Avrei voluto allattare, ma…

da | 8 Nov, 2022 | Lifestyle, Salute e Benessere, Tutto food

Avviare l’allattamento e continuare ad allattare non è facile: serve, sin dalle prime ore, un supporto pratico, psicologico e costante

Da un lato ci sono i benefici dell’allattamento. Dall’altro il rispetto della libera scelta di chi decide di non allattare.

Schiacciate tra queste due consapevolezze, ci sono le donne che “avrebbero voluto” ma a cui, per diversi motivi, le cose non sono andate per il verso giusto. 

Mamme che hanno allattato per un brevissimo periodo o che hanno abbandonato l’impresa dopo alcuni giorni o settimane: un’esperienza che porta dietro il fallimento del proprio progetto di allattamento. 

I casi sono numerosi: l’allattamento è un atto naturale, ma iniziare non è sempre facile. Ma come si può prevenire il fallimento di un progetto di allattamento?

Ne abbiamo parlato con Marta De Angelis, ostetrica ed esperta in supporto all’allattamento nella provincia di Roma.

Non ho potuto allattare

“Non aver potuto allattare” quasi sempre equivale a un “non essere riuscite” ad allattare. I fattori riconosciuti che impediscono l’allattamento o per cui questo è sconsigliato sono davvero pochissimi. 

“In generale si tratta di donne che assumono alcuni psicofarmaci o altri farmaci specifici, o donne  affette da HIV con alta carica virale o con problemi di salute gravi, come i pazienti tumorali o che seguono una chemioterapia”, spiegal’ostetrica. “Esiste un elenco ben preciso di casi di controindicazione all’allattamento: a queste famiglie è garantito un contributo che copre quasi totalmente l’acquisto del latte artificiale. 

Difficilmente si può diagnosticare, con certezza, un’insufficienza di latte. 

Gli ostacoli nell’avvio dell’allattamento sono spesso legati all’esperienza stessa del parto, a casi in cui non tutto va per il verso giusto. 

Ad esempio, un fattore negativo è l’allontanamento dalla mamma per troppo tempo, anche se per ragioni di salute. Il neonato può anche avere alcune caratteristiche fisiche che rendono meno efficace la suzione, come il frenulo linguale corto. Anche nei casi di nascita prematura il bimbo può avere meno energie e necessita di essere maggiormente stimolato.

Compito del professionista che segue la donna è capire il prima possibile che ci sono delle difficoltà e mettere in campo possibili soluzioni. 

Perché anche se le cose non iniziano nel verso giusto ci sono tantissimi accorgimenti che si possono adottare nei giorni immediatamente successivi alla nascita o al rientro a casa, per sostenere la neomamma e avviare ugualmente un buon allattamento”.

Il dolore va sostenuto

L’allattamento può essere doloroso, In particolare con il primo bebè. Un ostacolo da non sottovalutare e soprattutto da non sminuire, in quanto può portare la donna, fisicamente stanca e in un momento delicato dal punto di vista delle emozioni, ad abbandonare l’obiettivo e a sentirsi inadeguata.

“Nel primissimo periodo l’attaccamento del bambino al seno può causare fastidio, ma se il dolore è forte, c’è qualcosa che non va. 

Il dolore può infatti essere causato da problematiche più complesse, come le ragadi, ferite dolorose e a volte sanguinanti; l’ingorgo mammario, dovuto a rimozione inadeguata di latte dal seno; la mastite, conseguenza di stasi di latte non drenato.

Prima ancora di cercare soluzioni suggerisco, se necessario, di alleviare il dolore con antidolorifici adeguati. Anche se abbiamo iniziato ad allattare, ce ne sono che non vengono considerati nocivi.

Una volta alleviato il dolore, è indispensabile chiedere consulenza al personale specializzato nell’allattamento in ospedale, a domicilio o in consultorio, per comprendere le origini del dolore, che possono essere molteplici.

Un attacco scorretto – la causa più frequente -, il frenulo linguale corto, la presenza di una contrattura del collo del neonato causata dal parto – in questi casi meglio ricorrere all’aiuto di un fisioterapista o osteopata specializzato nel trattamento dei  neonati”.

