Futuro futuribile

da | 19 Set, 2013 | Lifestyle

Di recente una comica (torinese per di più) ha invocato la scoperta di calzini che non si buchino. Possibile che l’uomo sia andato sulla Luna con le calze bucate? Sicuramente tra i sogni dei giovani genitori (in particolare di chi svolge mansioni casalinghe) ci sono calze che non si bucano, pantaloni che non si strappano e camicie che non si macchiano. Ma quanto c’è di possibile e reale in questi sogni? Quanto è vicino il futuro? Cominciamo dalla camicia: i tessuti antimacchia sono come le camicie no-stiro degli anni ‘70: erano davvero no-stiro? Un po’ di innovazione sta arrivando: poco alla volta nascono gli “smart textiles”, cioè i “tessili furbi”, in grado di eliminare i cattivi odori grazie alla presenza di ossidi metallici, in particelle nanometriche, che agiscono da catalizzatore e decompongono acido butirrico, caprilico e capronico (esistono davvero, non è un’invenzione) causa dei cattivi odori. Con simili finalità si stanno realizzando filati con particelle nanometriche di argento. Altri smart textiles inglobano sottili fili conduttori in grado di riscaldare la maglietta se collegati a una batteria, o di disegnare a comando sulla T- shirt la nostra foto preferita (questo è un po’ più futuribile, ma ci stiamo arrivando). In commercio si trovano fibre sempre più resistenti, come il Dyneema, che davvero diverranno il futuro del calzino (adesso sono utilizzati per oggetti come corde ad alta resistenza o giubbotti antiproiettile). Tra i materiali che vedremo, particolarmente all’avanguardia sono quelli “nanocompositi”. Cosa significa? Un materiale composito è, ovviamente, un materiale composto da due materiali diversi, in qualche modo mescolati tra loro. Se i componenti sono nanostrutturati (ovvero con una struttura modulata a livello di dimensioni inferiori ai cento nanometri, tenendo conto che un nanometro è un milionesimo di millimetro) si parla di nanocompositi. Prendiamo come esempio i materiali che non prendono fuoco. Molti materiali antifiamma sono compositi: si tratta di materiali plastici e composti inorganici, che impediscono alla plastica di bruciare se non ad altissime temperature. Se però il materiale inorganico (per esempio silice o allumina) è nanostrutturato, riuscirà a mescolarsi in maniera molto più intima con il polimero, migliorando notevolmente le proprietà antifiamma. Materiali di questo genere hanno anche buone proprietà meccaniche e sono sempre più usati nell’industria dell’auto. Se il nanocomposito è costituito da un polimero con nanoparticelle magnetiche, è possibile produrre magneti sottilissimi o materiali che irradiati da onde elettromagnetiche si scaldano, fondono la parte polimerica e sono in grado di incollare due oggetti tra loro. Altre applicazioni si trovano nella meccanica: si iniziano a utilizzare rivestimenti in materiali nanostrutturati per ottenere utensili extraduri o per sostituire le cromature (gli ioni cromo, come è noto, non sono molto salutari se mandati a spasso nelle acque). Ma la cosa più bella è prendere spunto dalla natura. Ciascuno di noi usa quotidianamente materiali compositi naturali di almeno due tipi: legno e ossa. Il legno è un composito, costituito da una parte organica e una inorganica: questa è il principale componente delle ceneri del caminetto o del fuoco attorno a cui cantavamo quando avevamo meno rughe, meno pancetta e più capelli (ahinoi). Le ossa sono ancora più complicate, perché uno dei costituenti sono le cellule. Le nanotecnologie in questo campo fanno grandi cose: i materiali per gli impianti ossei sono una frontiera della ricerca. Si realizzano prodotti sempre più robusti, duraturi e in grado di unirsi alle ossa umane nel miglior modo possibile. Per ottenere questi risultati si utilizzano metalli, ossidi, polimeri, fosfati, apatiti e vetri speciali, dal nome suggestivo di “biovetri”. Sarebbe bello continuare all’infinito, ma questa è solo una rapida carrellata di quanto potrebbe accadere, e in parte sta accadendo, nel campo dei materiali innovativi nanostrutturati. Alcuni di questi sono in fase di studio, altri sono all’inizio della loro parabola commerciale. È divertente pensare che i nostri figli li useranno e che i nostri nipoti li troveranno antiquati, seguendo il corso delle emozioni che bakelite, fòrmica e rayon hanno suscitano nei nostri nonni, nei nostri genitori e in noi.

Nanotecnologie di casa

Anche il Piemonte si occupa di materiali altamente innovativi. E’ stato presentato all’Università di Torino il progetto Nanomat (cioè Nanostructured Materials). Cofinanziato dalla Regione e coordinato da ASP, coinvolge i centri di ricerca scientifica avanzata piemontesi, con l’obiettivo di trasferire innovazione scientifica al mondo della produzione industriale. Oggetto di studio e di produzione sono ovviamente i nanomateriali, alcuni dei quali descritti nell’articolo. Beneficiaria è, in ultima analisi, tutta l’economia regionale, che riceve una spinta per l’innovazione e la produzione.

[Ugo Finardi – Chimico, ricercatore CNR]

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