Incantarsi, o sognare a occhi aperti

da | 28 Feb, 2020 | Lifestyle, Salute e Benessere, Senza categoria

Per bambini e adulti, incantarsi, perdersi, vagare con il pensiero, in un momento in cui si è svegli e coscienti, rappresenta una condizione fisiologica che si verifica molto spesso. Ecco cosa succede, spiegato bene. 

Il fenomeno dell‘incantarsi, vissuto in prima persona o osservato in chi abbiamo vicino, sembra rappresentare un funzionamento molto importante del nostro cervello. Cosa succede in quel momento, come mai lo facciamo, più o meno frequentemente, a tutte le età? Trovare informazioni attendibili non è affatto semplice. Ne parliamo con il dott. Filippo Dipasquale, Neuropsichiatra Infantile e Psicoterapeuta Funzionale. 

Incantarsi

L’incantarsi è stato recentemente presentato con diverse definizioni, spiega il dott. Dipasquale. Si parla di “fantasia in veglia”, “sogno a occhi aperti” o meglio “sognare di giorno” (daydreaming), “vagare con la mente” (mind-wandering) o “oscurare la mente” (mind-blanking). 

Bambini che si incantano

Questo fenomeno si verifica tutto ad un tratto quando il bambino “stacca il contatto” col mondo della realtà che sta vivendo in quel momento. Come se in un attimo il tempo si fosse fermato, entra in uno stato in cui sembra seguire i suoi “pensieri”, fissando il vuoto avanti a sé con gli occhi aperti (staring spell), ma non bizzarramente sbarrati.

Il bambino appare in uno stato di calma, i suoi lineamenti e la mimica del suo volto appaiono rilassati. Più spesso si trova nella posizione seduta e col capo spesso “appoggiato” su una mano, comunque in una posizione che permetta il miglior allentamento muscolare.

Se potessimo controllare i parametri fisiologici senza alterare, disturbandola, questa delicata condizione di equilibrio, non potremmo che rilevare un respiro regolare e lento, una frequenza cardiaca bassa e regolare, la cute calda, rosea e asciutta. È un momento in cui il bambino appare tranquillo, come se tendesse a mantenere inalterato il suo stato di “riposo” rispetto al “rumore di fondo” ambientale. Come se stesse rielaborando pensieri senza i limiti imposti dalla realtà. Come se stesse prendendosi un tempo per il recupero delle sue energie fisiologiche.

Quando capita di incantarsi? 

È una condizione che sembra più frequentemente verificarsi nei periodi della giornata in cui è impegnato in processi che richiedono uno sforzo di attenzione, come quando è coinvolto in compiti o attività mentali. Un’analoga condizione si verifica quando il bambino si ferma dopo avere “perso il controllo” o aver “fatto il pazzerello” in giochi di movimento. In tal caso, si osserva uno stato di allentamento più profondo e che persiste più a lungo come stato di riposo. Incantarsi, in questa circostanza, insieme a un  evidente allentamento muscolare che giunge quando si mette in posizione più comoda, (spesso sdraiato e per un tempo più lungo), potrebbe anche portare gradualmente al sonno ristoratore.

Incantarsi è fisiologico 

Non è per niente facile trovare un’informazione che riporti alla connotazione fisiologica del fenomeno dell’incantarsi, un’informazione che risulti almeno un po’ più rassicurante sul suo significato “funzionale”. In effetti, la fisiologia di questo fenomeno non è stata studiata nello specifico in età evolutiva. Negli studi clinici il fenomeno dell’incantarsi viene considerato fisiologico solo dopo che opportuni accertamenti medici ne escludano una patologia sottostante. Pertanto, la gran parte dell’informazione continua a diffondere l’allerta sui sintomi, nonostante negli studi pubblicati sia stata ampiamente documentata una più alta prevalenza di fenomeni puramente fisiologici nei bambini che si incantano rispetto all’eventualità di una forma epilettica. Inoltre, in tutti gli studi clinici si conferma una presenza di patologia in una percentuale davvero molto bassa dei casi venuti a controllo.

Cosa ci dice Google a riguardo? 

Se oggi vi intrattenete a googlare termini come “bambini che si incantano”, “…che fissano il vuoto”, “…che si assentano”, – ma io vi consiglio vivamente di non farlo se siete direttamente interessati da una preoccupazione in tale senso – vi si presenterà una lunga sequenza di link su siti che riportano pareri di esperti o consulenze mediche che avvisano sulla possibilità che si tratti di crisi epilettiche di assenza o di crisi epilettiche cosiddette subdole.

