#lucaha2papà: cosa significa essere una Famiglia Arcobaleno?

da | 1 Mar, 2017 | Persone

Dalla Sicilia alla California passando per Bologna e Oslo. Ne hanno fatta di strada, Sergio e Michele, per diventare una famiglia. Una famiglia con due papà. Sergio, 55 anni, e Michele, 34, s’incontrano in uno storico circolo Arcigay bolognese dove entrambi erano approdati, in momenti e con percorsi diversi, da lembi assolati di Sicilia. Sergio, insegnante di filosofia e storia nei licei, militante per i diritti civili con Arcigay, poi consigliere comunale, è ora senatore del Pd. Michele è avvocato civilista, specializzato in diritti Lgbt. E, come accade in certi fortunati casi, si conoscono e non si lasciano più.

Non si sbottona, Sergio, ma accenna: “Ci siamo conosciuti nel febbraio del 2006 al Cassero e da subito abbiamo deciso di stare insieme, prima dividendoci tra due case, poi nel 2010 facendo il grande salto della convivenza”. Come vi siete posti rispetto alle vostre famiglie d’origine, quando avete scelto di formarne una vostra? Michele: “Per i miei genitori all’inizio non è stato semplice accettare che io amassi un uomo piuttosto che una donna, soprattutto perché avevano paura che fossi costretto a rinunciare al mio sogno di avere una famiglia con dei bimbi. Il mio presente conferma che le loro paure erano infondate. Per fortuna lo hanno capito abbastanza velocemente, constatando che ero molto determinato e felice. Soprattutto nel nostro successivo percorso di genitorialità, le famiglie da cui proveniamo hanno sempre accettato e condiviso le nostre scelte e, in più, sono state di grande supporto”.

Il matrimonio, a Oslo. Lo Stato italiano come riconosce la vostra unione? Michele: “Nel 2011 abbiamo deciso di sposarci e, non potendo farlo in Italia, abbiamo dovuto necessariamente rivolgerci all’estero, il 27 agosto, con tutte le difficoltà burocratiche e logistiche del caso. L’abbiamo fatto pur sapendo che nell’immediato quel matrimonio non avrebbe avuto nessun effetto in Italia – infatti abbiamo potuto trascriverlo come unione civile solo poche settimane fa -, ma non volevamo privarci di un momento pubblico e formale di impegno reciproco e di festa con i nostri cari solo perché delle leggi ingiuste non lo prevedevano nel nostro paese. Abbiamo scelto la Norvegia perché era l’unico stato europeo che consentiva la celebrazione del matrimonio anche a coppie di stranieri non residenti”. Ricordi di quel giorno? Sergio: “È stata una bellissima cerimonia, in una splendida sala del Palazzo di Giustizia della capitale norvegese, a poche centinaia di metri dal punto in cui, solo un mese prima, Breivik aveva ucciso otto persone, prima di procedere al massacro di ragazzi ad Utoya. In quel punto, finiti i festeggiamenti insieme alla quarantina di amici e parenti arrivati dall’Italia e da mezza Europa, siamo andati a deporre uno dei due bouquet del matrimonio (l’altro, naturalmente, se l’erano litigato le amiche)”. Avete deciso di rendere pubblica la vostra decisione per sollevare il tema dei diritti delle Famiglie Arcobaleno? Come è stato affrontare i giornali, le domande? Sergio: “Il matrimonio non è passato inosservato, nel senso che i giornali bolognesi, saputa la notizia per vie traverse, se ne sono occupati. Ma non era nostra intenzione tenerlo nascosto: entrambi eravamo e siamo militanti del movimento Lgbt e quindi abituati a lavorare sul significato politico della nostra vita privata. Anzi, tornati a Bologna dopo la luna di miele tra i fiordi, abbiamo organizzato un secondo festeggiamento al Cassero, con tantissimi partecipanti fra cui il sindaco della città, Virginio Merola, e “mister matrimoni” Maurizio Cevenini (un popolare consigliere comunale bolognese recordman di matrimoni, ndr)”.

