Il coraggio di sfidare i propri limiti nonostante la disabilità

da | 3 Dic, 2021 | Lifestyle, Persone

Papà di due gemelle e paraplegico a causa di un incidente, Alessandro porta avanti il progetto NoLimits, per sensibilizzare sul tema della disabilità all’insegna di libertà e autonomia

Ritrovarsi paraplegico a 26 anni, vivere in ospedale per un anno, prepararsi ad affrontare una nuova vita, e infine diventare papà: è la storia di Alessandro, costretto in sedia a rotelle da 13 anni.

Attraverso il progetto NoLimits, nato da una riflessione sulla propria condizione, Alessandro porta avanti un’idea di normalizzazione della disabilità, per liberarsi dell’idea diffusa di una assistenza esterna costante. Un nuovo punto di vista per spingere il cambiamento di società e infrastrutture, perché vivere in autonomia è possibile.

L’ultimo ricordo

Tra le tante passioni che condividono Alessandro e Ornella, la sua fidanzata, c’è la motocicletta. “Era il 2009 e organizzavo, nel tempo libero, raduni di mototurismo – racconta -.

La destinazione erano le Gole del Verdon, in Francia, ci sono andato da solo perché Ornella non poteva venire. Ricordo di essere arrivato in cima alla montagna e di aver visto, sotto di me, lo smeraldo del fiume in fondo alla vallata e un panorama mozzafiato.

È l’ultimo ricordo che ho. Insieme al gruppo di motociclisti abbiamo continuato lungo la strada, andavamo piano per ammirare il paesaggio. Avevo un po’ di mal di testa e all’improvviso ho avuto un malore: i compagni che mi seguivano hanno visto il mio corpo accasciarsi sulla moto. Ho scoperto poi, nei mesi successivi, di essere molto anemico e avere problemi di pressione, soprattutto in alta quota. Sono svenuto e rimasto ancorato alla moto che ha trascinato il mio corpo contro una parete rocciosa”.

Anche nella sfortuna possono accadere i miracoli: dall’altro lato della strada una macchina si è fermata a soccorrere Alessandro.. A bordo c’era un medico che lo ha rianimato fino all’arrivo dell’elisoccorso. “Avevo il sangue nei polmoni e senza il suo intervento sarei sicuramente morto. Purtroppo, non so chi sia e non posso ringraziarlo, ma sarò sempre grato a questa persona che mi ha tenuto aggrappato alla vita”.

Una lunga degenza

Alessandro trascorre due mesi in un ospedale francese, di cui uno passato in coma. L’intervento più urgente avviene a livello polmonare e solo in un secondo momento i medici scoprono i danni permanenti alla spina dorsale, provocati dall’urto. Una lesione irreversibile che gli impedisce il movimento dalle spalle in giù.

“Dopo due mesi in Francia sono stato trasportato finalmente in Italia dove ho trascorso quasi un anno in ospedale. Lì è iniziata la riabilitazione che consisteva soprattutto nel rimettermi in pista e abituarmi a gestire la nuova vita, in cui tutto, per forza di cose, era cambiato. All’inizio è stata dura, ma da subito avevo un punto fisso in testa: non rinunciare ai miei sogni.

Certo, avrei potuto fare meno cose, ma avrei cercato in ogni caso di fare ciò che volevo nella vita, senza mettermi, a priori, limiti dettati dalla mia condizione”

Papà al quadrato

Tra le gioie a cui Alessandro non vuole rinunciare c’è quella di diventare papà. “Sulla paternità non ho mai avuto dubbi. Ornella e io volevamo dei figli e non avevo nessuna intenzione di rinunciarci. Le bimbe sono nate nell’agosto 2014, grazie alla fecondazione assistita. Due gemelle, Irene e Giada, la cosa più bella della mia vita.

Come per ogni famiglia, avere due gemelli è stato impegnativo. “Non avevamo aiuti e i primi anni sono stati davvero faticosi: notti insonni per cullare una bambina a testa. Oggi hanno 7 anni e averne due è sicuramente un gran vantaggio: sono autonome e trascorrono tanto tempo insieme, anche se a volte si coalizzano!

Per loro il fatto che io non possa camminare è una condizione che esiste da sempre: raccontano agli altri bimbi del mio incidente come fosse una cosa normale. La vivono serenamente, forse perché ho cercato di non rinunciare a nulla, portarle ovunque e mostrare che la disabilità non impone limiti a loro e neanche a me”.

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Gli accessori giusti

Alessandro e Ornella vivono in una casa con giardino al piano terreno, in cui l’accesso non ha barriere architettoniche. “Abbiamo modificato l’arredamento sulla base delle mie esigenze. Mi piace cucinare e mi occupo quasi sempre io della preparazione dei pasti. La nostra cucina non ha pensili sotto il lavello e sotto i fornelli, ma uno spazio vuoto.

