Cos’è l’amore? Rimboccarsi le maniche

da | 26 Nov, 2015 | Persone

La prima domanda che vorresti porre a Paola, incontrandola, è: “Dove hai nascosto la tuta da supereroe”? Di supermamme ne conosciamo tante, ma questa storia è davvero particolare. Una mamma giovane, solare, brillante lavoratrice, che ha dato alla luce quattro figli di cui uno affetto da autismo e che ha tanti progetti in cantiere, come la creazione di un nuovo centro di aggregazione dedicato ai tutti i bambini e i ragazzi. E quando diciamo tutti, ci riferiamo anche a bambini e ragazzi con bisogni speciali, nessuno escluso. La storia di Paola e di suo marito Cristiano apre il cuore, come splendido esempio della forza di un vero amore. L’amore non romantico, ma piuttosto quello che dà la forza di rimboccarsi le maniche e affrontare con gioia e a testa alta le sfide della vita.

Una scoperta dolorosa
“Ho 39 anni, un marito che amo e quattro figli meravigliosi che vanno dagli 11 anni ai 12 mesi – racconta Paola -. Sono la nostra gioia, la nostra forza più grande. Giacomo, il secondo, è autistico. Lo amiamo tantissimo, così come tutti gli altri, ma il suo autismo ci ha fortemente sconvolto l’esistenza. Di autismo personalmente sapevo poco, come probabilmente la maggioranza delle persone, per me autismo era Rain Man, il film con Dustin Hoffman e Tom Cruise, nulla di più”. Quando Giacomo aveva 2 anni, nella vita della famiglia si è aperta una voragine, una caduta in verticale. “Fino ad allora aveva avuto uno sviluppo normale, o almeno così ci era sembrato, e non pensiate di essere genitori distratti, ma nessun comportamento disturbato così eclatante ci aveva fatto preoccupare. Poi la situazione è precipitata. Giacomo ha avuto una regressione nella parola. Era sempre distratto, lontano con la sua mente dalla realtà, non guardava negli occhi, non si voltava quando lo chiamavamo, non socializzava con i suoi coetanei. Con i bambini in generale aveva un contatto solo attraverso l’adulto e con sua sorella Carlotta giocava in maniera semplice. Per lo più si rincorrevano, si rotolavano, guardavano i cartoni assieme, ma nulla di più”.

La diagnosi di autismo è arrivata tardi, il pediatra non l’aveva riscontrato. Dietro consiglio di una neuropsichiatra, che parlava di psicosi e genericamente disturbo dell’emozione, iniziò per Giacomo una terapia psicologica faticosa che non ha dato frutti, se non quello di creare ancora più frustrazione ai genitori e a lui. L’idea di andare in un centro specializzato in autismo venne a Cristiano. Lì la diagnosi emerse subito. Un passaggio molto importante per la famiglia, che per lo meno capì quale nome dare al disturbo del piccolo. L’autismo è un disturbo invalidante, che ha alcuni comuni denominatori: difficoltà nella comunicazione, nella relazione con gli altri, stereotipie. Non si parla di autismo ma di autismi, perché sono tutti diversi, con appunto alcune caratteristiche comuni.

Dall’accettazione alla crescita
“È stato un periodo difficilissimo, molto doloroso e molto angosciante – continua Paola -. Per me la fase di accettazione dell’autismo è stata lunghissima e solo da un paio di anni riesco a parlarne senza farmi sopraffare dall’emozione. Sono cresciuta anche io, sono diventata più forte e adesso non ho più paura, in questo caso si combatte meglio. Con il tempo siamo riusciti ad andare avanti grazie all’amore su cui si basa la nostra famiglia. Dico questo senza voler apparire romantica, è la pura verità. L’amore è stato forte e saldo tra mio marito e me (ci sono coppie che si separano vivendo un’esperienza del genere, noi ci siamo uniti ancora di più). E poi c’è stato l’amore per Giacomo, l’amore per Carlotta, l’amore che i nonni ci hanno dimostrato e donato standoci semplicemente vicini e supportando le nostre scelte, anche solo da un punto di vista emotivo, e poi amando Carlotta e Giacomo, come Guglielmo e Achille, esattamente per quello che sono. Credo che ogni madre e padre abbiano in loro una forza enorme, che vista dagli altri genitori, con magari un figlio solo, senza alcun problema, può sembrare fuori dal comune. In realtà tutte le madri e tutti i padri, assennati, hanno questa forza dentro, è quella forza viscerale che emerge proprio nel momento della grande sofferenza, del grande dolore, che aiuta a reagire e ad andare avanti come un treno in corsa, verso obiettivi lontani e possibili”.