Il desiderio di avere figli. Quando è nato, quali consapevolezze sono maturate? E come avete trovato la strada giusta? Michele: “Abbiamo ragionato su un progetto genitoriale già prima del matrimonio. Anzi, forse uno dei motivi profondi della decisione di sposarci è stato proprio quello di dare il via a un progetto di vita a lunga scadenza che contemplasse anche il fatto di avere figli. Soprattutto io coltivavo sin da adolescente questo progetto, ma è stato semplice coinvolgere anche Sergio. Abbiamo iniziato a frequentare l’associazione Famiglie Arcobaleno, di cui fanno parte un migliaio fra papà e mamme omosessuali e i loro figli. Tramite l’associazione abbiamo costruito quel percorso che ci ha portato in California, dove la gestazione per altri (Gpa) è non solo consentita dalle leggi, ma pienamente accettata socialmente”. È stato difficile? Sergio: “A differenza di altre zone del mondo, in cui la maternità surrogata può essere legata a fenomeni di sfruttamento di donne poco libere o mosse dalla necessità economica, le leggi e le pratiche di stati come la California o il Canada garantiscono pienamente i diritti di tutti i soggetti coinvolti, a partire dalle donne gestanti, attraverso procedure eticamente fondate ed escludendo situazioni legate all’indigenza economica. Abbiamo fatto ricorso a una Gpa cosiddetta gestazionale, in cui l’ovulo di una donatrice, fecondato dal seme di uno dei genitori intenzionali, viene impiantato nell’utero di una seconda donna. Abbiamo conosciuto la donatrice, che anche i bambini potranno conoscere più avanti, se lo vorranno. Soprattutto abbiamo attivato un bellissimo rapporto con la gestante e la sua famiglia, che siamo andati a trovare più volte e con cui vorremmo che Luca e Alice mantenessero una relazione nel tempo”.

Attese, viaggi, rapporti con la mamma gestante. E finalmente nasce Luca. Come vi siete sentiti? Michele: “L’arrivo di un figlio è stata per me un’esperienza totalizzante. Spesso faccio fatica a ricordare come fosse la vita e come fossero le mie giornate prima dell’arrivo di Luca e Alice. Di certo siamo stati molto fortunati: entrambi sono stati e sono due neonati abbastanza tranquilli. La cosa che mi ha più stupito è quanto sia naturale imparare a fare il genitore: dare il latte con il biberon, cambiare i pannolini e tutto il resto sono cose che non hai mai fatto, ma che impari in fretta, insieme a tuo figlio o tua figlia”. Sergio: “Non stiamo a raccontarvi la gioia di ritrovarci genitori di questi fagottini. La nostra vita è stata messa sottosopra, ma ne ha guadagnato a palate in felicità”. Con l’arrivo di Luca avete cambiato casa. Cosa avete cercato per lui? Sergio: “Abbiamo deciso di cercare una casa più grande per avere una stanza per il bimbo. Ne abbiamo approfittato per uscire dal centro di Bologna e cercarci un angolino un po’ quieto e più verde”.

Voi come genitori. Avete letto manuali, seguite consigli di famiglia, improvvisate d’istinto? Michele: “Essere genitori è davvero un mestiere impegnativo. Lo abbiamo affrontato, crediamo, un po’ come tutti, unendo l’istinto ai consigli di chi c’era già passato, fino alla lettura di manuali e blog dedicati. Non avendo nonni in città, abbiamo scelto una tata che ci desse una mano e con cui ci siamo trovati benissimo. Quello che abbiamo capito è che non ci sono ricette universali ed eterne. Per quanto riguarda il sonno, per esempio, ci siamo dovuti muovere in una gamma di consigli e indicazioni che andavano dal rigidissimo metodo Estivill al cosleeping. Abbiamo cercato di muoverci nel mezzo, abituando un po’ alla volta Luca a dormire nel suo letto, anche se la nascita di Alice ha un po’ scombussolato tutte le abitudini familiari”.

Istantanee di Luca. Vi reclama molto per giocare o ha già amichetti di vicinato o di asilo? È stato faticoso il distacco per mandarlo al nido? Sergio: “Luca compirà 3 anni a maggio, è solare, birbante ma affettuosissimo e, in fin dei conti, quello che si definisce un bravo bambino. Noi, nonostante gli impegni di lavoro, cerchiamo di trascorrere con lui più tempo possibile, di giocarci insieme, leggergli dei libri, portarlo al parco. Ha un paio di amichetti del cuore, figli di nostri amici, con cui si vede periodicamente, più i compagni del nido, con cui ha un bel rapporto. Al nido va sempre volentieri e, tranne qualche attacco mattutino di “papite”, è sempre molto contento di trascorrere del tempo lì. Frequenta anche un corso di inglese e uno di ginnastica per bimbi della sua età”. Il vostro rapporto con le religioni? Sergio: “Niente religione, non siamo credenti, decideranno Luca e Alice più avanti”.

