L’Europa spinge per il congedo di paternità

da | 10 Feb, 2021 | Lifestyle, News

La direttiva europea 2019/1158 spinge gli Stati a rendere più conciliabili genitorialità e lavoro, e incoraggia il congedo di paternità. A che punto siamo?

di Alessio Catarozzo

La nascita di un figlio comporta sempre la ricerca di un difficile equilibrio tra famiglia e lavoro. Le madri sono quelle che faticano di più a conciliare i due ambiti. Stereotipi di genere e misure anacronistiche penalizzano le carriere femminili.

Il congedo di paternità è poco diffuso e la maternità, vissuta come “assenza” dal mondo del lavoro, complica un po’ ovunque il reinserimento. 

Secondo la Commissione europea, nel nostro continente le donne lavoratrici con un impiego a tempo pieno sono poco più della metà (57,4%), contro il 75,5% degli uomini. Al contrario (e spesso non per scelta) il part time coinvolge quattro volte più le donne dei loro compagni, con ovvie ricadute in termini di autonomia economica e crescita professionale. 

Anche la disoccupazione presenta disparità di genere: restano a casa a badare alla famiglia il 31% delle donne, contro un piccolo 4,5% degli uomini. 

La direttiva europea

Questo divario ha un costo economico importante: la Commissione europea stima intorno ai 370 miliardi di euro all’anno. 

Nel giugno 2019 (un’epoca che sembra lontana, quando il termine lockdown non ci diceva nulla), l’Unione europea ha adottato una direttiva, la 2019/1158, che si pone gli obiettivi di rendere più conciliabili lavoro e pannolini, tutelando l’occupazione femminile e incoraggiando i neopapà a prendere congedi familiari.

La nuova direttiva prevede un congedo di paternità di almeno 10 giorni, con retribuzione equivalente a quella del congedo per malattia. Questa misura mira ad aumentare il numero degli uomini che scelgono di restare temporaneamente a casa a badare ai figli, alleviando peraltro il loro livello di stress nel primo periodo dopo la nascita. 

Congedo non trasferibile

Dei quattro mesi di congedo parentale già previsti dalla legislazione dell’UE, due non saranno più trasferibili da un genitore all’altro.

Per farsi un’idea delle motivazioni alla base di questa norma è utile guardare alla situazione italiana. Nel nostro paese i genitori possono dividersi gli 11 mesi di congedo facoltativo (o congedo parentale) con retribuzione pari al 30% dello stipendio fino al sesto anno d’età del bambino. 

Eppure, nel 2018, solo il 20% dei padri ha preso in considerazione quest’opportunità, secondo le stime del Sole24Ore. Le disparità lavorative sono ben lontane dal ridursi.

Un beneficio per l’economia

Un altro provvedimento contenuto nella direttiva europea 2019/1158 riguarda i lavoratori con figli fino a 12 anni d’età, che potranno richiedere modalità lavorative più flessibili (per esempio continuare lo smart working) e una riduzione delle ore di lavoro.

Tramite queste misure, l’Unione Europea si prefigge di aiutare anche le imprese e le economie degli Stati membri. 

Nel caso delle aziende, il risultato di congedi ben gestiti potrebbe portare a lavoratori meno stressati, più motivati e produttivi. Nel caso degli Stati membri, la riduzione della disoccupazione porterebbe a un incremento degli introiti fiscali. 

La situazione attuale

Durante la procedura di adozione della direttiva alcuni Parlamenti nazionali hanno mostrato una certa diffidenza. In particolare, Polonia e Paesi Bassi hanno espresso il timore che si verificasse un’eccessiva interferenza negli ordinamenti degli Stati membri. 

La Commissione europea ha replicato affermando che queste norme stabiliscono semplicemente una parità di condizioni tra i singoli Stati e forniscono supporto nel garantire ai cittadini un migliore equilibrio tra vita privata e lavoro. 

Ora i 27 Paesi membri dell’Unione Europea hanno tempo fino al 2 agosto 2022 per conformarsi a ciò che prevede la direttiva. In Italia una proposta di legge in questa direzione è stata presentata il 7 ottobre 2019, prima dello scoppio della pandemia ed è ancora in attesa di essere discussa. 

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