Fake news sul pesce, smentite da Slow Food

da | 30 Set, 2017 | Lifestyle, Tutto food

Quanto ne sappiamo di pesce? Slow Food, con l’aiuto di biologi e nutrizionisti, ci aiuta a conoscere meglio i prodotti del mare che consumiamo, sfatando alcuni falsi miti.

1 – Il sushi più buono è con il pesce più fresco. Vero o falso? Con il crudo non si scherza. Godiamoci sushi, sashimi, tartare, carpaccio e marinato, ma teniamo a mente che, se lo consumiamo al ristorante, il pesce deve essere “abbattuto” come prevede la legge, cioè surgelato in un abbattitore che lo porta velocemente a una temperatura di -18 °C. Se lo prepariamo a casa dobbiamo conservarlo per almeno 96 ore in un congelatore domestico contrassegnato con tre o più stelle. Il rischio è quello di ingerire il famigerato anisakis, un parassita persistente che affligge, tra le altre specie, acciughe e sardine, aringhe, branzini e merluzzi, rane pescatrici e calamari. Nell’uomo provoca infiammazioni allo stomaco e all’intestino e reazioni allergiche, in alcuni casi anche gravi.

2 – Il salmone è il re di tutte le diete (anche ipocaloriche). Vero o falso? Ci sono tanti motivi per non mangiare salmone (parliamo ovviamente dei salmoni da allevamento, perché di esemplari selvaggi ne esistono sempre meno). Riportiamo qui le quattro ragioni principali: se i salmoni sono rosa come quelli selvaggi è perché nei loro mangimi è presente una sostanza colorante. A proposito di mangimi: i pesci di allevamento sono nutriti con altri pesci (per un chilo di salmone allevato si pescano cinque chili di pesci) quindi non è un alimento sostenibile. I salmoni sono nutriti anche con farine derivanti dagli scarti di macellazione. Da ultimo, cento grammi di salmone fresco contano circa 180 calorie, mentre le alici 96, i calamari 70 e le cozze meno di 60.

3 – La “bistecca” di pesce costa di più perché è di maggior qualità. Vero o falso? Parliamo del pesce spada e del tonno, per esempio. Sono più comodi, perché non hanno spine e si cucinano come una fetta di carne. Ma sono specie dal ciclo vitale lungo, che attraversano diversi mari prima di essere catturati e che ci trasmettono tutto il loro carico di contaminanti e metalli pesanti. Senza contare che la pesca intensiva del pesce spada e del tonno, quello rosso in particolare, ha messo a dura prova gli stock ittici, non lasciando ai pesci giovani la possibilità di crescere e diffondersi al di sopra della soglia di rischio.

4 – Preferisco il pesce fresco perché sono sicuro sia locale. Giusto? Sarebbe bello se fosse vero, ma non è così. Basta dare un’occhiata ai banchi del pesce per averne conferma: in Italia il pesce fresco proviene da 40 paesi e molti di questi si affacciano sul Pacifico o sull’Atlantico. L’etichetta del pesce deve contenere obbligatoriamente la denominazione commerciale della specie (per esempio “orata”, mentre il nome scientifico non è obbligatorio), il metodo di produzione (“pescato”, “pescato in acque dolci”, “allevato”), la zona di cattura (per esempio “Area 47: Atlantico, Sudest”), lo stato fisico (decongelato, scongelato) e la presenza di additivi (“contiene solfiti” per i crostacei).

5 – Non esiste una stagionalità dei pesci. Vero o falso? Anche per i pesci esiste una stagionalità, se si rispettano i tempi di riproduzione e se si sceglie di acquistare specie provenienti dai mari a noi più vicini. D’inverno va bene consumare triglia, sarago, sardina, ricciola, pagello, alice, pescatrice, palamita, sgombro, vongola verace, rombo chiodato, polpo, seppia e lampuga. In primavera; sugarello, sgombro, gallinella, spigola, sarago, leccia, palamita e pagello. In autunno: alalunga, spigola, triglia, rombo chiodato, gallinella e lampuga. D’estate: sugarello, sogliola, orata, ricciola, spigola, gallinella, sarago, sardina e alici. Cefali, mormore, zerri e occhiate si possono mangiare tutto l’anno.

6 – Vongole e cozze sono inquinate. Vero o falso? Falso. Largo quindi a cozze, vongole e ostriche! Sono le specie allevate da privilegiare per gusto, facilità di preparazione e proprietà nutrizionali. Scegliendole non andiamo a stressare i soliti cinque pesci pescati che consumiamo, perché la mitilicoltura è la forma di allevamento più sostenibile. Inoltre si nutrono dei microrganismi presenti nell’acqua, filtrandola, e non necessitano di mangimi. È però necessario che l’ambiente di allevamento sia sicuro. Come tutti i molluschi, devono essere venduti in reti sigillate, recanti un’etichetta che ne indichi varietà, scadenza e provenienza.

7 – Mangiare più pesce fa bene alla salute. Vero o falso? Nutrizionisti e dietologi consigliano di consumare più pesce per il contenuto di Omega-3. Ma sappiamo che la pesca è un settore al collasso. Forse dovremmo ripensare i nostri consumi di pesce per rendere la dieta mediterranea più sostenibile. Come? Valorizzando le fonti alternative di Omega-3 (i semi per esempio), i pesci stagionali e a ciclo vitale breve, poco conosciuti e meno costosi, per i quali il prezzo non corrisponde al valore nutrizionale. E poi ci sono i “non pesci”, le alternative che il mare ci offre senza intaccare gli ecosistemi acquatici: molluschi e crostacei e, perché no?, anche meduse e alghe, per i più coraggiosi sperimentatori.

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