I vostri viaggi e vacanze in quattro. Posti del cuore? Michele: “Sia Luca che Alice hanno preso il primo aereo (intercontinentale, peraltro) a 17 giorni. Luca poi ne ha presi molti altri dopo, per tornare in California, scendere in Sicilia dai parenti o partire coi papà. D’altra parte lui, come quasi tutti i bambini, adora l’aereo, il treno e ogni altro mezzo di locomozione… Ovviamente adesso che è arrivata Alice è tutto più complicato, ma passati questi primi freddi mesi invernali siamo sicuri di riprendere la buona sana abitudine di qualche gita lontano da casa tutti insieme”.

Come matura la decisione di un secondo figlio? E quando scoprite che è in arrivo una bambina, quali sono le vostre prime emozioni? Sergio: “Abbiamo deciso il grande passo del secondo figlio perché ci sembrava una cosa bella, anche per Luca. Speravamo fortemente che fosse una bimba, così siamo stati ancora più contenti. È stato molto bello aspettare la nascita di Alice in California insieme a Luca, che così ha avuto anche la possibilità di conoscere meglio la donna che lo aveva portato in grembo (e di giocare a lungo con sua figlia, che ha un paio di anni più di lui). Quando Alice è arrivata abbiamo potuto condividere con lui questa nuova grande gioia”.

Come coniugate i vostri impegni lavorativi con le esigenze familiari e quali misure o cambiamenti vi aiuterebbero? Michele: “Ovviamente non è facile coniugare il lavoro con l’impegno genitoriale, ma riusciamo ad arrangiarci abbastanza bene. Io poi da libero professionista ho anche una discreta possibilità di spostare elasticamente i miei impegni. Luca, in attesa di iniziare la scuola d’infanzia dal prossimo settembre, va al nido, e presto ci andrà anche Alice”. Sergio: “Bologna è certamente una città che offre tantissimi servizi: dai numerosi nidi alle ludoteche agli altri tipi di sostegno alle famiglie con bambini. Non avendo i nostri parenti qui in città, i bimbi hanno un’ottima tata che ci copre in quelle occasioni in cui lavoriamo entrambi. Per il resto facciamo i turni”. Riuscite a far vivere ai bimbi i legami affettivi con parenti vicini e lontani? Quanto contano secondo voi? Sergio: “Abbiamo tanti parenti, ma tutti fuori Bologna, per cui il rapporto quotidiano viaggia su Whatsapp o Facetime. Ogni tanto li andiamo a trovare o vengono loro, soprattutto il nonno. Ma, anche se a distanza, cerchiamo di coltivare i rapporti. Lo stesso facciamo con la gestante e la sua famiglia. Attorno a noi comunque per fortuna abbiamo tante amiche e amici che fanno parte della famiglia allargata di Luca e Alice”.

Michele ha coniato l’hashtag #lucaha2papà: com’è essere Famiglie Arcobaleno in Italia? Michele: “Dopo la nascita di Luca ci ho ragionato a lungo e alla fine ho deciso di aprire un blog (www.lucahaduepapa.it) per raccontare la quotidianità della nostra famiglia, i piccoli momenti quotidiani con Luca (e adesso anche con Alice) e la mia vita da papà. Credo che questa visibilità sia importante e utile, per fare vedere che le nostre famiglie sono esattamente come le altre. Speciali come lo è ciascuna famiglia!”. Le tutele attuali sono soddisfacenti o carenti secondo voi? Sergio: “Quella di Famiglie Arcobaleno è una bella esperienza collettiva di scambio fra famiglie e di lotta sociale e politica per i diritti dei nostri figli. La legge sulle unioni civili ha fatto fare un enorme passo avanti per il riconoscimento sociale delle nostre famiglie, ma purtroppo ha lasciato fuori la questione dei figli. Per fortuna una giurisprudenza ormai costante, fino a un paio di recenti sentenze della Cassazione, innovative su filiazione e adozione nelle coppie dello stesso sesso, sta segnando la strada del pieno riconoscimento dei diritti dei bambini nati in famiglie omogenitoriali”.

[Cristina Gentile]

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