Essere genitori ai tempi dei social network

da | 20 Mar, 2018 | Lifestyle, Tech

Essere genitori social, ma passare dall’altra parte del microscopio: da osservatori (e comunicatori) a osservati. Da dispensatori più o meno ossessivi di foto del bambino in tutte le pose immaginabili a utente visualizzato da chi, ormai, bambino non è più. Facebook e compagnia socializzante cominciano a contare la propria esistenza in decenni e questo pone una nuova questione sul tavolo di mamma e papà. I rapporti “virtuali” con i propri figli. E poi diciamolo senza mezzi termini, se se ne sono accorti anche Fedez e J-Ax, allora la questione è di una certa attualità.

Per capire la portata del fenomeno, bastano alcuni numeri

Secondo stime recenti, sono più di 800 milioni le persone che nel mondo hanno attivato un “profilo” sulle piattaforme più diffuse. Ma mentre i giovani, con il passare del tempo, si orientano progressivamente su realtà emergenti (come Instragram, Snapchat e simili), sono gli adulti a prendere sempre più confidenza con Facebook, ritenuto dagli esperti un social più orientato al “passato” – come lascia intuire la timeline e la riproposizione dei ricordi – al contrario di altri (Twitter, per esempio) che al posto dell’effetto nostalgia preferiscono la proiezione verso il futuro. Dunque, quella dei cosiddetti “millenials” è forse la prima generazione nella storia del mondo a doversi confrontare non soltanto con i social network e le loro modalità relazionali e comunicative, ma anche con il loro passato, per quanto recente. I primi ragazzi che, oltre ai propri ricordi, alle mezze marachelle e agli strappi alle regole da tenere più o meno segrete, potrebbero accedere anche a quelle del passato dei loro genitori. Siano essi “amici” o taggati da qualche contatto intermedio. Con tutti gli imbarazzi e le difficoltà del caso tra le mura domestiche.

Alice, la mamma “social”

“Mia figlia? In realtà io per prima sui social devo guardarmi dai miei genitori, che poi finiscono per impicciarsi di tutto e commentano pubblicamente qualunque cosa. Per questo mi rifiuto di dar loro l’amicizia – spiega divertita Alice, 40 anni, con una figlia adolescente –. In ogni caso, con mia figlia è molto semplice: lei su Facebook ha dato l’amicizia a me, ma anche a nonni, zii e amici dei nonni e dei genitori. Ma nella realtà usa questo social molto poco. La sua generazione usa Snapchat, moltissimo Instagram e soprattutto WhatsApp. In pratica, su Facebook mi pare che i ragazzi mettano il loro lato “presentabile”, mentre le cose più personali le mettono altrove. Addirittura il fidanzato di mia figlia mi ha chiesto l’amicizia su Facebook!”.
Ma fatta luce sugli equilibri interni alla famiglia, la domanda resta per aria: ci sono aspetti che un genitore, oggi, potrebbe percepire come imbarazzanti tra quelli pubblicati in passato sui social? “Secondo me esiste una progressiva consapevolezza dell’uso dei social da parte di chi appartiene alla mia generazione – prosegue Alice – e si sta modificando il modo di usarlo. Anche perché, di mezzo, ci sono spesso anche contatti legati al mondo del lavoro, magari superiori e così via. Quindi al momento ne faccio un uso sempre meno privato: due foto di vacanze, gatti e qualche considerazione di politica. A parte la questione parolacce: ne uso tantissime, ma chi mi conosce dal vivo lo sa perfettamente – scherza -. Se osservo i miei post di 7 o 8 anni fa, più che imbarazzanti li trovo ingenui. Un po’ come l’uso che ne fanno adesso le persone più anziane, dell’età dei miei genitori. I giovani ormai disertano Facebook e se devo essere sincera, il passato è il passato: qualche faccia buffa, molte analisi politiche sbagliate. Ma se uno non porta maschere nella realtà, davanti ai propri figli, non ha nulla di cui vergognarsi attraverso il filtro dei social”.

Chiara, la psicologa (che i social li conosce bene)

La trasparenza e la sincerità sono i due ingredienti per la ricetta ideale individuata anche da chi certi fenomeni li osserva e li studia per mestiere. “Ultimamente, sul tema dei social network e delle nuove generazioni, si sente dire moltissimo. Soprattutto nella chiave della lotta al cyberbullismo. Ma ci sono molti più aspetti da affrontare”, spiega Chiara Caiazzo, psicologa clinica che presso lo Studio Maya si occupa di consulenza e sostegno psicologico individuale, di coppia e familiare. “La società sta mutando e, con lei, si modificano pure situazioni che finiscono per coinvolgere la sfera famigliare, le dinamiche interne e la percezione di compiti e ruoli. Partendo da un presupposto: anche se i genitori sono attivi sui social e ritengono di esserlo in modo consapevole, bisogna tenere presente che anche i bambini diventano utenti molto presto, ma sono più esposti e sensibili a livello psicologico”.
“Nella società di oggi – prosegue – in cui modelli educativi sono cambiati (numerosi studi si occupano del passaggio dal modello educativo classico del “Devi obbedire” al modello narcisistico, basato sull’individuo, il cui imperativo sembra essere “Devi avere successo”), la situazione si è fatta più complessa e le mamme e i papà devono trovare nuove strade per gestire maggiori impegni, minor tempo e il pericolo che si crei una distanza emotiva troppo marcata dai propri figli. Quel che è sempre più presente nella vita dei bambini e degli adolescenti è il web, nelle sue mille sfaccettature, l’uso dei social per raccontarsi e aspettative troppo elevate sulla propria capacità di essere amati e popolari tra i coetanei”.
Ecco perché, con i nostri figli di fronte a uno schermo, l’imperativo è aprirsi, partecipare, coinvolgere e farsi coinvolgere. “Per quanto riguarda la vita social dei genitori stessi, per limitare sul nascere qualunque imbarazzo, magari nato dalla segnalazione non del bambino stesso, ma di un suo amico che potrebbe prenderlo in giro per foto o post passati dei suoi genitori, il dialogo e la condivisone sono molto importanti.
Raccontare, far comprendere il contesto di quel post o quella foto non significa perdere di autorevolezza, anzi: denota un grande impegno nel voler stabilire un contatto con loro, che verrà di sicuro apprezzato (anche dagli adolescenti più reticenti). Si scoprirà, inoltre, che i bambini e gli adolescenti sanno essere molto più obiettivi e comprensivi di quanto gli adulti siano con se stessi, perché il filtro attraverso cui guardano la realtà è differente dal nostro e meno carico di pregiudizio, vale la pena conoscerlo”.

Quali sono gli aspetti imbarazzanti della vita passata di un genitore che potrebbero mettere i nostri figli in difficoltà?

Lo spettro può essere ampio: dalle foto di ex fidanzati o fidanzate a feste a cui si è partecipato un po’ troppo “allegri” e via dicendo. “Non si può tornare indietro nel tempo: il passato però si può raccontare e si possono dare ai propri figli strumenti per capire e valutare. E’ molto meglio essere disponibili a ricevere qualunque tipo di domanda, senza negarsi o creare segreti non necessari. Anzi, non dobbiamo trascurare gli aspetti positivi del raccontarsi, che rendono possibile la vicinanza e la richiesta di un consiglio, o di un aiuto, nel momento in cui c’è una difficoltà. La consapevolezza del proprio essere umani, unita al coinvolgimento e al cosciente utilizzo del web, giocano a favore di un’autorevolezza che, seppur diversa da quella delle generazioni precedenti, permette ai figli di sentire presenza e spalle forti. Questo diventa anche il modo migliore per proteggerli”.

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