Giacomo vi ha insegnato moltissimo “Più di quanto noi, i terapisti, le maestre, gli educatori, stiamo da anni cercando di insegnare a lui. Ci ha spalancato gli occhi su un nuovo mondo, quello della disabilità, che non conoscevamo, da cui a volte abbiamo preso le distanze, come si fa di solito con tutto ciò che non si conosce e perciò spaventa. È un mondo molto fertile, quello della disabilità, ricco di anima e sentimenti che non ricordiamo nemmeno più di avere: la sensibilità, il rispetto per le differenze, per gli altri, la solidarietà, l’aiutare senza voler nulla in cambio, l’andare a fondo delle cose, il cercare di capire oltre le apparenze. Questi bambini sono una fonte preziosa, tutti i bambini lo sono e i bambini con disabilità ancora di più. È fondamentale per tutti noi, per la società, stare vicino a loro e aiutarli a sviluppare al meglio le loro capacità. Non esiste una serie A e una serie B, ci sono soltanto menti diverse, sensibilità diverse, velocità diverse, modi diversi di vivere. Tutto questo è molto più ricco e denso di una tanto ricercata ‘normalità’ che non esiste e non ha senso”.

Altri due bambini, una scelta coraggiosa
Nonostante il colpo accusato con la diagnosi di Giacomo, la famiglia si è allargata. “La nostra scelta è dovuta al desiderio di avere una famiglia numerosa, mettere al mondo dei bambini è l’esperienza più bella della nostra vita, lo stesso educarli e vederli crescere. Ma avevamo anche il pensiero di non lasciare Carlotta sola, con la responsabilità di Giacomo, nel dopo di noi. Carlotta sarà libera di fare la sua vita e la gestione di Giacomo sarà condivisa con altri due fratelli: questo farà sì che tutto diventi più leggero per tutti. Oggi, come madre e come donna mi sento realizzata. Guglielmo e Achille, gli ultimi due fratellini, sono meravigliosi e hanno portato una ventata di gioia e di freschezza in tutta la famiglia. Carlotta ne è felicissima, può vivere un’esperienza di totale condivisione con i nuovi fratelli (anche con Giacomo c’è condivisione, ma è limitata) e vivere in una famiglia numerosa aiuta sicuramente anche Giacomo, che è sempre a contatto con bambini, anche a casa”.

L’analisi del comportamento applicata
Un fondamentale aiuto in questo percorso familiare è arrivato dall’ABA, che significa analisi del comportamento applicata. Un giorno, per pura coincidenza ma dopo tante ricerche, Paola e Cristiano hanno scoperto l’esistenza di terapie comportamentali, intensive e precoci, che aiutano i bambini con disturbi del comportamento. Giacomo segue l’ABA dall’età di 4 anni e mezzo (chi fosse interessato può trovare su www.abautismo.it molte informazioni). Giacomo ha avuto due terapisti, uno a scuola, l’altro il pomeriggio a casa e una consulente ABA senior, che è stata la guida della famiglia per molti anni. “Purtroppo i costi sono altissimi e lo stato non sostiene questo tipo di terapie, anche se è passata una legge che per lo meno ne convalida la validità. Abbiamo dovuto indebitarci per far sì che Giacomo fosse seguito al meglio, con grande professionalità. Ancora oggi il percorso prosegue. Continua lo sport (judo, nuoto, ippoterapia, sci) che è fondamentale per la sua crescita, come per ogni bambino. Ancora più importante è avere qualcuno che riempia le giornate di attività, altrimenti si perderebbe nel suo mondo. I bambini, ma anche i ragazzi, gli uomini e le donne autistici devono seguire terapie per tutta la vita, con modalità diverse e per acquisire sempre maggiori competenze, ma con dignità e obiettivi, senza essere un ‘peso per la società’. È fondamentale e andrebbe capito da chi lavora in politica. Nessuna serie B, solo menti differenti, che aiutate nel modo giusto possono dare molto”.

La società potrebbe fare molto per aiutare questi bambini. Oltre alla possibilità economica di far seguire le terapie comportamentali (i bambini con autismo hanno l’accompagnamento, una cifra mensile di pensione di invalidità, ma non è sufficiente per affrontare tutti i costi), c’è una forte necessità di fare rete attraverso luoghi di inclusione, centri di aggregazione dove ritrovarsi nei pomeriggi, dopo la scuola. Il sogno di Paola e di alcune mamme con cui sta collaborando è di realizzare un centro sul territorio, dove tutti i bambini e i ragazzi (anche i bambini con disabilità) possano ritrovarsi per laboratori, giochi, attività ricreative e sportive. Un progetto ambizioso, ma anche un momento di crescita per tutti e un effettivo aiuto per le famiglie. “Sperando di non trovare troppi ostacoli burocratici e menti ottuse, ci batteremo affinché questo si avveri”. Noi glielo auguriamo con tutto il cuore.

[Brunella Manzardo]

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