Mamma viaggia da sola: intervista con Paola Scaccabarozzi

da | 11 Mag, 2023 | Libri, Libri, Lifestyle, Persone, Shopping, Viaggi

La giornalista e scrittrice Paola Scaccabarozzi ci racconta perché ha bisogno, ogni tanto, di partire e viaggiare. E perché questo la rende una persona, ma anche una mamma, migliore

“Ragazzi, la mamma parte!”: chi di noi non desidera, almeno un paio di volte al giorno, chiudere la porta e andarsene? Paola Scaccabarozzi, giornalista e scrittrice brianzola, non solo lo dice ma soprattutto lo fa: più volte all’anno prenota il suo viaggio in solitaria, lascia a casa marito e figli e parte. Parte perché ha bisogno di viaggiare e ha bisogno di viaggiare da sola, perché “il viaggio in solitudine, con una famiglia a casa per scelta, è prima di tutto: aria fresca, la tua”. 

Viaggio perché

Una donna che viaggia da sola, soprattutto se con una famiglia a casa, innesca una miriade di interrogativi nella testa di chi la incontra in un ristorante da sola, nella mente delle amiche che la vedono partire, nelle telefonate dei parenti che non la trovano a casa, nei commenti degli insegnanti dei suoi figli. 

A forza di rispondere a tante domande, Paola ha deciso di raccogliere tutte le sue risposte in un libro, Ragazzi, la mamma parte! Viaggiare da sola con la famiglia a casa (Giraldi Editore): un po’ guida pratica e un po’ raccolta di episodi e riflessioni personali. Nel libro Paola racconta da dove nasce il suo bisogno di esplorare in solitaria, di come ha imparato a gestire rabbia, imprevisti e sconforto e i pregiudizi che si trova a smontare ogni volta che prenota una camera singola. Ma non si ferma qui: le pagine più divertenti forniscono anche pratici consigli su come fare il bagaglio perfetto per ogni meta, imparare a cenare da sole o come salire su un aereo a elica a 36 posti per sorvolare l’Everest quando si ha paura di volare. 

Paola, iniziamo dal presente: da dove sei appena tornata?

Sono da poco tornata da un viaggio in India. Solo due tappe, ma molto intense: Calcutta e Varanasi. Un viaggio breve come sempre, avendo famiglia e lavoro che mi aspettano in Italia, ma a suo modo lento. Due sole mete in nove giorni che mi hanno permesso di avvicinarmi un po’ a una realtà estremamente complessa, affascinante e lontana dalla nostra. A Varanasi sono tornata molte volte, è una delle città più antiche del pianeta, il più grande teatro dell’umanità dove vita e morte si mescolano in tutte le ore del giorno e della notte. L’approccio con Kolkata (che noi continuiamo a chiamare erroneamente Calcutta) è stato denso, ricco di stimoli e, al tempo stesso, faticoso.

mamma parte

Insegnare la libertà

Qual è stato il tuo primo viaggio? E quando hai deciso di partire la prima volta in solitaria lasciando a casa figli e marito? 

Il primo viaggio è quello che feci da ragazzina, pedalando da sola intorno a casa, le mie escursioni solitarie in bicicletta in Brianza, luogo in cui sono nata e risiedo. La mia attitudine all’esplorazione in solitaria è cresciuta con me. E poi sono iniziati i viaggi veri e propri, raggiungendo man mano mete più lontane. Coi figli piccoli infatti mi allontanavo solo qualche ora da casa e poi ho allungato il percorso, dall’Italia all’Europa, fino a un’altra città che da tempo esercita su di me un’attrazione fortissima: Gerusalemme. In Israele ci sono andata quando i miei bambini frequentavano i primi anni delle elementari. Non avendo né mamma, né suocera, per me non è stato semplicissimo muovermi e organizzarmi. Ma con pochi giorni a disposizione e una meta precisa in mente, ce l’ho fatta! 

Come hai comunicato il desiderio di partire da sola a tuo marito e ai tuoi figli? E come hanno reagito?

Ho sempre parlato moltissimo con la mia famiglia. Conoscono molto bene le mie attitudini e il mio desiderio di autonomia: credo sia un bene prezioso anche per i ragazzi, un insegnamento sia per un figlio, sia per una figlia. Quindi non si sono affatto stupiti e hanno approvato. Anzi, ne hanno tratto uno stimolo per coltivare anche loro passioni e interessi in solitaria, per seguire i loro sogni. Tutti comunque in casa amiamo molto viaggiare. Lo facciamo, quando possibile, molto volentieri anche tutti insieme.  

I tuoi figli hanno ereditato la tua passione?

Sì, sia Pietro, 19 anni, che Iris, 17 anni, sono dei grandi viaggiatori. Amano moltissimo l’arte, la filosofia, la letteratura, i musei. Luoghi vicini e lontani. Sono attratti dalla montagna, dal mare, dai deserti e… moltissimo dalla gente che si incontra qua e là per il mondo, anche sotto casa. Per il loro il viaggio è uno stimolo che deve essere attento e non compulsivo. Mi dicono spesso che serve del tempo di elaborazione dopo un viaggio impegnativo. Credo abbiano imparato l’attitudine allo sguardo e ne sono enormemente felice.

E come reagiscono le altre donne, in particolare le altre madri, quando racconti di questa tua passione?

Le reazioni sono piuttosto variegate: alcune esplicite, altre sottintese. Moltissime vorrebbero imitarmi e mi chiedono come fare. Sono affascinate dall’idea. Altre hanno paura perché temono rischi e pericoli o forse il giudizio della società. Altre ancora credono sia un sogno impossibile da realizzare concretamente. Lo percepiscono come un azzardo, una follia. Tante, in maniera più o meno esplicita, non vogliono neppure affrontare l’argomento con il proprio marito o compagno. 

Il viaggio è una meditazione in cammino

Quali consigli puoi dare a chi desidera seguire una sua passione? 

Io consiglio di seguire il proprio istinto, i propri interessi, trovare la propria via, va bene farlo insieme ma provate a farlo anche anche in autonomia. 

E poi naturalmente, come per qualsiasi sogno, serve moltissima organizzazione. Un viaggio per trasformarsi in un sogno deve restare, paradossalmente, ben ancorato a terra. Più abbiamo badato agli aspetti pratici, meglio ci siamo preparate, più̀ facile sarà̀ volare via, entrare in una dimensione inesplorata e in una realtà̀ sconosciuta e godersi davvero l’avventura”.

In uno dei capitoli del tuo libro scrivi: “Anche la viaggiatrice solitaria più collaudata, quando chiude la porta di casa, ha regolarmente il groppo in gola.” È questa la difficoltà più grande che incontri nei tuoi viaggi? O ci sono cose più difficili che ti trovi a superare?

La difficoltà più grande che vivo nei miei viaggi, e la cosa più bella di cui mi arricchisco, sono la stessa cosa per me: ossia l’affascinante e difficoltosissimo incontro con me stessa. Il viaggio solitario è una sorta di psicanalisi continua, è una meditazione in cammino. Si tratta di avere a che fare con i propri pregi e limiti, con le proprie fragilità e la propria forza. È meravigliosamente liberatorio e, al tempo stesso, mostra gli aspetti più intimi e complessi di sé (belli o brutti che siano). A volte si vorrebbe condividere e non è possibile, altre volte si percepisce l’enorme vantaggio di vivere quel luogo in quel determinato momento a un livello di intensità altissima perché condividere davvero e profondamente non sempre è facile. È bello raccontare quando si torna a casa e condividere a posteriori, soprattutto coi ragazzi, le fatiche, le gioie, le scoperte.

Di Valentina Orsi

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