DAD: tra caos in famiglia e risposta delle scuole

da | 16 Mag, 2020 | Lifestyle

Fare DAD spesso significa avere problemi con la tecnologia, mancanza di strumenti e genitori che si improvvisano insegnanti. Le scuole hanno cercato di trovare soluzioni, dalla distribuzione di tablet all’utilizzo di canali Radio

Da più di due mesi ormai la scuola si è trasferita a casa e anche se per molte classi le procedure sono ormai avviate, inizialmente una gran confusione regnava tra gli allievi e non c’era alcuna direttiva chiara. Non c’è famiglia che non abbia dovuto affrontare dei problemi della DAD: mancanza di strumenti tecnologici, connessione wi-fi, diversi tempi di apprendimento rispetto agli altri, e sovrapposizione di tempi lavoro/scuola. 

Genitori vs tecnologia

Per fare lezione e condividere i materiali si utilizzano attualmente le piattaforme online, come Weschool, Padlet o Jitsi Meet, a seconda della preferenza dell’insegnante o della scuola.

Si tratta di spazi virtuali di condivisione dove è possibile caricare documenti, immagini, video, spiegazioni e link. 

“All’inizio i miei bambini hanno accolto questa novità con entusiasmo” racconta Marco, papà di due bambini della scuola elementare “anche se erano un po’ in difficoltà a usare la piattaforma.

Molti genitori sono impazziti per capirne il funzionamento, dall’iscrizione stessa alle modalità di restituzione dei compiti.

Abbiamo assistito a tre settimane di caos generale, e poi finalmente la situazione si è stabilizzata e hanno iniziato a lavorare con regolarità”

Più piccoli, più supporto 

Non tutti i bambini hanno familiarità con la tecnologia e molto dipende dai dispositivi che sono abituati a utilizzare.

Una grande differenza è dettata dall’età “Devo ammettere che il più piccolo dei miei figli, che frequenta la seconda elementare” racconta Marco, papà “ha bisogno di essere seguito costantemente per l’organizzazione del lavoro, l’utilizzo della piattaforma e per le spiegazioni che non sempre sono sufficienti.

Non è un problema legato ai materiali inviati o al bambino. E’ la mancanza fisica dell’insegnante e a quell’età hanno bisogno di qualcuno che li segua”.

É ormai chiaro a tutti che i bambini più piccoli – in particolare del primo e del secondo anno della primaria – hanno maggiore difficoltà: molti di loro stanno ancora imparando a scrivere e tenere in mano la penna. Acquisire queste competenze attraverso un video è molto complicato.

Genitori-insegnanti

Quasi tutti i bambini della scuola primaria hanno bisogno del supporto e della mediazione dei genitori, e coloro che non hanno questo sostegno per diversi motivi riscontrano più difficoltà.

Alcuni insegnanti cercano di andare incontro alle famiglie con spiegazioni interattive o offrendo un supporto individuale.

Nelle classi in cui la DAD si riduce a una lista di compiti da svolgere, il genitore si vede obbligato ad assumere il ruolo del maestro. 

Questo ruolo non è conciliabile con nessun tipo di impegno lavorativo, anche se smart, e ‘insegnare’ non è per niente facile senza formazione ed esperienza adeguate. Insomma, se l’insegnante è poco disponibile la vita del genitore si complica e il rapporto con la scuola si inclina.

Più figli, più caos

Le famiglie con più di un figlio in età scolare vedono la situazione ancora più complessa rispetto a chi ne ha uno solo. I bimbi si disturbano a vicenda se studiano nello stesso ambiente, e se il PC è uno solo le videolezioni non possono sovrapporsi.

Peggio ancora per chi usa solo WhatsApp “Spesso entrambe le mie figlie vogliono vedere i materiali che le maestre inviano tramite whatsapp: ma io ho un solo telefono e si crea un gran pasticcio” racconta Federica, mamma. 

Chi ha più figli vede triplicare il proprio impegno di ‘insegnante improvvisato’ e sente il bisogno di disporre di più dispositivi tecnologici.

Attenzione in calo

Seguire le lezioni davanti a uno schermo è difficile, soprattutto per i bambini della scuola primaria, che si distraggono dopo pochi minuti. Da quando la scuola è chiusa, per molti di loro la concentrazione si sta riducendo ogni giorno di più.

