Raccontami i ghiacciai

Che cosa sono, qual è la loro storia, perché sono in pericolo? Le domande, le curiosità e i dubbi della GG community e le risposte degli esperti ed esperte del MUSE su questi meravigliosi e fragili ecosistemi

Il 2025 è l’anno internazionale dei ghiacciai e al MUSE di Trento si celebra con mostre speciali, approfondimenti e tanti eventi dedicati. Per scoprirne di più su questi preziosi ecosistemi la community di Giovani Genitori ha posto dieci domande agli esperti e studiosi del MUSE.

Ci spiegate bene che cosa sono i ghiacciai e come si sono formati?

Christian Casarotto, glaciologo MUSE: “Un ghiacciaio può essere definito come una massa di ghiaccio dotata di movimento e che deriva dalla trasformazione della neve. Spinta dalla forza di gravità e per le pressioni indotte dal suo stesso peso, la massa di ghiaccio scivola verso valle deformandosi al suo interno. Alle quote più elevate del ghiacciaio (zona di alimentazione) la neve residua al termine dell’estate lentamente si trasforma in ghiaccio. Alle quote più basse (zona di ablazione), invece, tutta la neve invernale e parte del ghiaccio fondono e, in questa zona, la massa glaciale diminuisce. Le zone di accumulo e di ablazione sono separate dalla linea di equilibrio lungo la quale i due processi si bilanciano (variazione netta di massa pari a zero). I ghiacciai possono quindi sopravvivere soltanto se la se la quantità di acqua guadagnata in inverno (sotto forma di neve) è maggiore (o uguale) a quella persa in estate per fusione della neve e del ghiaccio”.

 

Che cosa c’è sotto i ghiacciai?

Christian Casarotto, glaciologo MUSE: “I ghiacciai continentali poggiano sulla roccia. Pertanto, sotto lo spessore di ghiaccio vi è quello che con il termine inglese viene chiamato bedrock, letto di roccia. Ma non soltanto! Il movimento del ghiacciaio porta anche ad una alterazione ed erosione della roccia sulla quale il ghiacciaio si muove. Pertanto, tra la roccia e il ghiacciaio può esserci anche un bello strato di detriti, anche con acqua in circolazione. Quest’ultima, però, non è presente nei ghiacciai polari”.

 

 

Davvero potrebbero sciogliersi completamente? In quanto tempo?

Christian Casarotto, glaciologo MUSE: “Sì, purtroppo i ghiacciai alpini — e non — potrebbero sparire quasi completamente entro la fine di questo secolo. Studi recenti mostrano che, anche nello scenario più ottimista (quello in cui si riesce a contenere l’aumento della temperatura globale entro +1,5 °C), una parte significativa dei ghiacciai di piccole e medie dimensioni scomparirà comunque. Questo perché molti ghiacciai sono già troppo fragili e si trovano a quote troppo basse per resistere alle temperature attuali. Nel caso delle Alpi, si stima che entro la fine del secolo potremmo perdere anche il 70% del volume glaciale attuale.
Quindi sì, il rischio è reale e concreto. Ma la velocità e l’entità dello scioglimento dipendono ancora in buona parte da cosa faremo del nostro futuro. La scienza è chiara: ridurre subito le emissioni globali può ancora fare una grande differenza“.

 

Qual è il modo giusto di parlare del cambiamento climatico alle bambine e ai bambini?

David Tombolato, mediatore scientifico MUSE: È chiaro che non esiste un solo modo. Tuttavia, in questi anni al MUSE abbiamo individuato quello che a noi sembra un approccio vincente per sollevare domande e curiosità, ovvero partire dalla meraviglia: raccontare ai bambini quanto è bello e prezioso il nostro pianeta. Poi si può spiegare che il clima sta cambiando perché alcune attività umane producono troppi gas, come il fumo delle fabbriche e delle auto, che fanno surriscaldare la Terra. Non serve spaventare, ma far capire che tutti possiamo fare qualcosa: rispettare gli altri organismi viventi, usare meno plastica, camminare di più e dialogare di più. Ogni piccolo gesto conta, e loro possono diventare veri “supereroi e supereroine del clima”.

 

 

Spesso si parla di ghiaccio fragile: potete suggerirci un esperimento da fare con i bambini per osservare il fenomeno?

David Tombolato, mediatore scientifico MUSE: “Un esperimento semplice e divertente è questo: prendete due cubetti di ghiaccio. Uno lasciatelo intero, l’altro rompetelo in tanti pezzettini. Poi metteteli su due piattini e osservate quale si scioglie più in fretta. Scoprirete che il ghiaccio “spezzettato” fonde prima! Proprio come succede ai ghiacciai: quando si rompono o diventano più sottili, si sciolgono più velocemente.
Un altro esperimento interessante consiste nel prendere due masse di ghiaccio uguali e spargere su una un po’ di polvere nera (come carbone o cacao amaro). Illuminando entrambe con una lampada per scaldarle allo stesso modo, si vedrà che quella con la polvere nera fonde prima, perché assorbe più calore. È proprio quello che accade sui nostri ghiacciai, quando si coprono di polveri e diventano più vulnerabili al sole“.

 

Visitando lo Stubai, in Austria, abbiamo visto enormi teli sopra i ghiacciai: è una delle modalità utilizzate per preservarli?

