbe l’abuso ospedaliero quando non necessario”. La scelta “giusta” porta una conseguenza importante anche a livello di spesa pubblica: in Italia il 40% dei parti avviene con taglio cesareo, il triplo rispetto al resto dell’Europa, troppi secondo qualunque statistica. Le ragioni cliniche sono spesso irrilevanti: il cesareo è utilizzato anche quando le condizioni fisiche di mamma e bimbo non lo richiederebbero. “Al di là del complesso discorso del parto cesareo, la famiglia che sceglie di partorire in ospedale dovrebbe visitare le strutture prima del parto, parlare con le ostetriche e condividere con loro le proprie volontà per il travaglio, la nascita e la cura del bambino, cercando di conoscere in anticipo le pratiche che vengono messe in atto, per poter valutare se è il luogo più adeguato”. Chiedere spiegazioni sulle procedure è importante ed è un proprio diritto, anche se lo scenario non è confortante: in Italia l’opinione delle donne non è presa in considerazione nel 50% dei casi e quattro partorienti su dieci si dichiarano “non informate”.

Partorire a casa
La giornalista Elisabetta Malvagna nel suo libro “Il parto in casa” afferma che per le donne sane l’ospedalizzazione non solo non è utile, ma è addirittura dannosa. L’ospedale tende a omologare l’assistenza, non asseconda i tempi fisiologici che sono ogni volta diversi, non lascia spazio alle pause naturali e alla libertà di movimento e espressione della coppia, della donna e del bambino. Le interferenze ambientali dell’ospedale, il trasferimento da una sala all’altra, la poca intimità, il luogo sconosciuto sono fattori che inibiscono la donna. Il risultato è che mente e corpo smettono di produrre gli ormoni utili all’avanzamento del parto e aumentano la produzione di quelli opposti, come l’adrenalina, che bloccano il processo naturale.

In Italia è ancora bassissima la percentuale di famiglie che decidono di partorire tra le mura domestiche (siamo solo allo 0,1%), in Nord Europa sono sempre di più le istituzioni che lo promuovono, a fronte di dati che smentiscono le nostre paure. Secondo uno studio del ricercatore danese Ole Olsen (svolto su oltre 24.000 gravidanze) partorire in casa riduce il numero di lacerazioni perineali e la necessità di indurre il travaglio. Il suo collega americano Lewis Mehl ha verificato che in ospedale triplicano i casi di emorragie post parto e di sofferenza fetale; mentre in casa si riducono di cinque volte i casi di pressione alta nella madre e di quattro quelli di infezione. Senza pensare al risparmio di cui godrebbe la sanità pubblica riducendo il ricovero e il numero degli interventi. Partorire in casa in Italia oggi è possibile privatamente (il costo è di circa 2.500 euro) in quasi tutte le regioni. In Emilia Romagna, Marche, Piemonte, Lazio, nelle Provincie autonome di Trento e Bolzano e nella città del Vaticano sono previsti contributi per il rimborso. A livello pubblico il parto a domicilio è assistito dall’Ospedale Sant’Anna di Torino (dal 1997, il primo in Italia) e dalle ASL di Parma, Reggio Emilia, Ferrara, Cesena e Forlì. Il servizio prevede l’assistenza dall’inizio della gravidanza fino al parto, incluso il corso e le visite a domicilio dalla 37° settimana fino a dopo la nascita.

Le Case Maternità
Un buon compromesso tra l’emisfero destro e quello sinistro è la Casa Maternità, una struttura concepita negli anni ‘70 negli Stati Uniti come luogo di accompagnamento completo e continuativo che assiste la nascita prima, durante e dopo, abbinando intimità e tecnologia. In Italia la Casa Maternità non è ancora entrata nell’immaginario comune (in Germania sono 64 e in Svizzera 16). In queste case la coppia ha a disposizione uno spazio privato che garantisce libertà e intimità, con bagno e solitamente una cucina, oltre a una sala per le emergenze.

Scegliere in Lombardia
In Lombardia oggi il 90,5% delle donne partorisce in un ospedale pubblico, il 9% in una struttura convenzionata, lo 0,3% in una privata e il 0,2% a domicilio. La legge regionale dell’8 maggio 1987 autorizza la libertà di scelta da parte della donna “circa i luoghi dove partorire e circa le modalità con cui tale evento debba svolgersi, perché la maternità possa essere vissuta, fin dall’inizio della gravidanza, come fatto naturale”. Però non ci sono strutture pubbliche che assistono la donna a casa, né rimborsi per chi chiama a domicilio professionisti privati. La scelta è ancora molto legata alle disponibilità economiche della coppia.

A differenza di altre regioni, la Lombardia ospita tre Case Maternità private, in città e nella provincia di Como e Varese. A Milano la Casa Maternità La Via Lattea è stata la prima nata in Italia, nel 1990, dall’esperienza laica del Villaggio della Madre e del Fanciullo che ospitava nel dopoguerra le ragazze madri. L’obiettivo era (ed è tuttora) quello di creare un luogo di accoglienza, che faciliti la relazione mamma-bambino in modo intimo, sicuro e protetto, riconsegnando al nucleo familiare il sostegno e l’attenzione personalizzata. Si trova in un grande appartamento al piano terra, con stanze per l’ospitalità delle coppie, una cucina comune per i pasti e la sala del parto insonorizzata con una vasca gialla per il travaglio, il parto e le ore dopo la nascita, dove le coppie possono restare senza essere disturbate o disturbare.

Fuori dall’ospedale: l’esperienza
Pina, ostetrica in ospedale e mamma, ha partorito la piccola Anna in casa. Perché? “Ho sempre sostenuto che, se tutta la gravidanza è fisiologica, cioè “normale”, il posto più sicuro per la nascita è la casa, soprattutto considerando la salute del bambino. Non ci sono interferenze esterne e si ha un maggiore controllo, lontano da un sistema che si sente libero di intervenire spesso senza il consenso dei genitori. Per me partorire in casa ha significato ritrovare fiducia nelle mie capacità di donna: mi sono sentita pronta a essere mamma. Ho sentito la forza della coppia; è stata un sostegno incredibile la presenza del mio compagno, più importante di quella delle ostetriche che mi assistevano”.

A livello professionale è cambiato qualcosa? “La presenza del partner in ospedale spesso è messa in secondo piano, ma dopo la mia esperienza cercherò di allontanare i papà il meno possibile dalla compagna”.

Alcune mamme hanno paura di essere abbandonate dopo il parto in casa. “L’assistenza dopo la nascita è costante e personalizzata. Ci si sente protagoniste, al centro delle attenzioni. Si resta concentrate sul proprio mondo”. Qualche suggerimento per le donne in attesa? “Il luogo della nascita deve essere quello in cui ci si sente più sicure, senza paura di giudizio. Anche il parto in casa adesso è valorizzabile perché è una scelta e non l’unica possibilità. Dico però di non dare nulla per scontato, di non prendere questa decisione con leggerezza, di non scegliere una struttura perché più comoda o vicina. Bisogna essere consapevoli e scegliere con coscienza. La nascita è un momento intenso, per tutta la famiglia, soprattutto per il neonato da accogliere”.

[Alfonsa Sabatino]

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