La patologia

Quando il fenomeno è patologico è di solito accompagnato da sintomi specifici. Tali sintomi sono: scosse evidenti, innaturali e ripetute ai muscoli degli arti, del tronco o della faccia, l’oscillazione stereotipata del tronco, la perdita di urina nel corso del fenomeno, oltre al riscontro di chiari segni di alterazione nell’elettroencefalogramma o la presenza di evidenti disturbi neurologico.

 Ma se tali segni sono assenti, e se i bambini presentano le caratteristiche che ho prima descritto, se essi sono reattivi quando chiamati o toccati, molto difficilmente ci si trova di fronte a qualcosa di anomalo.

Perché qualcuno si incanta e altri no?

Come per qualsiasi altra caratteristica umana, si deve considerare la normale variabilità: ciascun individuo adotta modalità funzionali diverse nel mettersi in relazione con l’ambiente. Non esistendo in letteratura dati epidemiologici sul fenomeno dell’incantarsi nei bambini, molto si può imparare da quanto la ricerca è capace di raccontare oggi. 

Le prime ricerche

Da quando è stato riportato per la prima volta scientificamente, il fenomeno del “sognare ad occhi aperti” (daydreaming) o “vagare con la mente” in veglia (mind-wandering) è diventato un argomento molto studiato, anche se finora prevalentemente negli adulti. La storia della ricerca in quest’ambito nasce con lo studio originale di Jerome Singer e Vivian McCraven del 1961 , in cui a un campione di giovani adulti reclutati nei college universitari americani fu somministrato un questionario che mirava a rilevare se e quante volte nell’arco della giornata si verificasse il fenomeno dell’incantarsi e quale fosse la loro esperienza sul contenuto che ricordavano di avere vissuto. Lo studio riportò che il 96% degli studenti riferiva di avere avuto quotidianamente più episodi di daydreaming di contenuto diverso. La ricerca si è successivamente orientata allo studio del contenuto dei daydreaming, con l’obiettivo di approfondire la comprensione del funzionamento psicologico e le eventuali ricadute in ambito psicopatologico.

Ricerche sull’incantarsi nei bambini

Alcune ricerche condotte sui bambini nacquero con l’avvento della televisione, per studiare gli effetti dell’eventuale influenza che determinati programmi a contenuto pro-sociale, anti-sociale o violenti avrebbero potuto avere sulla loro immaginazione. In particolare si indagava su quanto le divagazioni fantastiche in cui i bambini entravano in contatto avrebbero potuto influire sui loro comportamenti. Dagli anni ’80 un forte impulso alla ricerca si verificò con la nascita delle neuroscienze, quell’ambito multidisciplinare di ricerche finalizzate allo studio del funzionamento del cervello.

Attenzione e vigilanza

Considerata la carenza di studi nei bambini, partiamo da concetti come vigilanza e attenzione. Sono due termini che definiscono stati di funzionamento del cervello. Pur presentando caratteristiche analoghe, vigilanza e attenzione non rappresentano una stessa funzione. 

Essere vigili o essere attenti non corrisponde alla stessa attività del cervello. 

Il Resting State, svegli ma poco attivati

Quando siamo svegli e non siamo impegnati in nessuna attività, siamo in uno stato definito resting state. 

Con avanzate tecniche di elaborazione dei dati si è provato che in quello stato di veglia a riposo,  i segnali di attivazione rilevate in alcune aree del cervello tracciano una rete di associazione tra più gruppi di neuroni, definita “Default Network”. Quando ci troviamo nel “Default Mode Network” (DMN), la cosiddetta modalità default, questa rete è accesa, funziona, siamo svegli ma anche poco attivati, ci troviamo in uno stato di vigilanza congruente a quella situazione .

Pare proprio che entrare nello stato di mindwandering, ossia cominciare a vagare con la mente, sia correlato al funzionamento del DMN. 

Incantarsi e sognare 

Nel sogno si vive un’attività molto ricca di immagini e sensazioni che prendono strade diverse e non apparentemente controllabili. Il sogno rappresenta la condizione in cui è più possibile spaziare, poiché le costrizioni che derivano dalla realtà vissuta sono minime. Lo stato di veglia invece non permette tutti questi gradi di libertà, pone più restrizioni alla possibilità di vagare oltre dei confini.

