“Mia figlia da un mese si fa la pipì addosso di notte e parla come quando era piccola. Forse è dovuto alla nascita della sorellina più piccola. Prima era una bambina così precoce e autonoma rispetto agli altri bambini”, racconta la mamma di Alice (5 anni) preoccupata per i comportamenti da bambina piccola della figlia grande. Il manifestarsi di aspetti regressivi nella crescita spaventa molto i genitori di oggi, che tendono in generale a spingere in avanti i figli, pretendendo da loro grandi risultati nel minor tempo possibile. Da lì la preoccupazione nei momenti in cui la “crescita-progresso” sembra fermarsi. Gli psicologi utilizzano il termine “regressivo” quando un bambino adotta dei comportamenti tipici di una fase evolutiva precedente nello sviluppo psicofisico. Una sorta di “passo all’indietro” rispetto a quanto acquisito fino a quel momento.
Capita spesso che un bambino molto sveglio e autonomo improvvisamente ritorni a parlare come un bimbo piccolo; faccia la pipì nel letto; rifiuti di mangiare da solo e voglia essere imboccato o desideri le pappe al posto del cibo solido; riprenda a gattonare; si svegli spesso la notte e pretenda la presenza del genitore per riaddormentarsi o, ancora, voglia essere preso sempre in braccio. I genitori vedono in questo comportamento da piccolo qualcosa che non va e si adoperano per contrastarlo. È importante ricordare, però, che la crescita procede secondo un andamento ellittico e non lineare: a ogni conquista evolutiva (come camminare, parlare), il bambino compie un balzo in avanti legato all’apprendimento di nuove capacità per poi ritornare sui suoi passi, a volte fermarsi e ripartire più sicuro. Le fughe all’indietro costituiscono movimenti funzionali allo sviluppo del bambino in quanto gli permettono di fermarsi in un’area di esperienza già consolidata traendone fiducia in sé e la sicurezza necessaria per affrontare una delle tappe evolutive successive. Non solo, in un momento di difficoltà la regressione consente un isolamento temporaneo dagli stimoli, una pausa utile per metabolizzare l’esperienza e superarla. Quando ad esempio nasce una sorellina, attraverso il comportamento regressivo il bambino si difende dall’angoscia di non essere più l’oggetto d’amore privilegiato dei genitori e comunica che ha ancora bisogno del loro affetto, ottenendo quel briciolo di coccole in più che gli servono per sviluppare autostima e autonomia.
I momenti di regressione sono insomma fisiologici nella crescita ed è bene che i genitori li accolgano senza combatterli, rispettando i ritmi del bambino. Ciò non significa non notarli o non intervenire se questi diventano continuativi. Ci sono infatti situazioni di regresso particolare che necessitano monitoraggio accurato ed eventualmente un intervento psicologico. In ogni caso è bene evitare di prendere in giro il bambino o opporsi frontalmente ai suoi momenti regressivi: solo non ostacolandoli l’adulto può comunicare al bambino di amarlo a prescindere dai suoi risultati, “Io ti voglio bene sempre, quando mi sorprendi con le tue conquiste veloci e quando mi ricordi che sei ancora piccolo!”.
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