Esiste il mal di scuola?

da | 28 Feb, 2017 | Lifestyle

Andare a scuola, fare i compiti, seguire le lezioni: se ci rimandassero indietro di vent’anni, vivremmo tutto con la stessa leggerezza che chiediamo ai nostri figli? O forse lamenteremmo anche noi quel di testa o mal di pancia, avremmo difficoltà a relazionarci con i compagni, parteciperemmo poco e con scarsa attenzione? Ci sentiremmo tristi, incapaci, arrabbiati, non compresi o perseguitati dagli insegnanti? Se riconoscete questi sintomi, soffrite di “mal di scuola”, uno stato emotivo che si manifesta con un insieme di comportamenti disfunzionali che impediscono a bambine e bambini, ragazze e ragazzi, di vivere adeguatamente le attività in classe.

La fatica di essere studente

La vastità di richieste che fa la scuola è sottovalutata. Per primo c’è, ovviamente, l’apprendimento. Apprendere è un percorso complesso – a volte persino doloroso – che prevede, oltre allo sviluppo di nuove competenze, la capacità di accettare il cambiamento e di sopportare sentimenti di precarietà e di insuccesso, di sperimentare la solitudine, la frustrazione e anche un profondo senso di inadeguatezza. Ma la scuola è anche il luogo dove si formano i giovani cittadini del mondo. In questa veste la scuola lancia sfide che toccano lo sviluppo di altre capacità: prestazioni positive, autonomia, capacità di scelta, rispetto delle regole, abilità nella relazione con i compagni e il gruppo.

Di fronte a tanta complessità, può capitare che bambini e adolescenti lascino emergere le loro fragilità con comportamenti e sintomi diversi, con forme di malessere che si legano alle difficoltà proprie dei momenti di crescita, come la scarsa partecipazione, la disattenzione, il rifiuto, il cattivo rapporto con i compagni, la difficoltà di apprendimento o di attenzione, l’irrequietezza, l’abuso della realtà virtuale. C’è chi entra in crisi al momento della scelta della scuola, chi pratica forme di autolesionismo, chi entra in dinamiche di bullismo, chi somatizza, chi ha il sonno disturbato o manifesta inappetenza. Talvolta la situazione è complicata da situazioni individuali in cui gli apprendimenti di base (come leggere, scrivere e contare) non sono automatici, ma costano continua fatica. Questi problemi sono raggruppati oggi con il nome di DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento) e si traducono in studenti il cui percorso scolastico procede a rilento e con grande fatica.

Isolamento, rabbia o ansia

Sono tre gli stati emotivi che accompagnano il mal di scuola: ci sono le situazioni in cui prevale l’isolamento, l’apatia e il rifiuto scolastico; ci sono i casi caratterizzati da esplosioni di rabbia e infine ci sono gli stati di ansia.

Il primo stato, di apatia e isolamento, si trova in bambini e ragazzi che fanno fatica a relazionarsi nei contesti allargati e che per reazione si ritraggono progressivamente dai contatti con coetanei, collezionando assenze da scuola (magari lamentando un mal di pancia). Il rischio è che questi ragazzi si chiudano tra le pareti domestiche, dove appaiono mogi e taciturni e, se non assecondati, scontrosi, rigidi nelle loro posizioni e fermi nelle pretese. Dietro questo sintomo si possono nascondere diversi quadri clinici: quelli in cui prevale il senso di depressione, la bassa autostima e il timore di non essere all’altezza delle aspettative degli adulti. Ma anche situazioni in cui si va strutturando un vero e proprio senso di alienazione dal mondo e il ritiro in una dimensione non reale di trionfo narcisitico. Ci sono poi ragazze e ragazzi che, chiusi in camera, continuano il loro compito evolutivo di socializzazione, ma rimanendo imbrigliati nei social network, senza l’uso del corpo.

