L’idea della meningite mette paura a molti genitori ed è giusto: si tratta di una malattia che può lasciare gravi danni neurologici e addirittura portare alla morte. La meningite può essere di origine batterica o virale: la prima è più pericolosa, mentre la seconda è più comune e generalmente evolve in modo benigno senza lasciare effetti permanenti. La meningite del primo tipo può essere causata da tre batteri, ma uno (l’haemophilus influenzae di tipo B) viene totalmente inibito con la vaccinazione che può essere fatta nel primo anno di vita del bambino (vaccinazione non obbligatoria). Gli altri due batteri sono pneumococco e meningococco. Gli effetti della meningite sono drammatici: la mortalità è nel 20-30% dei casi e i danni neurologici permanenti (come la sordità o l’epilessia) insorgono nel 30% dei casi.
Qualora si sospettino i sintomi, è essenziale capire quale delle due forme si sta presentando: lo pneumococco è facilmente controllabile e difficilmente porta epidemie, il meningococco ha una diffusione molto rapida e impone l’uso degli antibiotici anche per i soggetti che stanno vicini al malato. I sintomi della meningite sono facilmente riconoscibili nei bambini dopo i 2 anni di età, mentre sono più difficili da cogliere nei piccoli in cui il cranio non è ancora del tutto formato. Nelle forme batteriche la febbre è molto elevata (sopra i 39°). Non è così invece nelle forme virali.
Malattie intestinali croniche
Le malattie infiammatorie croniche dell’intestino, come la colite ulcerosa e il morbo di Crohn, colpiscono in età sempre più giovanile. E in età pediatrica le malattie sono più aggressive, con un maggior rischio di complicanze e interventi chirurgici. Difficile risalire alle cause: la componente genetica esiste, ma pesa poco più del 10%. Il resto lo fa l’ambiente e sotto accusa finiscono gli stili di vita moderni. “C’è qualcosa che si inceppa e innesca il passaggio da un’infiammazione fisiologica a un’infiammazione patologica – dice Paolo Gionchetti, ricercatore all’Università degli Studi di Bologna. – Ogni paziente è una storia a sé. Certo che oltre alle sofferenze legate alla malattia, nei bambini si attiva una forte sofferenza sociale. I medici arrivano a dover compilare certificazioni scritte che attestano la necessità dell’alunno di utilizzare il bagno di frequente. La discriminazione scolastica non è giuridicamente codificata, eppure è grave”.