Diabetica dall’età di quattro anni, Maya ha imparato a gestire la propria quotidianità in autonomia tra scuola, socialità e attività sportive
Arriva all’improvviso il diabete di tipo 1, una malattia cronica e autoimmune che può insorgere tra i 6 mesi e i 30 anni, come un macigno sulla testa per tutta la famiglia. Perché dal diabete non si guarisce, la vita cambia e tutti devono adattarsi alla nuova routine. L’organizzazione della quotidianità si fa molto complessa, a casa e soprattutto fuori: a scuola, nello sport, in vacanza.
Il diabete di Maya – che oggi ha otto anni – viene diagnosticato quattro anni fa: mamma Federica ci ha raccontato l’intensità del primo periodo, l’uragano di emozioni, i numeri, le proporzioni e le equazioni, gli zuccheri, i buchi in diverse parti del corpo, il cibo da pesare e le nozioni da imparare.
E della ricerca di una nuova normalità, della libertà e dell’autonomia, grazie anche al supporto di una rete di genitori di figli diabetici, della scuola, degli amici e della famiglia.
Tutto cambia, all’improvviso
Non sempre riconoscibili, i sintomi che segnalano la comparsa del diabete possono presentarsi all’improvviso ed è importante intervenire in tempo. “In famiglia sono presenti diverse malattie autoimmuni come la celiachia e l’ipertiroidismo: la comparsa del diabete era un’eventualità e ci era stato spiegato a quali sintomi prestare attenzione”, racconta Federica, che è mamma anche di Matilda, unidici anni.
“Maya era solita bere poco, così quando ha iniziato a bere moltissimo mi sono allarmata: ho contattato immediatamente la pediatra di famiglia che con un test rapido ha rilevato zuccheri nelle urine. Dopo aver arraffato due peluche e qualche vestito al volo siamo subito andate in ospedale, ignare di quanto tempo avremmo dovuto stare lì.
Alla fine, confermata la diagnosi del diabete, ci siamo rimaste quasi 15 giorni. Sicuramente è stato uno dei periodi più duri della mia vita, emotivamente e fisicamente. A causa delle restrizioni Covid il papà non poteva sostituirmi.
Ricordo la fatica ma soprattutto le emozioni, sconvolgenti e devastanti per entrambe. Maya era arrabbiatissima di ritrovarsi in quella situazione, per ogni buco che le veniva fatto si sfogava, ovviamente, su di me perchè non si sentiva protetta dalla sua mamma. Anche io provavo molta rabbia, e pensavo ‘ma perchè proprio a noi?’. Oggi considero l’evento da un altro punto di vista: nella sfortuna siamo stati fortunati perché ce ne siamo accorti in tempo e abbiamo potuto contare su un’equipe medica preparata e disponibile, che è diventata quasi una famiglia. Oltre al fatto, non banale, di vivere in una regione che ci fornisce un supporto all’avanguardia”.
La testa piena di numeri
Calcoli delicati, carboidrati, zuccheri, dieta molto bilanciata, insulina e monitoraggio perenne della glicemia: “Non nego che all’inizio è stato difficilissimo. Maya ha la fortuna di poter utilizzare un microinfusore che inietta l’insulina in base alle necessità. Tuttavia si tratta di un macchinario complesso da far funzionare, che io e mio marito monitoriamo sempre, anche di notte, attraverso i nostri telefoni. Le prime settimane sono state davvero impegnative, la mia testa era piena di nuove nozioni e tecnologia. Contemporaneamente, cercavo di pianificare la nostra nuova vita: sapevo non sarebbe più stata la stessa.
La difficoltà più grande è stata quando mi sono resa conto che calcoli e matematica non bastano: la regola base del diabete è che ‘2+2 non fa 4’, perché il tuo corpo può reagire in modo diverso allo stesso cibo. Sono molti i fattori che influenzano la glicemia, dal movimento alla temperatura esterna, dal momento della giornata alle emozioni. Tutto mi sembrava complicato, ma per fortuna i medici e il personale dell’ospedale mi hanno dato piena disponibilità di contattarli per qualsiasi dubbio una volta uscita da lì. E così è stato, ancora oggi mi rivolgo a loro appena un evento sconvolge il suo stato di salute, come una semplice febbre o gastroenterite”.
Controllare, programmare, prevenire
Oggi Maya deve seguire una dieta equilibrata ma soprattutto decidere in anticipo cosa mangiare e in quali quantità per assumere la dose di insulina necessaria, anche a seconda dell’attività fisica prevista.
