Le equilibriste: fotografia delle mamme ai tempi del Coronavirus

da | 2 Giu, 2020 | Lifestyle

Il nuovo rapporto di Save the Children in collaborazione con ISTAT disegna un quadro della situazione femminile in questi mesi di pandemia, tra difficoltà, paure e disuguaglianze, ma fa emergere anche proposte che servirebbero a migliorare il nostro futuro

Il Documento Le equilibriste-la Maternità in Italia nel 2020, ha integrato le conseguenze di un periodo di emergenza sulla situazione lavorativa femminile nel nostro paese. Eppure il Covid 19 non è l’unica causa, ma piuttosto la mancanza di misure a sostegno delle famiglie stabili nel tempo.

La maternità: i dubbi e l’isolamento delle neomamme

La maternità, per la maggior parte delle donne, è un periodo bellissimo ma spesso dettato da dubbi, ansie, preoccupazioni.  Nel 2019 sono nati circa 435 mila bambini.

Mantenendo questo dato, significa che anche nel 2020 abbiamo avuto 36 mila nascite in media al mese, ovvero 70 mila durante il lock down.

Mamme e neomamme che hanno avuto difficoltà ad avere informazioni chiare sulla trasmissione del virus, sui pericoli del contagio, l’allattamento, la possibilità o meno di poter stare con il neonato in caso di positività al Coronavirus.

Per questa ragione è emersa l’esigenza, da parte dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) di istituire un gruppo di lavoro che include neonatologi, pediatri, ginecologi e ostetriche.

Il fine è fine di esaminare e divulgare gli aggiornamenti disponibili e i lavori di ricerca che affrontano il tema della trasmissione dell’infezione.

Inoltre sono tante le donne che non hanno vissuto come dovrebbero il periodo della maternità. Questo è dovuto da forti preoccupazioni correlate alla riduzione del reddito familiare, ma anche preoccupazioni legate alla routine di assistenza e cura.

Gli ambulatori erano chiusi, così come i centri di accompagnamento alla nascita e di diagnostica pubblica.

Gli ambienti sanitari (sale parto, sale d’attesa, ambulatori, corsie) sono ancora oggi vincolati a protocolli che escludono o limitano la presenza di eventuali accompagnatori.

Molte neomamme si sono sentite sole davanti all’evento della nascita, il quale può avere già da sé complicazioni quali il disagio perinatale o la depressione post partum.

Le donne hanno lavorato di più

Le donne hanno lavorato più dei papà. Questo è quanto dichiarato in un altro report dei Consulenti del Lavoro, che ha analizzato il carico di lavoro in un target di genitori di bambini e ragazzi con meno di 15 anni.

I primi provvedimenti presi dal Governo con il Decreto Cura Italia hanno interessato oltre 5 milioni di italiani.  Tra questi i genitori single sono quelli che si sono trovati in maggiore difficoltà, che affrontano in contemporanea l’emergenza lavorativa e quella familiare.

Di questi la maggioranza è rappresentata da donne, 302 mila mamme (a fronte di 47 mila papà) che devono gestire lavoro e cura dei figli da sole.

Il carico di lavoro domestico aumenta

In questo periodo per 3 mamme su 4 (74,1%) il carico di lavoro domestico è aumentato, sia per l’accudimento di figli,  anziani, persone non autosufficienti, sia per le attività quotidiane di lavoro casalingo (spesa, preparazione pasti, pulizie di casa, lavatrici, stirare).

Il carico è aumentato molto per il 43,9% delle mamme, poco per il 30,2%. 

Per una mamma su cinque, la situazione di emergenza ha rappresentato un’occasione per riequilibrare la ripartizione del lavoro di cura e domestico.  

Ma per la metà delle mamme purtroppo invece la situazione non è migliorata o è addirittura peggiorata.

Il 21,4% delle mamme intervistate ha ancora il carico di lavoro prevalente in casa, per il 19,4% delle mamme il carico di lavoro si è aggravato e per un ulteriore 6,9% è molto peggiorato, per cui “ora pesa tutto sulle mie spalle”.

Cosa pesa alle mamme

Le principali preoccupazioni che le mamme stanno vivendo nella fase attuale sono legate lontananza dai propri affetti (nel 21,7% dei casi).

Seguono le limitazioni di attività legate al benessere personale (15,4%) e il peso di lavoro di cura dei  gli minori (14%).

Questi tre aspetti prevalgono addirittura sull’isolamento forzato (13,9%) e sulla paura del contagio (11,3%).

In una prospettiva di medio termine, le madri intervistate hanno dichiarato di aver bisogno di un supporto economico (66,6%) e di un supporto psicologico (12,9%).

Purtroppo, anche se non emerge dai questionari, i centri anti-violenza hanno registrato un aumento della violenza domestica.

Se buona parte delle madri intervistate (82,4%) non denuncia situazioni di violenza domestica, quasi una su venti (4,6%) sta vivendo episodi di violenza. Fa riflettere il 13% di madri intervistate che lascia questa casella vuota.