Questo mi permette di entrare con la carrozzina e lavorare comodamente. Il resto dei mobili sono normali, cerchiamo solo di tenere le cose di uso quotidiano nei pensili più bassi. Il mio guardaroba invece, è un appendiabiti scorrevole della giusta altezza che mi permette di prendere ciò che mi serve”.

Per muoversi Alessandro usa prevalentemente l’auto con guida manuale, che ha in più degli optional molto utili, come il pulsante per aprire elettricamente le porte posteriori e far salire le bimbe.

“Davvero indispensabile è il verricello che mi carica la carrozzina una volta che sono salito e l’ho piegata per poi estrarla nuovamente quando devo scendere. Questo mi permette di andare ovunque da solo: per lavoro mi capita infatti di spostarmi in altre città, anche a diverse ore di auto da casa. Riesco ad andarci senza accompagnamento, ovviamente soggiornando in strutture che mi garantiscono la completa autonomia”.

Disabilità = lotta per l’autonomia

Oggi, l’approccio alla disabilità sta cambiando: non per forza assistenza esterna, ma soprattutto condizioni che permettono l’autonomia.

“Sin dall’inizio, nella mia relazione c’è stato un punto fermo: mia moglie non avrebbe dovuto essere la mia badante.

Per questo motivo, non solo ho cercato di organizzarmi per essere autonomo, ma anche di attrezzarmi per garantire il mio ruolo attivo nella famiglia: fare la spesa, cucinare e occuparmi delle bambine. Non ho mai voluto privare loro o me di una vita il più possibile normale, né rinunciare a vedere il mondo e viaggiare.

Purtroppo, però, fuori di casa ci siamo spesso scontrati con la realtà: sono pochi i luoghi che mi permettono di essere autonomo al 100%. Oggi, prima di partire per un viaggio chiedo di inviarmi la foto del bagno: anche se dichiarano di essere attrezzati per i disabili non significa che un disabile possa soggiornare da solo. Magari c’è il maniglione in bagno ma la carrozzina non passa dalla porta, o viceversa”.

A volte basterebbe poco per dotarsi di tutto ciò che è necessario per garantire l’autonomia. Spesso il problema non è delle strutture ma della normativa, non ancora aggiornata alle esigenze delle persone disabili di oggi e ancorata all’immagine del disabile accompagnato da una figura assistenziale.

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L’avventura di No Limits

L’idea nasce dal bagno e dai sanitari: il luogo in cui abbiamo bisogno di privacy e in cui chiunque vorrebbe accedere da solo.

“Ho lanciato il progetto NoLimits per lavorare nella direzione di una maggiore accessibilità e sensibilizzare sul tema della disabilità come condizione che non per forza ostacola l’indipendenza. Sono partito dal problema del WC e dell’igiene intima brevettando un rialzo applicabile a qualsiasi water, che permette alle persone, anziani o con disabilità, di adattare il vaso alzando la seduta e permettendo di provvedere da soli alla propria igiene intima.

L’alza-WC è stato registrato come dispositivo medico in grado di agevolare l’autonomia e l’indipendenza alle persone con disabilità che, se prescritto dal fisiatra, può esser rimborsabile dal servizio sanitario”.

Oggi il progetto di NoLimits sta crescendo e, grazie al sostegno ricevuto dall’Unità spinale di Torino, le novità introdotte da Alessandro sono presentate ad altre grandi Unità Spinali d’Italia. “Ma NoLimits non cerca solo soluzioni pratiche: vuole abbattere le barriere, sia fisiche che mentali, offrendo consulenza alle imprese che desiderano muoversi in questa direzione”.

Due bambine con un super papà

“Da sempre, quando le bambine non hanno voglia di camminare, si siedono sulle mie gambe e andiamo in tre sulla carrozzina grazie a una ruota elettrica che aggancio anteriormente e trasforma il mio mezzo in una specie di bicicletta.

Oggi hanno 7 anni e sono cresciute, quindi quando si siedono in braccio io non vedo più la strada e sono loro a dirmi dove girare e come evitare le buche! Quando vedono gli altri papà che fanno sport con i figli, come nuoto o bici, sono un po’ tristi: ma sanno che la mia disabilità non è un impedimento, possiamo andare ovunque perché così abbiamo sempre fatto.

Le portavo in montagna da solo da quando hanno tre anni, le cambiavo e cucinavo per loro. L’anno scorso siamo anche riusciti ad andare senza la mamma (che lavorava) in campeggio con un amico che non ha figli!”

Di fronte a questa nuova esperienza Alessandro era titubante, ma ha affittato un bungalow ed è stata una vacanza bellissima. “Siamo anche andati una giornata intera a Mirabilandia: vedere la gioia negli occhi delle mie figlie è stata un’emozione indescrivibile.

Al ritorno, per la prima volta, mi hanno detto ‘Papà, certo che tu sei davvero coraggioso!’. In fondo sono loro il mio coraggio, ed è per loro che vale davvero la pena andare oltre i propri limiti”.

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