Servono più Scuole Aperte Partecipate

Le Scuole Aperte Partecipate trasformano gli spazi scolastici in laboratori di cittadinanza attiva e inclusione: un modello replicabile che unisce educazione, comunità e rigenerazione sociale

Nel cuore del quartiere Esquilino a Roma, un seminterrato dimenticato ha cambiato volto. È qui che ha preso forma uno dei progetti più innovativi e coraggiosi di rigenerazione urbana e sociale: Scuole Aperte Partecipate.

Un modello avviato dalla Scuola Di Donato grazie alla volontà e all’impegno di un comitato di genitori che, vent’anni fa, ha deciso che la scuola non doveva essere solo un luogo di lezione, ma anche di relazione, confronto e comunità.

I genitori hanno ottenuto le chiavi dell’edificio, aprendolo ogni mattina e chiudendolo alle 22. Da lì è nato uno spazio condiviso per bambini e adulti, in cui si dialoga, si gioca, si impara insieme. Quel seminterrato è diventato il simbolo di una scuola aperta che, invece di chiudersi nei confini dell’orario scolastico e della delega alle istituzioni, abbraccia il principio della cittadinanza attiva. I cittadini non solo partecipano, ma costruiscono, non si limitano a essere destinatari passivi, ma diventano protagonisti di un cambiamento concreto e generativo.

Un luogo per imparare la cooperazione

In una società abituata all’individualismo, formare nuovi cittadini cooperativi è una sfida centrale. I passaggi generazionali — ben quattro finora nel progetto romano — hanno dimostrato che la capacità collettiva non si improvvisa, ma si educa.

Adulti  e giovani, come dice Gianluca Cantisani nel podcast I dialoghi della creanza, “imparano facendo”.

Ed è proprio facendo insieme, attraverso attività condivise, laboratori, momenti informali e dialoghi interculturali, che si costruiscono nuovi contesti democratici, partecipativi e non competitivi.

Queste scuole diventano luoghi in cui si valorizza l’incontro tra culture, si riconosce la diversità e si pratica il dialogo: non come principio astratto, ma come esperienza quotidiana. Un processo di inclusione reale, radicato nel territorio: il coinvolgimento non si limita all’interesse personale ma si apre alla possibilità di interessare e includere chi potrebbe trarne beneficio.

Un esempio da replicare

Il progetto Scuole Aperte Partecipate oggi è attivo in cinque città italiane: tra queste anche la scuola Cadorna di Milano, che sta cercando di ispirarsi ai meccanismi generativi già messi in moto a Roma per costituire una nuova comunità educante.

Grazie all’autonomia scolastica le scuole possono attivare percorsi simili, dando vita a spazi di cambiamento e crescita collettiva.

In un tempo in cui la co-progettazione si riduce troppo spesso alla sola consultazione, esempi come quello di Di Donato ci mostrano che una politica generativa — fondata sul fare, sulla fiducia e sulla costruzione di legami — è possibile, e soprattutto replicabile. Non servono miracoli, ma un’idea forte, il coraggio di metterla in pratica e una scuola che sappia aprirsi davvero.

Le scuole aperte partecipate non sono un’utopia: sono già realtà. Basta varcare la soglia, immaginare il futuro e iniziare.

 

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