Resting- state come “tempo di ristoro”

Torniamo ai bambini. La loro capacità di concentrarsi  non è ancora così matura da evitare le distrazioni da un compito. Pensiamo a quante occasioni può avere un bambino di incontrare una realtà ricca di novità interessanti. A volte possono risultare difficili da comprendere e elaborare, addirittura paurose. E pensiamo poi a quante energie, di conseguenza, debbano impiegare. Entrare nel resting-state sembra rappresentare quindi una buona possibilità, un’opportuna modalità fisiologica che permetterà di ripristinare le energie. Se potrà verificarsi frequentemente nella giornata, il resting stateoltre al sonno, funzionerà come una ricarica di energie spese nell’impegno che la mente investe per elaborare una quantità enorme di nuove informazioni. 

Il “grado di mezzo” della vigilanza

In questo quadro teorico è verosimile collocare il fenomeno dell’incantarsi di un bambino. Se il bambino non dorme, e in tal caso annulla lo stato di vigilanza, e se non è attento selettivamente ad un compito specifico, può facilmente entrare nei “gradi di mezzo” della vigilanza. In questo stato si può verificare il fenomeno dell’incantarsi, più o meno ricco di contenuti di pensiero spesso lontani dalla realtà che in quel momento sta vivendo.

Il cervello del bambino è come una spugna

Proviamo ora ad applicare quanto detto al cervello del bambino, riflettendo in particolare sulle modalità di funzionamento in età evolutiva. Le capacità di attenzione del bambino sono ancora molto poco selettive, cioè aperte ad accogliere ed elaborare quanto si presenta nel corso delle esperienze. Questo fa del cervello del bambino una spugna che assorbe tantissimi stimoli.  Ma allo stesso tempo, tante esperienze nuove rappresentano per il bambino un continuo lavoro e un alto dispendio di energie, ed è già stato dimostrato da studi di neuropsicologia clinica come, almeno fino all’età prescolare, impegnare a lungo l’attenzione rappresenti per il bambino l’attività che determina il maggior dispendio di energie.

I bambini oggi si incantano di meno?

Non sento più di tanti bambini che si incantano. È come se oggi molti, troppi bambini non avessero più il tempo di incantarsi. Nei momenti in cui questo tempo si rende disponibile, è come se non riuscissero a “fermarsi”.  Si può senz’altro condividere l’ipotesi che ciò dipenda dai tempi ristretti che la vita ci obbliga a rispettare. Tempi che restringiamo ancor più, quando oltre alla scuola,  programmiamo per i nostri bambini troppe attività, come lo sport, attività ludiche o ricreative.  In tal senso, la mancanza dell’incantarsi potrebbe solo rappresentare il semplice adattamento ai ritmi imposti dalla vita sociale.

Cosa suggerire a un adulto che osserva un bambino o bambina che si incanta di frequente?

Come detto, il fenomeno dell’incantarsi è un’espressione fisiologica del funzionamento del bambino. Se riflettiamo sul valore che le esperienze hanno per lo sviluppo noi grandi dovremmo fermarci e imparare a sentire il bisogno dei bambini. Sentire significa accorgersi se un neonato o un lattante piange per fame, colica o frustrazione. Se l’espressione corporea del bambino racconta gioia o tristezza, allentamento o attivazione, vitalità o depressione. Permettere ai bambini di continuare a sentire il bisogno, per poter tendere alla loro soddisfazione, farà sì che le loro esperienze abbiamo piena espressione e arricchiscano il loro sviluppo nei tempi giusti e nelle adeguate modalità

Il pregiudizio che ci inganna

Se ci alleniamo a sentire veramente, riusciremo a controllare il pregiudizio in cui cadiamo quando pensiamo che abilità e buone prestazioni del bambino rappresentino gli indicatori più importanti del normale sviluppo. È importante che i grandi comincino a cambiare punto vista, a fermarsi a sentire, è dai veri bisogni che si può partire per guidare adeguatamente i bambini attraverso le loro esperienze. Incantarsi sarà così possibile, nei momenti intercalati a tante altre esperienze o attività in cui il bambino si cimenta, e servirà moltissimo al recupero delle loro energie. Penso che questa strategia non richieda molte risorse da spendere, se non l’impegno personale.

 

 

 

 

 

 

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