Problem solving, critical thinking, ricerca collaborativa. Le scuole Cambridge International formano ragazzi capaci di muoversi bene nel mondo contemporaneo, multilingue e internazionale
Cambridge International, ovvero studiare in Italia come se fossimo in Gran Bretagna. Matematica, scienze, geografia, arte, design e un’altra settantina di materie, dalle elementari alle superiori, non solo in lingua inglese, ma seguendo i programmi scolastici e il sistema di valutazione britannici.
È quello che succede in 213 scuole italiane aderenti alla rete del Cambridge Assessment International Education, l’ente di certificazione internazionale per l’insegnamento di discipline scolastiche in lingua inglese. L’obiettivo? “Formare studenti internazionali”, spiega Alessandra Varriale, Senior manager Italy & Southeastern Europe di Cambridge International.
Formazione con competenze innovative
“L’offerta formativa si caratterizza per l’approccio pratico alle diverse discipline. Problem solving, critical thinking, ricerca collaborativa sono competenze trasversali sempre più richieste in ambito europeo ed internazionale. Gli studenti italiani ne sono spesso sprovvisti, in quanto i nostri curricula sono ancora troppo legati a un modello teorico. Ciò non significa sostituire completamente il modello italiano – specifica Alessandra Varriale – ma integrarlo per offrire ai ragazzi il meglio”.
Apprendimento integrato
Il metodo è quello del cosiddetto Clil, acronimo che sta per Content and Language Integrated Learning. Il Clil si basa sull’apprendimento integrato di lingua e contenuto, una metodologia di insegnamento nata agli inizi degli anni ’90, finalizzata all’insegnamento in inglese di discipline non linguistiche.
Avviato nel 2000 al “Galvani” di Bologna, nel corso del tempo il progetto Cambridge International è entrato in un numero sempre maggiore di scuole italiane, l’80% delle quali statali. Nel 2017 sono stati novemila gli studenti che in Italia hanno sostenuto esami Cambridge International basati su un benchmark internazionale.
La valutazione
“Con il benchmark internazionale gli studenti vengono valutati non sulla persona ma sulla conoscenza oggettiva della disciplina e sulla base di parametri standard internazionali. Un approccio diverso da quello italiano, incentrato sull’oggettivazione del sapere, che prepara i ragazzi a muoversi meglio in un contesto europeo”.
Questo significa maggiori possibilità di accesso a università internazionali prestigiose e ad aziende di tutto il mondo, ma non solo. Approcciarsi alla conoscenza utilizzando una seconda lingua è un momento interculturale che cambia la vita.
Un metodo democratico
Studiare discipline diverse in un’altra lingua, dà ai ragazzi la possibilità di sentirsi cittadini del mondo e a proprio agio in qualunque contesto culturale. Il fatto che ciò avvenga a scuola – sottolinea Alessandra Varriale – lo rende possibile anche senza grandi disponibilità economiche”.
Partire presto, da questo punto di vista, è fondamentale. “La capacità di apprendimento in un’altra lingua è maggiore fino ai 7 anni. Questa è una finestra che va sfruttata”.
E gli insegnanti?
E’ molto importante l’aggiornamento professionale degli insegnanti. I docenti non sempre sono preparati a sufficienza. Questo avviene nonostante la riforma della scuola avviata nel 2010 nella quale si prevedeva l’insegnamento obbligatorio di almeno una materia in inglese, a partire dal quinto anno, in tutti i percorsi di studio.
“Nella maggior parte dei casi si lavora in classe in co-teaching tra insegnante madrelingua e insegnante titolare della cattedra. Questo perché non tutte le scuole hanno risorse adeguate per affrontare un simile percorso. Per i professori è un momento di crescita professionale importantissimo. Senza dubbio, però, la formazione linguistica degli insegnanti rappresenta in Italia uno degli ostacoli principali a un approccio al sapere di tipo internazionale, che – conclude la manager –meriterebbe maggior attenzione da parte dello Stato”.