Per una bambina, però, fare queste previsioni non è per nulla facile. “La gestione della nostra quotidianità è rigorosa. Non possiamo improvvisare o farle mangiare un alimento che contiene carboidrati all’ultimo minuto. Maya ormai sa che non può avere il gelato quando vuole né una caramella che le viene offerta; e non è facile”.
E come si affrontano i pasti con una bambina diabetica? “Quando Maya si sveglia monitoriamo per prima cosa la glicemia; teniamo conto dei suoi desideri – può scegliere cosa mangiare – e della glicemia di base in quel momento, per calcolare la quantità di insulina da assumere e il tempo che bisogna attendere prima di fare colazione.
Lo stesso vale per il pranzo, la cena, e i due spuntini giornalieri. Ovviamente non è facile per nessuno dover aspettare venti minuti – in base alla glicemia e ai carboidrati da assumere – prima di mettere qualcosa tra i denti, e lo è ancora meno convincerla a terminare la quantità di cibo prevista quando non ha voglia di finire il piatto: questo può essere un problema perchè rischia di non raggiungere il fabbisogno glicemico”.
Convivere con il diabete di tipo 1, infatti, non significa solo controllare l’assunzione di zuccheri ma soprattutto evitare che si verifichi una ipoglicemia. “Oggi Maya sa dirci come si sente quando è in carenza di zuccheri: può sentirsi affaticata o avere male alle gambe. All’inizio però non sapevamo come regolarci, e l’ipoglicemia è molto pericolosa, può portare anche al coma”.
Scuola, sport, centri estivi: non si può improvvisare
Anche la scelta della scuola non è banale: bisogna trovare insegnanti disponibili a essere addestrati, monitorati e rassicurati per poi essere pronti a prevenire o intervenire per gestire le emergenze. Una grande responsabilità che può essere fonte di stress, specialmente se in contemporanea bisogna occuparsi di una classe numerosa.
“Siamo stati fortunati, abbiamo trovato maestre disponibili e attente, e alla scuola dell’infanzia Maya ha potuto continuare il suo percorso. Noi genitori abbiamo ovviamente dato sempre la piena disponibilità a intervenire immediatamente, in presenza o a distanza, per qualsiasi dubbio o necessità. Oggi mio marito e io siamo totalmente dipendenti dai telefoni che monitorano la glicemia di Maya anche a distanza. Appena i valori sono fuori norma, contattiamo le maestre e diamo loro le corrette indicazioni.
Con l’inizio della scuola primaria Maya è stata responsabilizzata fin da subito e nelle prime settimane ho spiegato alle insegnanti l’utilizzo del dispositivo e come regolarsi sull’alimentazione”.
La complessità della situazione non migliora durante i periodi in cui la scuola è chiusa, anzi. “Questo, oggi, è un grande problema per noi, dal momento non possiamo permetterci una babysitter fissa e istruita sul diabete, e i nonni hanno iniziato da poco a stare con lei qualche ora dopo la scuola e a gestire l’alimentazione. Negli ultimi tre anni Maya ha frequentato lo stesso centro estivo dove erano disponibili a monitorare la situazione con attenzione. Non sappiamo però se sarà possibile anche il prossimo anno. Inoltre lei avrebbe voluto andare nel centro estivo con sua sorella, ma lì nessuno poteva seguirla e abbiamo rinunciato. Tutte le attività extra non possono essere assolutamente improvvisate”.
Anche i corsi sportivi richiedono una gestione di tempi e modi e non sono poche le complicazioni. “Può capitare che la lezione di basket inizi in un momento in cui ha un calo di zuccheri e che non abbia l’energia per giocare; in quel caso può assumere un succo di frutta, ma significa dover attendere il tempo necessario e magari ritrovare le forze quando la lezione è ormai alla fine.
E poi ci sono i momenti in cui cerchiamo di evitare l’imbarazzo: ad esempio, durante la recita scolastica abbiamo gestito in modo diverso il microinfusore per evitare che suonasse davanti a tutti e rovinasse un bel ricordo e momento di condivisione”.
Diffondere conoscenza grazie alla curiosità dei bambini
Intorno al diabete di tipo 1 esistono tanti falsi miti. Molti credono che coloro che ne sono affetti non possano mai assumere zuccheri e che sia il risultato di una cattiva alimentazione “Purtroppo si fa confusione con il diabete di tipo 2, che è una malattia totalmente diversa. Nella scuola di Maya ho dedicato del tempo alla formazione di tutto il personale scolastico, necessario in caso di assenza di una delle sue maestre. Visto l’aumento dei casi tra i bambini, credo che sia utile per il corpo docente riconoscere i segnali del diabete, come stanchezza eccessiva o una sete costante”.
