A due e quattro zampe

da | 25 Feb, 2016 | Lifestyle

È uno dei desideri più diffusi tra i bambini e forse uno dei meno esauditi. Eppure ormai tutti concordano sul fatto che la presenza di un animale in casa sia, soprattutto (ma non solo) per i figli unici, altamente educativa. Le obiezioni dei genitori sono tante e spesso non ingiustificate: un animale in casa è impegnativo, ha dei costi, sporca, quando si va in vacanza come si fa? E poi si sa come va a finire: quando reclamano l’agognato “pet”, tutti i figli dicono che ci penseranno loro, ma appena la novità sfuma nell’abitudine sono mamma o papà a doversi occupare di cani, gatti, conigli, tartarughe, criceti, canarini, pesci rossi e fauna varia. Proprio per questo, molti genitori ripiegano su pesciolini o criceti pensando che siano meno impegnativi di un cane o un gatto. Il che è vero fino a un certo punto (cambiare l’acqua della boccia o pulire la gabbia di un criceto non è un compito che possa essere affidato a un bambino), mentre la capacità di un cane o un gatto di relazionarsi con un essere umano non è paragonabile a quella espressa da un pesce o un topolino. Quindi, a meno che non ci sia una precisa propensione espressa dai bambini, la soluzione di ripiego finisce spesso per rivelarsi un boomerang: l’impegno c’è comunque, i figli sono delusi e molti genitori alla fine si trovano costretti a cedere alla richiesta di un quattro zampe.

Una scelta fatta insieme

Se la presenza di un cane o un gatto in casa comporta problemi davvero insormontabili, la cosa va spiegata ai figli con realismo e sincerità. È diseducativo e molto deludente per i bambini, oltre che traumatizzante per l’animale, prendere un cucciolo, per poi trovarsi dopo poco tempo a doverlo restituire o sistemarlo altrove in qualche modo.

Se invece la possibilità c’è, occorre fare patti molto chiari. L’ideale sarebbe fare questa scelta insieme e farla solo quando i figli sono in grado di sostenere quotidianamente determinati compiti, anche noiosi o poco gradevoli, come pulire la cassetta del gatto o portare fuori il cane da solo. La distribuzione delle responsabilità deve essere commisurata alle effettive capacità dei singoli (e, attenzione, vanno coinvolti tutti, anche i figli più piccoli!) e va segnata su un cartellone con i relativi nomi e appesa alla parete, in modo da evitare equivoci e battibecchi. Poi va fatta rispettare rigorosamente nei fatti. È proprio qui che molti genitori incontrano difficoltà: dato che l’animale ha esigenze imprescindibili, ma molti ragazzini sono bravissimi a trovare scuse e a fare i muri di gomma, madri e padri finiscono per cedere, fino a quando si crea il precedente e il gioco è fatto.

Uno dei più essenziali aspetti educativi della presenza di un animale in casa è proprio la necessità di cure quotidiane, con la relativa fatica e responsabilizzazione. Nella nostra società, la grande maggioranza dei bambini e dei ragazzini è oggetto di cure quotidiane, ma dell’impegno che queste comportano non si rende conto. Essere responsabile del benessere di qualcuno non è solo una fatica: può essere motivo di gioia e di orgoglio, purché sia oggetto di un’azione educativa e non fonte di continue recriminazioni che si risolvono in un nulla di fatto, ma fanno crescere il disimpegno e la scarsa autostima. C’è da aggiungere che cani e gatti, se rispettati nelle loro complesse esigenze psicofisiche e sociali, sono dei veri e propri catalizzatori di affetto, in grado di migliorare l’armonia familiare e il benessere emotivo dei singoli.

Attenzione, però, a non cadere nell’errore di considerarli umani. Al contrario, la presenza di un “non umano” in famiglia può essere un utile strumento di educazione alla “intercultura”, che non riguarda solo gli scambi tra differenti culture umane, ma anche tra differenti specie. Gli animali hanno i loro punti di vista, il loro modo di percepire la realtà, i loro istinti, le loro emozioni e desideri, il loro linguaggio… spesso contrastante. È importante che i ragazzi imparino a vedere e capire le differenze tra umani e non umani e a non trattare questi ultimi come oggetti al proprio servizio, ma come soggetti da rispettare. Potrebbe essere il primo passo per comprendere che noi esseri umani non siamo i dominatori del creato, ma siamo parte di una rete in cui tutti gli elementi sono interdipendenti. E ognuno è fondamentale per tutti gli altri. La diversità, insomma, non è solo una ricchezza, ma è essenziale per la vita.

[Sandra Cangemi – Educatrice, Cooperativa sociale Praticare il futuro]

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