Partorire con il gas esilarante

da | 15 Set, 2020 | Lifestyle, Salute e Benessere

Il protossido di azoto, noto come gas esilarante, si usa per partorire con una modalità indolore, senza perdere coscienza

I racconti del parto si dividono in due categorie: ci sono quelli belli nonostante il dolore, con emozioni forti e piccoli dettagli. E poi ci sono i racconti di un trauma nato insieme al neonato. Sempre di più le donne in gravidanza si preparano ad accogliere il dolore del parto, a dargli un significato, a trovare gli strumenti per alleviarlo. La voce, le posizioni, il ballo, l’ambiente familiare, la musica e gli odori sono di aiuto. Poi c’è l’analgesia. L’epidurale è la soluzione più conosciuta, non solo per i vantaggi ma anche per alcuni suoi limiti. Poche donne conoscono invece l’anestetico inalatorio noto come gas esilarante: il protossido d’azoto.

Meno dolore inalando il gas

Il protossido d’azoto viene miscelato in parti uguali con l’ossigeno e, inalato, agisce sul sistema nervoso centrale stimolando la produzione di endorfine.

Ha un effetto analgesico, ansiolitico e lievemente euforizzante. In Italia è autorizzato dal 2012 per uso ospedaliero. Viene utilizzato in pediatria e in alcuni reparti di ostetricia per alleviare il dolore delle partorienti durante il travaglio e il parto. La donna rimane sveglia e cosciente per tutto il tempo e mantiene il contatto con il suo corpo e con il bambino. Non ci sono effetti collaterali o rischi, né per la mamma né per il bambino, poiché il gas non viene metabolizzato, per questo motivo il suo utilizzo può essere prolungato anche per ore. 

Cosa dice l’esperto

L’Istituto Clinico Città di Brescia (ospedale privato convenzionato del Gruppo San Donato) è stato uno dei primi centri in Italia, nel 2016, a introdurre il protossido d’azoto nelle sale parto, da poco spostate presso l’Istituto Clinico Sant’Anna, sempre a Brescia. 

Il dottor Carlo Gastaldi, responsabile dell’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, da anni crede nell’efficacia di questo analgesico: “Lo consigliamo moltissimo – commenta – perché rilassa la donna ma garantisce una partecipazione concentrata. L’effetto è rapido e svanisce in tempi brevi, ma soprattutto la mamma è autonoma nella gestione dell’inalazione, che è di quelle definite on-demand”. Durante il prericovero, che avviene dopo la 35esima settimana di gravidanza, alla donna viene presentata la possibilità di effettuare l’epidurale o di inalare il gas, solitamente utilizzati a staffetta, con il gas subito e l’epidurale in un secondo momento. 

“La partoriente – spiega il dottor Gastaldi – può decidere quando azionare la valvola che regola il fluire del gas nella mascherina posizionata su naso e bocca, oppure può togliere la mascherina e inalare direttamente dal tubo. La sensazione di benessere è immediata, ma raggiunge il suo apice a tre minuti dall’inalazione. La futura mamma in poco tempo impara ad ascoltare le sue contrazioni e a inalare il gas in modo autonomo e mirato, anticipando l’arrivo del dolore più forte”.

Il gas in Italia

Il protossido d’azoto, o gas esilarante, viene utilizzato molto nel Nord Europa, nel 50% dei parti nel Regno Unito, nel 60% in Canada, Australia e Stati Uniti (a fronte del 30% delle donne che chiede l’epidurale). In Italia sono ancora pochi i centri che lo propongono alle partorienti, circa 90, principalmente al Nord. 

“Quando abbiamo lanciato il servizio nel nostro centro di Brescia – ricorda Gastaldi – la domanda è stata altissima. Col tempo sono diminuite le donne che lo utilizzano in travaglio, con una media del 40%”.

I motivi? “Sono principalmente due. Da una parte è una questione culturale, per cui alcune donne, soprattutto di origini extraeuropee, rifiutano l’analgesia. La vecchia scuola di ostetricia non approva il parto in analgesia, valorizzando invece il dolore come processo fisiologico. Le nuove ostetriche hanno un approccio diverso, per questo nei reparti più giovani c’è una diversa apertura agli antidolorifici. Poi c’è la questione economica: il gas ha un costo e spesso bisogna lottare con le amministrazioni per l’acquisto”.

L’esperienza di chi lo ha usato

Valentina ha 34 anni e un figlio che compie un anno il prossimo 21 luglio, nato in Svezia con il gas. “Vivo da due anni e mezzo a Luleå, un piccolo paesino del Nord. Sono arrivata qui dopo aver vissuto in Francia, Inghilterra, Svizzera e Germania e siamo di nuovo prossimi al trasferimento. Lavoravo nel cinema ma da qualche tempo mi sono riconvertita in cucina e oggi sono chef di professione”.

In Svezia il sistema sanitario è molto diverso da quello italiano. Per esempio, non esiste il medico di base, ma si ha un ospedale di riferimento dove andare in caso di bisogno. Quando una donna scopre di essere incinta, l’ospedale le affida una ostetrica che seguirà tutta la gravidanza, una pratica che in Italia fa ancora tanta fatica ad essere riconosciuta”.

L’ostetrica prima di tutto

In Svezia è l’ostetrica che segue la gravidanza, il parto e anche i primi mesi di vita del bambino; il ginecologo e il pediatra intervengono solo se necessario. L’ostetrica cui ci si affida è quella di turno in ospedale.

