Da un lato i ragazzi, con i loro sbuffi, le ansie, le aspettative e i silenzi. Dall’altro i genitori, stanchi ma pieni di buone intenzioni, che vorrebbero solo vedere i figli, di ritorno a scuola, “ripartire col piede giusto”. Ma siamo sicuri di parlare la stessa lingua?
Di Antonella Beggiato, Youth & Family Coach
Settembre.
Quel mese che profuma ancora di sole ma che sa già di zaini pronti, agende nuove, sveglie puntate presto: si torna a scuola. Per molti adulti è un mese pratico, quasi liberatorio. Per molti adolescenti, invece, è un momento sospeso, pieno di emozioni non sempre facili da nominare.
Dal punto di vista dei ragazzi: “E se non fossi abbastanza?”
“Mi manca già il mare”. “Non ce la faccio a ricominciare con tutto quel casino”. “Già mi vedo pieno di verifiche”. “Che palle”. Sono le classiche frasi dei ragazzi che rispecchiano come il ritorno a scuola. E dietro a quelle parole c’è molto di più: c’è l’ansia da prestazione, c’è la paura di essere giudicati, di non essere all’altezza, di perdersi di nuovo in un vortice di compiti e aspettative.
Eppure, c’è anche dell’entusiasmo. Sì, perché tornare a scuola significa anche rivedere gli amici, avere una nuova occasione per reinventarsi, magari scoprire passioni nuove o trovare insegnanti che fanno la differenza.
Il problema? Spesso non lo diciamo. I ragazzi non lo dicono perché temono di non essere capiti, gli adulti perché sono già immersi nell’organizzazione familiare. E così, il ponte tra questi due mondi resta in sospeso.
Dal punto di vista dei genitori: “È tempo di tornare seri”
Se potessimo riassumere il pensiero di molti genitori in questo periodo, sarebbe: “Speriamo che quest’anno si dia una svegliata”.
E si capisce, davvero. Dopo un’estate di libertà, orari saltati, poco controllo, il ritorno alla routine è come rimettere ordine nel caos. La scuola diventa, per molti adulti, il punto di equilibrio da cui ripartire. Ma spesso, proprio in quel momento, il dialogo con i figli si complica. Perché quando un genitore dice “è ora di tornare seri”, un figlio sente: “non vai mai bene così come sei”. E questo crea distanza, non forza.
Un punto di incontro? Esiste. Ma richiede ascolto
Da coach ricordo spesso ai genitori che la scuola è importante, certo. Ma lo è ancora di più il modo in cui accompagniamo i nostri figli a viverla.
Ecco qualche spunto, per interagire.
Ascolta senza correggere subito. Chiedere “come ti senti all’idea di tornare a scuola?” e poi stare in silenzio è un atto potentissimo. A volte, i ragazzi hanno solo bisogno di sentirsi visti.
Parla dei tuoi rientri. Racconta cosa provavi tu alla loro età quando ricominciava la scuola. Condividere le proprie fragilità apre spazi di fiducia.
Scegli insieme le routine. Non imporre, ma proponi: “Come potremmo organizzarci per rendere le giornate più leggere?” Farli sentire parte del processo cambia tutto.
Fai attenzione alle parole. Invece di “sei sempre svogliato”, prova con “vedo che fai fatica a ripartire, come posso aiutarti?”
Un consiglio anche ai ragazzi: parlate!
A volte parlare con mamma e papà sembra inutile. Sembra che non capiscano, che siano sempre lì a dire cosa devi fare. Ma provate a fare un passo. Anche piccolo. Anche solo un “oggi mi sento un po’ così”.
Più riuscite a raccontare cosa vi succede dentro, più loro – anche se goffamente – proveranno ad esserci. E se proprio non vi va di parlare con loro, trovate qualcuno con cui farlo: un amico fidato, un insegnante, uno zio, un coach… Nessuno deve attraversare settembre da solo.
Non c’è un “modo giusto”, ma ci sono modi veri
Il rientro a scuola è un’occasione potente: può diventare un tempo di riconnessione, di nuovi inizi, di piccoli aggiustamenti nella relazione tra genitori e figli.
Non esiste una ricetta magica, ma c’è una strada sempre percorribile: quella dell’ascolto, della presenza, e del coraggio di dirsi le cose – anche quando non sono perfette.
Perché a settembre non ricomincia solo la scuola. Ricomincia anche la possibilità di capirsi meglio. Ricomincia la relazione.
Riferimenti e ispirazioni:
- Celi & Lancini (2021) – L’adolescente: psicopatologia e psicoterapia evolutiva
- Daniel Siegel (2010) – La mente adolescente
- Albert Bandura (1997) – Self-efficacy: The Exercise of Control