Christian Casarotto, glaciologo MUSE: Sì, ciò che avete visto allo Stubai è una delle strategie utilizzate per rallentare la fusione della neve. Questi teli vengono stesi alla fine dell’inverno in modo da rallentare la fusione della neve durante l’estate. Alla fine dell’estate, poi, i teli vengono tolti per lasciare spazio alla neve naturale. E così via per gli anni successivi. I teli, di colore bianco, riflettono buona parte della radiazione solare diretta riducendo così la fusione della neve coperta dal telo. In Trentino è ben noto il Ghiacciaio di Presena dove tutte le estati parte del ghiacciaio è coperto dai teli. Parte del ghiacciaio, infatti ed è la parte dove vi sono le tracce di una pista da sci!!!! Alla fine dell’estate, pertanto, con la neve che i teli hanno risparmiato, la stagione sciistica può iniziare con largo anticipo rispetto agli altri comprensori sciistici che attendono la neve naturale o la produzione di quella artificiale. Si tratta quindi di una tecnica che nulla ha a che vedere con la conservazione dei ghiacciai”.

 

Abitiamo in territorio geologico di Morena: come spiegare alle nostre figlie l’origine del nostro territorio?

Christian Casarotto, glaciologo MUSE: “Potrebbe essere spiegato pensando ai ghiacciai come una ruspa che avanza con la benna abbassata. Il ghiacciaio, durante una avanzata, trasporta così verso valle tutto quello che incontra. Quando però l’avanzata cessa, e la ruspa / il ghiacciaio mette la retromarcia, a indicare il luogo raggiunto resta un accumulo di detriti a forma allungata e a dosso: la morena appunto, che con la sua forma ricopre tutto il materiale trasportato dal ghiacciaio”.

 

Esistono progetti di salvaguardia dei ghiacciai che possono essere sostenuti dalle famiglie e dalle scuole? In che modo?

David Tombolato, mediatore scientifico MUSE: “Esistono diversi progetti che coinvolgono famiglie e scuole nella tutela dei ghiacciai e nella sensibilizzazione sul cambiamento climatico. Ecco alcune iniziative:

  • “Le carovane delle scuole verso il ghiacciaio”: organizzato dal Servizio Glaciologico Lombardo, questo progetto porta le classi in escursioni guidate per osservare da vicino i ghiacciai e comprendere gli effetti del cambiamento climatico. svilupposostenibile.regione.lombardia.it
  • “La Grande Macchina del Mondo”: promosso dal Gruppo Hera, offre laboratori e attività educative su temi ambientali, coinvolgendo oltre 70.000 studenti in Emilia-Romagna e Triveneto. La Lumaca
  • Progetti del MUSE di Trento: in occasione dell’Anno Internazionale per la Conservazione dei Ghiacciai 2025, il MUSE propone mostre, attività didattiche e incontri per sensibilizzare sul tema.
  • “Mi Curo di Te” del WWF: un progetto didattico che coinvolge scuole e famiglie in attività legate alla sostenibilità e alla tutela dell’ambiente.

Partecipare a queste iniziative è un modo concreto per contribuire alla salvaguardia dei ghiacciai e per educare i più piccoli al rispetto dell’ambiente”.

 

 

I carotaggi sono l’unico sistema di studio? E di che cosa si tratta?

Christian Casarotto, glaciologo MUSE: “I carotaggi non sono l’unico sistema per studiare i ghiacciai, ma sono tra i più importanti e preziosi per ottenere informazioni approfondite sulla storia climatica e ambientale della Terra. Il termine “carotaggio” si riferisce all’estrazione di una “carota di ghiaccio”, cioè un lungo cilindro di ghiaccio prelevato in profondità mediante una trivella speciale. Questo ghiaccio si è formato nel corso di migliaia di anni attraverso la compressione e metamorfismo della neve e conserva al suo interno minuscole bolle d’aria, particelle di polvere, ceneri vulcaniche, pollini e altri elementi organici e inorganici che offrono indizi dettagliati sul clima del passato.

Attraverso l’analisi chimica e fisica delle carote di ghiaccio, i ricercatori possono risalire alla composizione dell’atmosfera di epoche lontane, ricostruendo temperature, concentrazioni di gas come l’anidride carbonica (ben noto gas ad effetto serra) e perfino eventi storici come grandi eruzioni vulcaniche o incendi boschivi.

Oltre ai carotaggi, però, esistono molte altre tecniche per studiare i ghiacciai. Tra queste ci sono il monitoraggio satellitare, le misurazioni GPS per analizzare il movimento del ghiaccio, l’uso di radar e droni e le rilevazioni sul campo di parametri come la temperatura, lo spessore del ghiaccio e la quantità d’acqua che fonde ogni anno. Ogni metodo fornisce un tassello diverso del complesso mosaico che costituisce la comprensione dell’evoluzione dei ghiacciai”.

 

Abbiamo visto l’era glaciale con i nostri figli, quanto c’è di vero nella parte relativa ai ghiacciai?

David Tombolato, mediatore scientifico MUSE: “L’Era Glaciale” è un film divertente e affettuoso, e pur con tutte le libertà creative, ha alcuni elementi ispirati a fatti reali. Ad esempio, nella storia della Terra ci sono state diverse vere “ere glaciali”, lunghi periodi in cui gran parte del pianeta era coperta da ghiaccio, compresa buona parte dell’Europa.

Durante l’ultima era glaciale, finita circa 12.000 anni fa, i ghiacciai scendevano dalle montagne fino a valle e modellavano il paesaggio — lasciando tracce ancora oggi visibili, come le morene e i laghi alpini. Quindi, l’ambientazione ghiacciata del film non è poi così lontana dalla realtà!

Certo, gli animali parlanti, le improbabili amicizie tra specie diverse e l’arrivo di un’enorme glaciazione in un solo giorno sono fantasia. Ma possono essere un ottimo spunto per far nascere la curiosità nei bambini e parlare con loro del clima, del passato della Terra e di quanto sia importante oggi prendercene cura”.

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