Viaggi, picnic, gite ed escursioni: quanta tradizione, fantasia, estro e storia può stare in uno squisito panino imbottito
“Facciamoci un panino” o “non abbiamo nemmeno un panino”. Due frasi che abbiamo più volte detto o sentito che racchiudono due stati d’animo: la gioia e la delusione. Il desiderio e la fame. Il panino è una forma del mangiare che non conosce età o classe sociale. Se mai cambia il contenuto o la forma. Un pezzo di pane con niente, “panino mancato”, o con una cipolla ha tolto la fame a generazioni di immigrati approdati nel nord negli anni del boom economico.
Negli stessi anni per la borghesia il panino era il sandwich, con burro o marmellata per la merenda dei bambini o per le gite fuori porta. «Il taglio del pane ha sempre avuto un ruolo connotativo della funzione e della classe dei consumatori. Intero, con la crosta, era del popolo, senza dei borghesi; tagliato verticalmente (a cassetta) era signorile, orizzontalmente, soprattutto nei formati più comuni, popolare», scrive il professor Alberto Capatti nel suo intrigante e divertente libro Storia del panino italiano (Slow Food Editore).
Testimone dell’evoluzione della società
Fatto in casa, mangiato con amici, comprato in un bar o in un negozio questo piccolo pane ripieno è un alimento che va oltre il cibo perché è testimone di una società in continua evoluzione. Il panino salutare come merenda l’intervallo a scuola preparato con salumi o frittata lascia, purtroppo, il posto a merendine processate poco salutari ma di grande comodità. Il panino simbolo di mestieri di fatica, dal muratore al contadino, e ripieno di sostanze nutrienti e semplici per affrontare lunghe giornate lavorative.
Negli anni Settanta-Ottanta «il panino ha subìto una trasformazione, diventando un elemento centrale del sistema alimentare, svincolato da fasce orarie e rituali di consumo – scrive Alberto Capatti – e inizia ad assorbire i costumi e i rituali di consumi che si stanno delineando.
Diventa uno strumento di rottura generazionale. Un momento di affrancamento dai riti gastronomici della famiglia». Esempio emblematico ne è il fenomeno dei paninari. Il panino insieme ai jeans Armani, felpe Best Company, cinture El Charro, piumino Moncler, scarponcini Timberland e The Wild Boys dei Duran Duran, diventa identitario.
Ma c’è anche un “panino d’autore”: «L’originalità consisteva nell’inserire fra le due fette di pane ingredienti rari o costosi o di prestigio (apparente o reale o illusorio), nel giocare sulle temperature, abbrustolendo e servendo tiepido o caldo, nel fulminare il vecchio cliente con una combinazione mai vista».
Tra creatività e tradizione
Queste sperimentazioni culinarie si uniscono alla radicata tradizione dei panini regionali: il tramezzino Piemontese (il nome deriva dal volere del regime fascista di non usare termini esteri, quindi sandwich prima divenne “tra i due” e poi D’Annunzio lo battezzò tramezzino) dall’iniziale burro e acciughe si raffinò sempre più con proposte creative; il classico panino con lampredotto simbolo della cucina di strada fiorentina preparato con l’abomaso (il quarto stomaco bovino) cotto lentamente. Un’altra istituzione che dal Lazio si è diffusa in tutta la penisola è il panino con porchetta; da non perdere, quando si va in Sicilia, i Pani ca Meusa: un morbido panino al sesamo, farcito con pezzetti di milza, polmone (e talvolta altre interiora di vitello) bollite o cotte al vapore e poi leggermente saltate in padella, anche nella versione “maritata” a cui si aggiungono ricotta o caciocavallo grattugiato.
Non poteva mancare la versione campana con il Panuozzo di Gragnano: preparato con un impasto simile a quello della pizza, arricchito con pomodoro, origano e altri ingredienti tipici, farcito con salumi, formaggi e verdure e poi grigliato. E infine ci sono le numerose variabili che riprendono piatti tipici della tradizione (vitello tonnato, acciughe al verde, …), gli spunti che arrivano da altre culture e le interpretazioni vegetariane e vegane: è impossibile identificare tutti i panini, creati in Italia e altrove.
Un insieme di ingredienti combinati per creare sapori capaci di soddisfare qualsiasi palato e che si è evoluto con la società: accogliente, versatile e sempre capace di sorprendere. Perché due fette di pane contengono tanti ricordi e poi, la “Felicità è un bicchiere di vino con un panino. La felicità”.