“Le visite sono molte – racconta Valentina – e si è seguite molto bene. Come in numerosi altri casi, la Svezia approccia la gravidanza in modo poco interventista: non si fanno le ecografie di accrescimento, per esempio, ma l’ostetrica misura la pancia con il metro. All’inizio ero perplessa, poi mi sono informata e ho capito che era solo un metodo meno caro e meno invasivo, ma altrettanto valido”.

Scegliere il parto

Verso il settimo mese di gravidanza, l’ostetrica inizia a parlare di parto, chiede quali sono le paure, illustra le opzioni disponibili, i protocolli della struttura. “Nella mia piccola cittadina – continua Valentina – non era possibile partorire in casa e neanche in vasca, ma sono sicura che negli ospedali più grandi sia possibile.

Il gas è un analgesico messo a disposizione di tutte, ormai affermato, presentato dall’ostetrica come una possibilità di gestione del dolore al pari di altre. A differenza dell’Italia, per l’epidurale non è necessario parlare con un anestesista in fase preliminare, ma viene valutato dall’ostetrica durante il travaglio, a seconda della situazione”.

Fisiologia sempre

“La grande differenza con la medicina italiana è che in Svezia non credono alle malattie e l’approccio è sempre fisiologico. Il taglio del cordone è ritardato, è favorito il contatto pelle a pelle nelle prime ore, gli esami si fanno solo se necessari e solo sulla mamma. Questo modo di partorire non è da chiedere, perché in Svezia è così di protocollo. Io ho partorito alle 9.30 e mi hanno messo subito il bambino sul petto.

Ci hanno portato un’abbondante colazione e poi ci hanno lasciato da soli, mio marito, il bambino e io, per ore. Alle 13 mi hanno chiamato per farmi fare una doccia, mentre mio marito e mio figlio mi aspettavano in stanza”.

Il dolore del parto

“Cosa mi aspettavo dal parto? Tanto, ma non questo. Ovviamente mi sono informata prima; i corsi qui erano in lingua svedese, così ho optato per un corso di hypnobirthing in inglese e online. Alla base c’era prevalentemente l’empowerment della donna. Mai e poi mai avrei immaginato che il dolore fosse così forte. Ho avuto subito contrazioni potenti e molto concentrate e pensavo che avrei partorito in pochissimo tempo. Invece – ride Valentina – ricordo la faccia perplessa dell’ostetrica quando le ho chiesto se ero a buon punto, cercando conferma del fatto che quello fosse il dolore più acuto che avrei provato”. 

Sopportare il dolore con lucidità

“Alla fine il mio travaglio è durato tre giorni e il gas esilarante è stato indispensabile. Dopo tutte quelle ore di contrazioni ho chiesto persino l’epidurale, anche se avevo cercato di evitarla con tutta me stessa. Ma l’epidurale non ha fatto effetto. Per questo dico che senza gas non so come avrei potuto resistere e che mai più potrei partorire senza”. 

Il gas esilarante, a differenza dell’epidurale, è subito a disposizione della futura mamma, che può gestirlo in modo autonomo. “Credo che il gas esilarante sia uno strumento molto facile e rapido, che però bisogna imparare a gestire: prenderne troppo toglie il dolore ma deconcentra, in un momento in cui è importantissimo essere presenti.

Si capisce in fretta come e quando respirarlo. Aiuta tantissimo nei momenti di stanchezza e di dolore ma non toglie la lucidità, l’ascolto e la coscienza. Diciamo che alleggerisce”.

Il senso di responsabilità

L’inalazione di protossido d’azoto miscelato all’ossigeno non comporta rischi particolari, ma forse per capire perché viene proposto così poco bisogna fare un passo indietro e guardare all’aspetto sociale. “Io avevo la mascherina di gas con l‘inalatore a portata di mano e ne ho fatto uso per tutto il travaglio, anche nelle visite preliminari e di controllo, ma mai in quelle ore mi sono sentita giudicata come una tossica strafatta in cerca di droga per superare il male.

In Svezia, culturalmente, c’è un grande rispetto e una forma di responsabilizzazione e fiducia che copre tutti gli aspetti della persona. Si parte dal presupposto che la donna sappia quando usare il gas esilarante, senza abusarne, in totale autocontrollo.

Questo consente di offrire liberamente alle persone anche strumenti che in altri paesi sono tenuti sotto chiave”.

Gli strumenti per il dolore

“Non bisogna fare terrorismo, ma secondo me bisogna dire alle donne che si prova molto dolore durante il parto. Io ero forse un po’ impreparata e avrei preferito che qualcuno me lo avesse detto con più chiarezza. Ci sono tanti strumenti, non solo analgesici, per sentire meno male: la voce, il respiro, un partner solido e informato che ti sta vicino.

Strumenti che consentono di provare quel dolore per  attraversarlo”. Perché quel dolore ha un senso e va vissuto per distaccarsi da una fase di simbiosi anche fisica e per accogliere una nuova vita al di fuori di sé. 

“Durante il parto ho dichiarato a mio marito che mai più avrei voluto ripetere questa esperienza; adesso invece stiamo pensando al secondo figlio e io credo che mi piacerebbe averne quattro. A pensarci, ci sono stati dei momenti molto divertenti, sicuramente di grande unione per la coppia.

Per esempio – ricorda Valentina sospirando, con le risate del marito di sottofondo – quando piangendo cantavo la playlist revival di canzoni italiane che mi ero preparata. E devo ammettere di aver avuto pure qualche allucinazione”. Ma quello non era il gas.

Era il viaggio del travaglio e del parto, che, per le donne che si consentono di viverlo appieno, pare essere uno dei viaggi extrasensoriali più grandi di sempre.

Leggi anche –> Vbac: il parto naturale dopo un cesareo

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