Lo Smart working è più pesante per le donne

Lo smart- working è una modalità di lavoro ancora poco diffusa in Italia, ma rivelatasi provvidenziale in questo momento di emergenza. 

La media europea, come di consueto, nasconde le grandi differenze da Paese a Paese. Mentre nei Paesi del Nord Europa è una realtà quasi per una lavoratrice su quattro, in Italia si registrava la percentuale più bassa, con una quota di smart worker tra le dipendenti di appena il 2,2% del totale. 

Attualmente in Italia il 44,4% delle donne prosegue il lavoro da casa in smart working. Tra queste, solo il 25,3% ha a disposizione una stanza separata e quasi la metà (42,8%) condivide lo spazio di lavoro con i familiari. 

L’ultimo rapporto della CGIL rileva che “per le donne, questa modalità di lavoro è più pesante, alienata, complicata e stressante”, mentre per gli uomini il lavoro agile è indifferente al lavoro tradizionale o più stimolante.

Nell’emergenza sarà interessante valutare se questo impegno spingerà donne e uomini a negoziare la condivisione dei carichi di cura e muoversi verso un riequilibrio dei ruoli domestici.

La fase 2 per le mamme equilibriste 

La conciliazione dei tempi di vita e di lavoro sembra davvero un problema secondario nel disegno di ripartenza post-CV eppure è al centro della vita e della sopravvivenza di molte famiglie.

Per organizzare la ripartenza bisogna pensare che tantissime sono le variabili in gioco per ritrovare un equilibrio tra il lavoro delle persone e le esigenze dei bambini – come il diritto alla cura, il diritto allo studio, alla socialità.

Questo implica la formulazione di un pensiero strategico e complesso di medio periodo e non si fermi al presente.

Le misure introdotte in marzo con il Decreto “Cura Italia” hanno cercato di tamponare la situazione ma in pratica hanno riguardato una platea alquanto ridotta di genitori lavoratori. 

Moltissime donne con lavori precari, intermittenti, freelance, occasionali e nel sommerso rischiano di essere le vittime economiche del Covid-19. 

Si teme un forte impoverimento delle famiglie, anche per coloro che hanno beneficiato degli aiuti.

In ogni caso, bisogna considerare che sono più di due milioni le donne – pilastro del welfare che sopperisce alle carenze del welfare pubblico – a maggior rischio di esclusione sociale che resteranno escluse da queste misure. 

Per le donne che hanno ‘la fortuna’ di rientrare al lavoro, mancherà il supporto dei nonni, che devono essere protetti dal rischio contagio, la scuola e senza servizi educativi per la prima infanzia. Chi può, chiede una riduzione di orario o del carico di lavoro, vedendo sfumare le proprie  professionalità per anteporre una maternità totalizzante. 

Ripensare le politiche per le famiglie

Già prima della Pandemia Covid-19 l’Italia non era riuscita a mettere in campo politiche pubbliche e all’altezza delle sfide poste dalle trasformazioni demografiche e dalle necessità di conciliazione tra lavoro e famiglie.

Nel nostro paese diventare madri continua ad imporre pesanti penalizzazioni. Il numero medio di figli per donna rimane ai livelli più bassi d’Europa, così come i dati relativi all’occupazione femminile. 

Le misure a favore delle famiglie e dell’infanzia sono occasionali e disorganiche, mentre dovrebbero essere stabili nel tempo e integrati sia sul piano economico che rispetto ai servizi dedicati alla cura, all’educazione e alla socialità dei bambini.

Benché tutti gli studi mostrino l’importanza, in Italia i servizi educativi per la primissima infanzia (0-3 anni) hanno ancora livelli di copertura molto bassi e costi che rischiano di renderli inaccessibili per molte famiglie di ceto medio. 

L’Alleanza per l’infanzia ribadisce che 3 sono le linee da sviluppare: sostegno economico nella prospettiva dell’assegno unico, conciliazione famiglia-lavoro nella prospettiva di un riequilibrio di genere e i diritti educativi e alle pari opportunità di crescita di bambini e ragazzi.

Per quanto riguarda i diritti educativi, si ribadisce l’importanza di ricreare il prima possibile opportunità educative e di socializzazione sul territorio per i bambini e ragazzi.

Con una modalità che prevede micro-gruppi, attività all’aperto o al chiuso che rispettino il distanziamento fisico, con chiari protocolli sanitari. Attendere settembre per fare ciò non è concepibile.

La prospettiva di riequilibrio di genere infine è il punto chiave del carico di lavoro eccessivo che hanno visto le donne in questo difficile periodo. Il divario di genere persiste maggiormente nei paesi (dell’Europa meridionale e orientale) dove le politiche sono basate sul “modello dell’uomo-breadwinner”.

Fino a quando ci sarà una prevalenza di misure solo a sostegno della maternità senza favorire la scelta delle madri di partecipare al mercato del lavoro, e senza senza promuovere una cultura che dia valore al ruolo e al coinvolgimento dei padri, non ci saranno progressi significativi.

Leggi anche –> Decreto Rilancio: ecco gli aiuti alle famiglie

 

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