Escher e illusioni ottiche a Milano

da | 1 Set, 2016 | Lifestyle

Siete davvero sicuri che un pavimento non possa essere anche un soffitto? E siete certi di andare verso l’alto quando salite le scale? Siete disposti a ribaltare le vostre incrollabili certezze? Allora siete pronti a giocare con le illusioni ottiche e a scoprire gli inganni visivi di Maurits Cornelis Escher. Aggiratevi con curiosità tra le duecento opere in mostra a Palazzo Reale di Milano, fino al 22 gennaio 2017 e vi renderete conto che anche l’impossibile si può disegnare. Le invenzioni di Escher sono spiazzanti, le sue prospettive ardite, le architetture tanto paradossali da lasciarvi a bocca aperta di fronte ad ogni opera. Provate a decifrare gli enigmi degli Emblemata, le 24 piccole litografie che con parole e immagini raccontano con ironia un’epoca. Lasciate invece ai bambini la possibilità di riconoscere le piante e gli animali che incontrerete durante il percorso: cavallette, gigli, soffioni, scarabei, cani, pesci, farfalle, draghi, ecc… Guardate le cose da un altro punto di vista, come quello, insolito, utilizzato da Escher per raffigurare la Basilica di San Pietro a Roma che crea quasi un effetto di disorientamento. E poi, lasciatevi sorprendere dalle mani che si disegnano a vicenda, dalle figure che non hanno né un inizio né una fine, dalle forme concave che sembrano convesse. Il giorno diventa notte, il cielo acqua e i pesci si trasformano in uccelli, come a dimostrare che gli opposti in natura sono strettamente necessari l’uno all’altro. Nel “Vaso di Rubin” due profili diventano il contorno di un vaso. In “Relatività” le pareti diventano soffitti e i soffitti pavimenti in un intreccio di archi e scale. Nel paesaggio del “Belvedere” ci sono colonne che si intrecciano e una forma, insolita, in mano all’uomo seduto, nota come cubo di Necker dall’architettura impossibile. “Metamorfosi” è, invece, un racconto per immagini di forme geometriche che si sviluppano in modo del tutto inaspettato: i quadrati di una scacchiera diventano ramarri, poi esagoni, celle di un favo d’api, api che volano e si trasformano in colibrì e ancora pesci, uccelli, mattoni di Atrani (il paesino della scogliera amalfitana tanto caro all’artista), per diventare di nuovo scacchi, scacchiera e ritornare alla parola originaria “metamorphosis”. Ma per capire meglio le strutture paradossali di Escher mettetevi alla prova con i giochi e gli esperimenti didattici disseminati lungo il percorso di visita e provate a entrare nelle sue opere per viverle da protagonisti. Innanzitutto sedetevi sulla panca e impugnate il cubo impossibile di Necker. Entrate nella stanza degli specchi, tra le sagome dei pesci, per vedere la vostra immagine moltiplicata in tutte le direzioni. E, infine, nel cortile di Palazzo Reale, specchiatevi nella “Mano con sfera riflettente” per avere una visione distorta di voi stessi riflessi in una sfera.

Prima di lasciare il Palazzo, però, addentratevi ancora nelle sale del piano nobile dedicate alla mostra antologica di Emilio Isgrò, l’inventore della cancellatura che ha dato un’identità nuova alle parole e ai segni. Oltre alle 200 opere tra libri cancellati, quadri e installazioni esposte fino al 25 settembre a Palazzo Reale, sarà in mostra alle Gallerie d’Italia l’anteprima del celebre ritratto di Alessandro Manzoni dipinto da Hayez e cancellato in bianco e “I promessi sposi cancellati per venticinque lettori e dieci appestati” alla Casa del Manzoni. Preparatevi a scoprire l’evoluzione nel tempo della cancellatura e della poesia visiva. Il passaggio dalle lettere astratte alle macchie, dal segno (prima nero, poi bianco) e dal testo scritto all’immagine. Isgrò ha cancellato la Costituzione Italiana, l’Enciclopedia Treccani, è intervenuto sui testi in tutte le lingue e in tutte le forme coprendo con un segno la quasi totalità delle parole per far emergere frasi e piccoli frammenti. E poi, percorrete l’installazione-partitura per quindici pianoforti “Chopin” e, prima di uscire, ascoltate il battito di orologio de “L’ora italiana”, segno di un tempo che scorre e aumenta di intensità.

[Simona Savoldi]

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