Ribelli per crescere

da | 26 Nov, 2015 | Lifestyle

La mia bimba ha quasi 4 anni, li compirà a gennaio. È la primogenita e ha una sorellina di due anni. È una bambina amatissima da tutti, nonni e genitori. Ha un carattere molto forte, che ha sempre dimostrato ma che ora si sta trasformando in una serie di ribellioni ingestibili: in generale, ha problemi con l’autorità. Non solo non le incuto timore, ma neanche mi rispetta. Quando riesco la ignoro e la lascio sfogare, ma non sempre posso permettermi questo lusso. Ad esempio, la doccia è una tragedia di proporzioni epiche: grida, disperazione, tentativi di fuga. Sudo freddo ogni volta che devo lavarla e cerco di stare calma, di parlarle per tutto il tempo, di mantenere il contatto, ma è inutile. Appena chiudo il rubinetto dell’acqua, come per magia, silenzio totale.

E poi non riesco a farle chiedere scusa. L’altro giorno in bagno mentre la lavavo mi ha risposto veramente male; le ho detto: ‘Se non mi chiedi scusa non ti faccio uscire dalla vasca’. È stata per più di venti minuti, venti minuti reali, dentro la vasca, bagnata con solo l’accappatoio a gridare e urlare ‘mamma fammi uscire!’ piuttosto che chiedermi scusa. Le ho spiegato che era stata maleducata e la maleducazione non era accettata, ma niente. Un testa a testa che mi ha sfibrata. Stavo per cedere ma ho pensato che non potevo perdere questa battaglia. Era così stanca alla fine che mi ha detto, ‘va bene, va bene, scusa’. Sussurrato. E l’ho tirata fuori. L’ho asciugata, vestita e messa a letto. Quella notte ha fatto la pipì a letto. Un mare di pipì. Era completamente zuppa. Le ho tolto il pannolino da tantissimo, ormai quasi due anni: non ho potuto non vedere un collegamento tra i due eventi.

Questi sono chiaramente episodi, perché quando è tranquilla è dolcissima, affettuosa, cerca il contatto fisico, vuole che la abbracci, che la accarezzi, che la coccoli. Ma come faccio a trasmetterle un senso di autorevolezza? io non voglio essere la madre che grida o picchia, non voglio essere una mamma isterica, ma in certi momenti mi rendo conto di esserlo, mi guardo da fuori e non mi riconosco e allora mi calmo. E mi chiedo come fare a stabilire un equilibrio senza queste scenate. Grazie, Annalisa

Cara Annalisa, da un punto di vista generale, non dobbiamo dimenticare che la ribellione dei figli, se pure ci spiazza e ci spaventa, è un fenomeno naturale e necessario. Affinché possano diventare grandi, sviluppare la loro identità e trovare il loro modo di essere devono trovare i nostri difetti, contestare i nostri valori, attaccarci nei nostri punti deboli per poi, solo in seguito, recuperare gli aspetti positivi del nostro stile genitoriale. Ciò che è curioso è che quanto più è grande l’affetto per noi, tanto più dovranno “attaccare il legame” per diventare individui autonomi.

Questa ricerca dell’autonomia passa attraverso diverse modalità a seconda dell’età, del temperamento e della situazione familiare del bambino: ci sono casi in cui diventa violento, altri in cui è l’attacco verbale a prevalere – ci risponde male – oppure se più grande utilizza modalità di evitamento chiudendosi in camera – e altri in cui protesta con dei disagi psicosomatici o malattie. Quelli di tua figlia sono sfoghi che potrebbero assomigliare alle manifestazioni comportamentali dei bambini nella “fase dei capricci”. Forse però in questo caso c’è di più. Attraverso questi atteggiamenti dirompenti la bambina chiede attenzioni esclusive – non dimentichiamo che l’arrivo della sorellina ha tolto questa esclusività -, chiede di essere vista nella sua unicità e diversità.

Spesso sono i figli di un genitore che da bambino era il bravo bambino, “che dove lo metti sta…”, cresciuto in una famiglia dove l’aggressività è considerata una cosa da persone “cattive”. È possibile ad esempio che se lei ha qualche difficoltà nel gestire la propria aggressività, la bambina gliela mostri e la provochi, così da vedere quanto la mamma regge e quanto può amarla anche se si ribella. È come se con la sua prepotenza e aggressività mettesse il dito nella piaga delle debolezze dell’adulto per interiorizzare meglio una risposta modulata e corretta agli impeti di rabbia che ha dentro.

In questi casi, più che spiegare o reagire con un comportamento controprovocatorio è bene rispecchiare il comportamento del bambino verbalizzando l’emozione in gioco, mantenere il contatto oculare e ricorrere se è opportuno a un fermo fisico. Di fronte a una scenata della bambina è utile dire: “Vedo che sei molto arrabbiata, ti capisco, ora però dobbiamo andare”. Occorre comprensione ma fermezza accanto alla possibilità di ritagliarsi dei momenti dove siete solo voi due così da farle sentire “io ci sono sempre e comunque, sia che tu sia brava sia che tu sia aggressiva, triste, paurosa”.
In questi casi è inoltre opportuno sottolineare maggiormente l’autorevolezza e il ruolo della figura paterna, per evitare che la mamma assuma le vesti della “strega cattiva” all’interno del nucleo familiare. La frase di una volta: “Stasera arriva papà e ti faccio sgridare”, è in certi casi utile per aiutare la piccola a interiorizzare la norma e il rispetto, nonché la capacità di un buon adattamento con il mondo sociale esterno.

[Francesca Maria Collevasone]

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