In questo quadro, i genitori entrano in ansia per le sorti scolastiche del figlio e si sentono inadeguati, arrabbiati o soli davanti a una scuola che sottolinea le mancanze, senza riuscire a costruire risposte. Sempre più sfiduciati, provano a convincere il figlio ad andare a scuola e ad affrontare le difficoltà, passando da atteggiamenti di accondiscendenza a esplosioni di rabbia e minacce. Per essere d’aiuto è importante che i genitori non ripetano i comportamenti del figlio: è fondamentale non rifiutare il dialogo con la scuola, non ritirarsi dai contatti sociali, non soccombere al timore di non essere adeguati e neppure isolarsi nel tentativo di creare un “microcosmo perfetto” con il proprio figlio.

Rabbia ed emozioni difficili

Un altro possibile stato emotivo generato dal mal di scuola è la rabbia. Le esplosioni compaiono di fronte alla frustrazione, al rifiuto, alle difficoltà: è come se in questi momenti il bambino non fosse più in grado di ragionare, di fare appello al pensiero. Questo tipo di rabbia, esplosiva, viene buttata fuori senza filtri, con urla, parolacce, spintoni, botte e talvolta è un tratto che si mantiene costante nel tempo e in ogni ambito sociale. Si tratta di bambini (prima) e ragazzi (poi) che a scuola collezionano note, sospensioni, bocciature, che vengono visti dal mondo esterno come cattivi, a volte anche pericolosi. Il mondo della scuola sembra schierarsi contro, tranne poi incontrare qualche insegnante che “sa come prenderlo” e che stabilisce una relazione importante ed esclusiva. In altri casi può succedere che ci siano comportamenti contrapposti tra casa e scuola o che i comportamenti aggressivi non siano una costante, ma compaiano in risposta a eventi particolarmente stressanti.

Rabbia, paura, vergogna, negazione e tentativi di giustificazione sono le reazioni emotive dei genitori di fronte a figli che sembrano aver preso il sopravvento in famiglia. I quadri clinici che sottostanno possono essere molto diversi, per gravità e per dinamiche. È importante che gli adulti possano capire e mettere pensiero laddove il bambino o il ragazzo non ne ha la capacità.

Stati d’ansia

Gli stati d’ansia possono comparire in età evolutiva, inevitabilmente colpendo soprattutto la vita scolastica. Il momento delle verifiche, delle interrogazioni, ma anche i momenti di socializzazione libera come l’intervallo diventano angoscianti. Gli stati d’ansia possono sfociare in veri e propri attacchi di panico, momenti tremendi in cui ci si sente morire: il battito del cuore accelera, si suda, si arriva anche allo svenimento. La paura di avere paura arriva a bloccare la possibilità di affrontare gli ostacoli, costringendo a ritrarsi sempre più dalle sfide evolutive. Dalle esperienze cliniche in questi ragazzi emerge una fragilità legata soprattutto alla difficoltà a tollerare le distanze, le separazioni, i cambiamenti (nella vita e nelle relazioni) inevitabili con la crescita. Si tratta spesso di bravi ragazzi e brave ragazze, che chiedono continuamente all’adulto di essere confermati nelle loro qualità, di avere la loro approvazione, sono amici di genitori e professori su Facebook, patiscono all’idea di perdere gli amici.

I genitori possono essere spiazzati soprattutto quando il sintomo arriva all’improvviso e parla di una fragilità del figlio che fino a quel momento “faceva tutto bene”. La preoccupazione porta i genitori a cercare un modo per aiutare, oscillando tra l’assecondare il figlio e spronarlo.

Cercare aiuto

Gli stati d’ansia, le esplosioni di rabbia, l’isolamento e l’apatia, insieme ai diversi sintomi del mal di scuola, sono un campanello di allarme, segnali di uno sviluppo che fatica a procedere. I genitori non devono trovarsi soli a decifrare i segnali, è importante che si facciano aiutare da esperti per comprenderne tempestivamente il significato, per rimettere in moto il processo evolutivo. Preoccuparsi non basta: spinti da un autentico amore per i figli, i genitori rischiano di rimanere sopraffatti dall’ondata emotiva e imbrigliati in meccanismi che non risolvono il problema. Meglio cercare un supporto psicologico, senza timore: pochi incontri con uno psicoterapeuta aiutano a capire se è il problema è serio e come va affrontato.

[Alessandra Crispino, Mauro Martinasso, Ombretta Veneziani – www.centropsicologiaulisse.it]

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