“E’ paradossale che qualcuno debba lottare per la difesa della privatezza in una società di esibizionisti”. Questo è il pensiero di un famoso scrittore, Umberto Eco, ma non solo suo. Viviamo in una società in cui si ricorre in maniera impulsiva agli strumenti comunicativi di massa, come i social network, per comunicare agli altri la propria presenza online: si diffondono video e informazioni senza soffermarsi più di tanto a riflettere se sia legittimo pubblicare materiale preso qua e là e soprattutto se sia legittimo farlo senza l’autorizzazione delle persone coinvolte. Infatti, le informazioni personali che ogni singolo utente pubblica in rete non raggiungono esclusivamente la cosiddetta cerchia di amici ma possono arrivare all’intera comunità di abbonati al servizio, con il rischio concreto di perdere il controllo dell’utilizzo dei propri dati. Il concetto di privacy fu introdotto per la prima volta nell’Ottocento da due giuristi americani che pubblicarono un breve saggio, The right to Privacy, con il quale elaborarono il concetto che ogni individuo ha il diritto di essere lasciato solo e di proteggere la propria vita privata. Da ciò ne scaturì un processo evolutivo che passò attraverso il diritto a controllare l’uso che gli altri fanno delle informazioni raccolte e approdò al diritto a scegliere ciò che si intende rivelare. Stefano Rodotà lo ha definito un passaggio fondamentale per la società odierna, “dalla privacy alla non discriminazione, dalla segretezza al controllo”. Tuttavia al giorno d’oggi è facile constatare che ai progressi della tecnologia si accompagna un indebolimento del diritto alla privacy: maggiore è la capacità comunicativa degli strumenti tecnologici di cui disponiamo, maggiore è il rischio che le informazioni personali si disperdano senza il controllo del legittimo interessato. Una delle piaghe più dannose è il cosiddetto spyware che si installa, spesso in maniera fraudolenta, nei computer delle vittime accedendo così ai dati personali che vengono rielaborati e ritrasmessi in rete.
La migliore difesa, buon senso a parte, è quella di ricorrere ad alcuni accorgimenti: utilizzare una password, non comunicarla a nessuno, installare un buon antivirus, aggiornarlo costantemente, non aprire mail di sconosciuti e/o allegati sospetti ecc… Bisogna imparare a utilizzare Internet in modo consapevole e, soprattutto, bisogna insegnarlo ai nostri figli: è consigliabile stabilire con loro dei tempi di utilizzo del computer, assisterli durante la navigazione esercitando una funzione di guida e di controllo, creare un rapporto di dialogo confidenziale in modo che ci venga confidato se si è visto qualcosa che ha suscitato spavento o disagio, informarli sull’importanza di non inviare foto e di non accettare appuntamenti e/o inviti. E, se ci si rende conto di essere vittime di abusi o truffe telematiche, è bene sapere che presso la Polizia di Stato è istituita un’apposita sezione, la Polizia Postale e delle Comunicazioni, la quale si occupa di tutte le tematiche legate ai reati telematici: presso il suo sito web (www.poliziadistato.it/pds/informatica/) si possono rintracciare tutte le informazioni utili per conoscere e prevenire i pericoli legati al mondo di Internet.
Contenuti digitali per bambini, impariamo a scegliere
Orientarsi tra l’offerta e non affidarsi alla scelta casuale di web e TV è una sfida alla quale i genitori non possono sottrarsi