Caterina e una nuova lista

da | 26 Nov, 2022 | caterina, Lifestyle, Persone

Da dodici anni Caterina è divorziata, da otto ha un compagno, l’Atleta, che vive in un’altra regione, mentre il papà dei suoi figli sta a 40 chilometri dalla città in una piccola frazione di un paesino di montagna. 

Da un mucchio di tempo, quindi, Caterina è l’unica adulta ad occuparsi della quotidianità della casa dove convive con i ragazzi, che da qualche tempo desiderano sempre di più starsene in città – e quindi a casa -, dove ci sono gli amici, la palestra, il loro computer.

Occuparsi della casa e della quotidianità è un lavoro pazzescamente impegnativo e anche se giornali, libri, podcast ne parlano sempre di più, non è stato ancora detto abbastanza: c’è il carico del pensare a che cosa c’è da fare e c’è quello del fare ed è ancora tutto o soprattutto sulle spalle delle donne. 

Il carico mentale

Il primo si chiama “carico mentale”, ovvero periodicamente, quotidianamente, preoccuparsi di scrivere la lista delle cose da fare, cominciando il mattino a colazione, e ritornandoci più volte durante la giornata: quando fare le lavatrici, quando le pulizie, pensare a che cosa cucinare e quindi a quale spesa serve, stilare l’elenco di tutte le altre cose necessarie a tutti, tenere a mente le bollette e le scadenze burocratiche e fiscali, occuparsi della manutenzione della casa, chiedersi se qualcuno ha bisogno di cure o visite mediche, e aggiungete pure voi tutte le altre cose alle quali dovete pensare, prima ancora di mettervi in pista per occuparvene.

Questa parte richiede, oltre alla capacità di tenere insieme decentemente ogni punto della lista, inventiva (che diavolo cucino ‘sta sera), capacità di far quadrare il budget, organizzazione di una logistica adeguata (spostamenti, tempi), ricerca di informazioni e di soluzioni, miracoli coi soldi, ma anche dialoghi, mediazioni, intrecci di agende, e mettiamoci pure: la preoccupazione di non far male al pianeta e al nostro corpo, l’attenzione a non sfruttare il lavoro delle persone, il desiderio di varietà (ancora pasta al pomodoro? Ancora carote?)… insomma, un mucchio di roba e non si è ancora passati alla seconda parte del carico che è: agire, telefonare, prendere un mezzo di trasporto, procurare il cibo facendo attenzione ai prezzi e alla qualità, andare in posta, in banca, in farmacia, in in in…, e poi cucinare, lavare, stendere, pulire, riordinare, buttare la differenziata…

La manovalanza

Il secondo grande carico lo chiameremo “manovalanza” ovvero un mucchio di roba che, mescolata al lavoro “vero”, cioè quello che Caterina fa nella vita per essere felice e per guadagnare il necessario per vivere, diventa esplosivamente e ingiustamente troppo per una persona sola.

Certo, ci sono alcune mansioni di manovalanza che i ragazzi fanno da qualche anno, però: bisogna spesso ricordarglielo e sono veramente poche, perché Caterina a volte sente meno fatica nel fare che nel chiedere di fare. Illusione masochista. Grande trappola. I nodi del doppio carico vengono sempre al pettine. E sono dolori. E rabbia. E frustrazione. 

Come rendersi conto del carico mentale e di quello pratico, come condividere questa consapevolezza e un diverso modo di organizzarsi e fare, più equamente distribuito, con l’altro adulto di casa, se c’è, o con le persone amiche o in altri modi creativi – se si è l’unica persona adulta in casa – come lavorare sui “si deve, si fa così” e sui modelli sono tutti temi interessantissimi e un giorno, molto presto, Caterina vuole dedicare loro più spazio, ma ora, qui, le interessa condividere l’accendersi di una consapevolezza precisa nel buio della fatica e dell’irritazione: l’accorgersi, all’improvviso, che i due bambini che vivono con lei da tanti anni non sono affatto più bambini, sono i suoi figli ma non sono bimbi, e quindi possono occuparsi tanto quanto lei di un sacco di cose, e non solo “farle” magari sotto minaccia o sotto ricatto e quindi con un dispendio di energie assurdo, ma “pensarle E farle”, e non rimandare né il pensiero né l’azione. 

Nutrirli di autonomia e senso della comunità

Se n’è accorta in una sera di novembre e quando l’ha capito ha scritto un urgentissimo, lungo messaggio whatsapp ai ragazzi che erano al cinema, Caterina ha finito il messaggio così: adesso che siete grandi, perché siete grandi, potete farvi carico di una parte delle cose di cui mi sono occupata da sola finché eravate bambini. Conviveremo ancora per un po’ e in questa casa, ora, siamo tre adulti, perché voi siete figli ma non siete più bimbi. 

I ragazzi erano piuttosto impressionati, non proprio entusiasti di questa “bella scoperta” della loro mamma e di questo fiume di parole, ma hanno iniziato a capire. E ad agire. 

Il giorno dopo, nella lista che Caterina stila solitamente a colazione, mentre loro dormivano ancora il sonno dei bambini, ops, dei giovani uomini, la prima voce dell’elenco delle cose a cui pensare e da fare è stata: nutrire i figli, sì, ma nutrirli di autonomia e di senso della comunità; la seconda: sensibilizzarli ogni giorno sul carico mentale e pratico delle cose da fare, la terza: dividersi i carichi in incarichi di pensiero e azione; la quarta: se loro non si occupano delle cose, lasciarle non fatte e che ciascuno si prenda la propria responsabilità. Poi, tranquilla e già un po’ più sollevata, Caterina ha bevuto un secondo caffè ed è uscita a camminare nel sole. 

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