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Ho abbastanza latte?

“Il seno è una fabbrica di latte che aumenta la produzione quanto più latte viene fatto uscire. Saltare una poppata o integrarla con il latte artificiale è controproducente, in quanto meno si allatta e minore sarà la produzione di latte”, spiega l’ostetrica.

“Per questo motivo bisogna cercare di prevenire e, nel caso si verifichino dei problemi, sostenere la donna e aiutarla a superarli tempestivamente. Da subito. Rivolgersi al consultorio una settimana dopo il ritorno a casa può essere troppo tardi. Oggi numerosi ospedali dimettono le donne 48 ore dopo il parto, nel momento in cui arriva la montata lattea e magari il neonato non ha ancora imparato ad attaccarsi. 

È un momento molto delicato in cui la donna può avere bisogno di aiuto, anche solo per applicare impacchi caldi che attenuino la tensione del seno”. 

Una soluzione c’è sempre

Nel caso delle ragadi, se impediscono di procedere con l’allattamento, viene consigliato il supporto del tiralatte mentre vengono applicati prodotti cicatrizzanti, ma è importante non arrestare la produzione. 

I bambini che faticano a ciucciare possono assumere il latte attraverso il sondino al dito, oppure con il DAS, un dispositivo utilizzato per i neonati che non riescono ad attaccarsi bene al seno: si tratta di un contenitore con il latte materno da cui si dipartono uno o più tubicini che, fissati sul seno, permettono al bambino di ricevere latte in integrazione durante la poppata.

“In caso di difficoltà, i consultori sono il primo posto dove andare a cercare aiuto – suggerisce l’ostetrica -. La famiglia e la comunità sono importanti per sostenere la neomamma dal punto di vista pratico e psicologico, chiedere pareri all’amica, alla nonna o alla vicina di casa invece può creare confusione perché non è detto che tutti i consigli vadano nella stessa direzione.

Anche per questo cerchiamo di coinvolgere le persone che saranno presenti nel supporto della mamma e del bambino al rientro a casa (papà, nonni, zii ecc) invitandoli a partecipare ai corsi dedicati all’allattamento. 

In generale se emergono delle difficoltà è meglio fare affidamento su una persona specializzata, preferibilmente sempre la stessa”. 

Allattare, un atto d’amore e un diritto

Secondo le linee guida del Ministero della Salute, per favorire l’allattamento anche le strutture ospedaliere devono impegnarsi a garantire un “buon inizio”. 

Il contatto pelle a pelle prima di tutto – oggi consigliato anche dopo un parto cesareo – , l’affiancamento alla donna affinché impari a osservare il neonato e si lasci guidare dalle sue abilità innate, il rooming-in e il divieto di somministrare ai neonati alimenti o liquidi diversi dal latte materno, tranne che su precisa prescrizione medica.

Contro ogni logica di politica aziendale, per avviare bene l’allattamento, in particolare quando ci sono difficoltà, è necessario che il personale specializzato dedichi tantissimo tempo alla neomamma: un servizio non scontato e  che non sempre è garantito.

“Ai neogenitori consiglio di frequentare i consultori prima del parto: sceglierne uno, se si può, e conoscerne già gli spazi dedicati, gli orari, le regole di ricevimento e le modalità di consulenza. 

È utile sapere dove andare, se al ritorno a casa ci si trova in difficoltà e in balia di un vortice di emozioni e fatica. 

Può capitare che il sostegno nelle strutture ospedaliere non sia sufficiente o che la mamma si trovi a gestire l’inizio dell’allattamento dopo le dimissioni. Meglio essere preparati”. 

Allattare è un atto di amore e un investimento per la vita, ma anche un diritto. È diritto della donna ricevere informazioni e aiuto per allattare senza interferenze; è diritto allattare ovunque ci si trovi e in qualsiasi momento; infine, è un diritto essere tutelate per conciliare l’allattamento e il rientro al lavoro.

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