E i compagni di classe? “I bambini, si sa, sono curiosi, e sin dall’inizio molti si chiedevano il perchè dei buchi nelle dita e perchè Maya dovesse mangiare a orari diversi. Ma in breve tempo è stata la classe ad adattarsi ai suoi tempi; mangiano quando mangia Maya, e quando lei ha bisogno di una zuccherino questo viene distribuito anche agli altri”.
Le domande erano comunque tante, e così lo scorso 14 novembre, in occasione della Giornata Internazionale del Diabete, mamma Federica e papà Christian hanno preparato una lezione ludica per spiegare ai compagni della classe di Maya che cos’è il diabete e cosa significa conviverci.
“È stata un’idea nostra ma anche un desiderio di Maya, altrimenti non lo avremmo proposto. Ne abbiamo parlato con la psicologa del reparto di diabetologia e con le maestre per capire quale fosse l’approccio più efficace. Un bellissimo pomeriggio insieme, che ha lasciato molto a noi e a loro: due cartoni molto semplici, la lettura di un libro con discussione, un gioco con indovinelli a tema e una merenda conviviale a zero carboidrati. I bambini sono stati molto attenti e hanno fatto tantissime domande. Abbiamo lasciato loro il portachiavi con la medaglietta simbolo del diabete e il palloncino azzurro da far rimbalzare costantemente, che aiuta a capire che il diabete è sempre con te, devi monitorarlo sempre e quando dormi – e sei ancora piccolo – devi darlo in mano alla persona che ti sta vicino”.
La condivisione è la medicina migliore
Fare rete e confrontarsi con altre famiglie che vivono la stessa realtà e condividono le stesse emozioni è indubbiamente un grande aiuto.
“A Torino, dove viviamo, l’associazione AGD collabora con il personale medico del Centro Diabetologico dell’ospedale Regina Margherita: sensibilizza sulla malattia, si occupa di educare i giovani diabetici e le loro famiglie e cerca di sopperire alle deficienze della struttura sanitaria finanziando attraverso donazioni private alcune figure professionali come lo psicologo o l’esperto nutrizionista.
L’anno scorso abbiamo partecipato a uno dei campi di due giorni di formazione sulla gestione del diabete, un’esperienza molto preziosa per noi. Credo che la condivisione sia una medicina del cuore, fa bene all’intera famiglia ed è importantissimo che Maya veda che ci sono altri bambini che vivono la sua stessa situazione.
Per noi è di grande aiuto poter contare su una rete in cui chiedere consigli in merito alle questioni burocratiche, la scuola, i mezzi di sostegno. I genitori sono tutti volontari e si dividono i compiti, da chi offre supporto sulle pratiche per la 104 a chi organizza eventi per le raccolte fondi”.
Verso una nuova normalità
Il diabete stravolge la vita di tutta la famiglia, sorelle e fratelli compresi. “Anche per Matilda i primi tempi sono stati duri. Vedeva Maya piangere e urlare e tutta la nostra attenzione era rivolta a lei. Ora è più grande e riesce a capire anche gli stati d’animo della sorella: sa benissimo che quando la glicemia è bassa può essere molto più triste o scontrosa”.
Oggi Maya conosce la quantità di carboidrati di un biscotto o di un piatto di pasta.
“A cinque anni le abbiamo pian piano spiegato cos’era il microinfusore e a sei anni sapeva già usarlo molto bene. Con il tempo impara sempre cose nuove e vogliamo che diventi autonoma il prima possibile.
Tuttavia è difficile accettare una malattia che ti mette dei limiti con cui dovrai convivere tutta la vita. In estate si vergogna enormemente quando ha le maniche corte, perchè il sensore è molto visibile. Saltare, correre e fare sport non è sempre facile. Attaccato al corpo, sempre, anche quando dorme, ha un marsupio che contiene il microinfusore.
Capita ancora che mi chieda perché è successo a lei e non ad altri. Io le rispondo che ognuno ha la sua storia, il suo percorso: come ha potuto vedere in ospedale ci sono bambini che affrontano malattie gravi, altri che nascono e vivono in zone di conflitto, dove non c’è cibo e non possono curarsi. Oggi quando la osservo ho l’impressione che il suo vissuto l’abbia portata a essere molto più responsabile rispetto ai bambini della sua età. L’arrivo del diabete è stato irruento e devastante, ma mi ha insegnato a vivere il qui e ora: non possiamo avere il controllo su tutto. Le paure per il futuro ci sono, ma il presente è bello, e pieno”.