I Presidi

da | 5 Ott, 2013 | Tutto food

Preservare saperi antichi, promuovere pratiche sostenibili e valorizzare il territorio: i Presìdi sono progetti di Slow Food, che salvano prodotti artigianali, razze autoctone, varietà vegetali e tecniche tradizionali (di coltivazione, allevamento e pesca) a rischio. Oggi i Presìdi sono oltre 400 in più di 50 paesi di tutto il mondo: esempi concreti e virtuosi di un’agricoltura sostenibile, basata su qualità, benessere animale, sostenibilità, legame con il territorio, salute e piacere del consumatore. Coinvolgono comunità di piccoli produttori (contadini, pastori, pescatori) disponibili a collaborare, a decidere insieme regole di produzione e forme di promozione del prodotto. Slow Food accompagna i produttori organizzando momenti di formazione e scambi di esperienze, valorizza i prodotti attraverso il racconto e, grazie alla sua rete, mette in contatto i produttori con i consumatori. Il progetto dei Presìdi nasce nel 1999 in Italia. Dopo aver catalogato centinaia di prodotti a rischio di estinzione con il progetto dell’Arca del Gusto, Slow Food ha deciso di entrare concretamente nel mondo della produzione, per conoscere i territori, incontrare i produttori: col tempo il progetto è diventato uno dei veicoli più efficaci per mettere in pratica la politica di SF sull’agricoltura e sulla biodiversità. Viene proprio dai produttori la richiesta di un “contrassegno” di identificazione, tutela e valorizzazione da apporre sulle confezioni dei prodotti, che consenta ai consumatori di individuare i prodotti presidiati: Slow Food Italia registra il marchio “Presidio Slow Food”, corredandolo di un logo e di un regolamento. Possono utilizzare il logo solo i produttori che hanno sottoscritto il regolamento e la carta di utilizzo (in cui dichiarano di rispettare il disciplinare di produzione del proprio Presidio). Ma come si seleziona un Presidio? I criteri di selezione sono numerosi: i prodotti devono essere di qualità particolare, ma devono anche essere legati alla memoria e all’identità di un gruppo e questo rapporto con il territorio deve essere comprovato da testimonianze scritte e orali. I produttori devono essere artigiani che applicano a tutte le fasi della produzione un sapere tradizionale, tramandato in famiglia o appreso da altri produttori in anni di apprendistato. Le tecniche di produzione devono escludere il più possibile l’uso di sostanze chimiche. Ma soprattutto devono essere prodotti che rischiano di scomparire nei prossimi anni. Tra i prodotti da salvare ci sono piccoli sconosciuti legumi come la Roveja di Civita di Cascia o la Cicerchia di Serra dè Conti, formaggi ormai scomparsi come il Montèbore e il Conciato romano, razze a rischio di estinzione come la Varzese o la Cinisara. Ma anche le tradizioni ormai sulla via dell’abbandono in tutto il mondo, dal Motal in Armenia all’olio di palma selvatica in Guinea Bissau, dal riso manoomin dei nativi americani al gelso del Pamir in Tajikistan.

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