“Il bambino a casa si distrae tanto” spiega Silvia, mamma di Isotta, secondo anno della scuola primaria “immagino che questo sia un problema anche a scuola, ma trovarsi in classe insieme agli altri è diverso. Molti genitori che conosco hanno bisogno, come me, di un’ora per convincere i propri figli a fare i compiti. Sicuramente manca l’autorità dell’insegnante”.

Una cosa è certa: se gli insegnanti utilizzano il metodo tradizionale – lezione frontale e invio dei compiti – l’attenzione cala dopo pochi minuti. Diverso invece è se vengono proposti metodi interattivi di apprendimento, coinvolgendo i bambini e mantenendo un buon livello di interesse e attenzione.

I grandi esclusi

In una classe ci sono stranieri, dislessici, disgrafici, bambini con problemi di apprendimento o altre problematiche non riconosciute, oppure patologie più gravi che necessitano la presenza fisica dell’insegnante. La DAD aumenta il divario tra coloro che sono in difficoltà e quelli che hanno una famiglia alle spalle in grado di supportarli.

Le disparità sulla quale lavora il nostro modello di integrazione scolastica emergono bruscamente con la DAD. Per le insegnanti di sostegno continuare a seguire il proprio allievo solo attraverso il video può risultare molto complicato in quanto riduce decisamente la relazione educativa.

“Credevo che la relazione a distanza con il mio allievo fosse impossibile” racconta Francesca, insegnante di sostegno “Seguo un bambino della scuola primaria a cui è stato diagnosticato un ritardo cognitivo e ha difficoltà nella relazioni.

Nonostante un po’ di fatica, riusciamo a vederci e comunicare  spesso. Certo, l’attenzione dura 10 minuti e dobbiamo fare tantissime pause. Ma meglio di nulla”.

E se mancano gli strumenti?

Una delle questioni più rilevanti emerse sin dall’inizio del lockdown è la carenza degli strumenti necessari.

Si stima che il 20% degli alunni in questi primi due mesi di didattica a distanza sia rimasto escluso e che molti seguano a gran fatica perché non hanno a disposizione un PC, un tablet o una buona connessione wi-fi. 

“Seguo una classe di 25 bambini e di questi solo 6 hanno un PC e una connessione wi-fi accettabile” racconta Laura, maestra.

“Questo significa non vedere o sentire bene l’insegnante, ma anche il materiale, la lavagna digitale o i quiz che cerco di preparare per rendere l’apprendimento il più interattivo possibile.

Molti di loro, collegati con il telefono dei genitori in connessione dati, dopo 15 minuti rinunciano e spariscono perché la connessione va e viene”. 

Per questo motivo alcuni insegnanti hanno rinunciato a questo strumento e inviano compiti da fare e schede da compilare. In questo caso però, avere una stampante è utile.

“Nella classe di mia figlia non fanno videolezioni ma mandano soltanto compiti e prevalentemente schede da compilare” spiega Federica.

“Per noi va bene così perché non abbiamo il tablet e il nostro PC funziona male. Ma sarebbe utile avere una stampante, che invece non abbiamo: la bambina può copiare qualche parola sul quaderno ma la comprensione diventa difficile. Così ci ritroviamo ogni settimana a stampare decine di fogli nell’edicola accanto a casa”

Un aiuto a chi non è raggiungibile

Alcune scuole, a discrezione dei dirigenti scolastici, hanno messo a disposizione PC portatili e tablet presenti a scuola alle famiglie che ne facevano richiesta.

Altre hanno utilizzato i fondi del ministero dedicati all’emergenza per andare incontro alle famiglie con l’acquisto di schede SIM per la connessione dei dati. In arrivo c’è un finanziamento europeo di 80 milioni di euro per ridurre  ulteriormente il gap tra gli studenti e supportare le scuole nell’acquisto di eventuali tablet, router mobili o schede SIM e. 

C’è da considerare però che esistono alcune zone in cui la connessione è difficile per tutti, come le valli o aree rurali.

Alcuni istituti hanno trovato la soluzione nella radio. In provincia di Alessandria utilizzano il progetto Scuola in Onda, che raggiunge tutti attraverso la rete di una radio locale trasmettendo file audio registrati dagli insegnanti.

Un ritorno al passato che ha portato una soluzione rapida ed efficace.

Leggi anche –> Didattica a distanza: come e per quanto?

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