L’uso del telefonino per i bambini è sconsigliato eppure molti genitori cedono. Ma c’è un’età consigliata?
L’Italia è al primo posto in Europa per diffusione di telefoni cellulari e i bambini lo usano in età precocissima.
I pediatri dicono che bisogna limitare l’uso del telefonino e non regalarne uno personale prima dei dieci anni di età; da questa età in poi però, tutto sembra permesso, ed è raro trovare undicenni o dodicenni senza smartphone.
Sul cellulare l’app più gettonata è Instagram (snobbano Facebook per non incrociare noi genitori e i nonni o gli insegnanti), anche se ultimamente Tik Tok è diventato il mondo social dei più piccoli.
L’età minima prevista per questi social è generalmente 13 anni, con il consenso dei genitori, e 14, senza consenso. Tuttavia già nelle scuole elementari molti bambini di 9 o 10 anni hanno già in tasca questi strumenti potentissimi. È un bene o un male? Esiste una età consigliata per dotare i ragazzi di un telefonino?
Belle domande
Il fatto che i bambini siano online in età sempre più precoce è un dato di fatto. La ricerca EU Kids Online ha dimostrato un boom delle connessioni a Internet anche per i bambini sotto gli 8 anni, registrato negli ultimi anni.
La maggioranza dei piccoli tra i 6 e gli 8 anni ha accesso alla rete, ed è ormai chiaro che i “nativi digitali” hanno una migliore confidenza nell’uso delle interfacce touch di smartphone e tablet. Il problema è che spesso mancano di competenze.
Per esempio, non sanno cosa sia la netiquette, vale a dire non conoscono le regole minime di buon comportamento nelle interazioni in rete.
Come si connettono?
A detta di uno dei maggiori esperti italiani del tema, Paolo Ferri: “I nativi considerano le tecnologie digitali come elemento naturale del loro ambiente di vita. Fin da piccoli si relazionano con la tecnologia attraverso il gioco e, a volte, per prove ed errori costruiscono da soli i propri giochi senza consultare nessun manuale e senza nemmeno saper leggere, personalizzando la tecnologia secondo le proprie esigenze, come fanno con i Lego”. I nativi usano per lo più dispositivi touch e considerano i notebook scomodi e ingombranti.
Del resto anche in alcune scuole si usano già i tablet ed esistono decine di migliaia di app rivolte direttamente alla prima infanzia. Non siamo ai livelli della Norvegia, dove la metà dei bambini tra i 3 e i 4 anni usa un tablet e il 25% uno smartphone, ma la percentuale di nativi schermodotati sta aumentando notevolmente anche da noi.
Valutiamo la maturità
Non abbiamo ancora risposto alla domanda se esista o meno un momento giusto per dotare i bambini di uno smartphone. Perché una risposta non c’è.
Un altro esperto del tema bambini e tecnologia, Alberto Pellai, sottolinea che “non esistono linee guida di pediatri o psicologi in questo senso”. Idealmente il momento più indicato sarebbe quello dell’inizio della scuola superiore. A questa età infatti, ragazzi e ragazze sono capaci di essere autonomi nell’utilizzo e hanno anche sviluppato la capacità di proteggersi da una certa impulsività che potrebbe danneggiarli”.
Che “digital parent”sei?
L’età giusta, possiamo ragionevolmente dire, dipende dalla sensibilità dei genitori e dalla maturità dei figli. La ricercatrice Alexandra Samuel ha individuato tre categorie di approccio al digital parenting: ci sono i “digital enablers”, che pongono pochissime restrizioni su come i bambini usano i dispositivi; ci sono i “digital limiters” che cercano in modo attivo di limitare l’uso dei dispositivi da parte dei bambini; ci sono i “digital mentors”, che tentano attivamente di partecipare all’utilizzo dei dispositivi assieme ai figli.
Proibire a prescindere non è mai stata una strategia vincente, quindi il trucco sta nell’uso condiviso dello strumento, ed essere adeguatamente informati sui pericoli legati all’uso di queste tecnologie (li conosciamo: contenuti inappropriati, bullismo, sexting e via dicendo) sottolineando l’importanza del ruolo del genitore come educatore, anche se papà e mamma non sono particolarmente ferrati in tema tecnologico.
Supervisione e buon esempio
Anche se non siamo dei maghi del computer, possiamo essere ottimi “digital mentors”.
Il nostro compito sarà supervisionare, dare il buon esempio e soprattutto condividere l’uso degli strumenti. Possiamo chiedere come si usano le chat di WhatsApp e magari imparare alcune regole di base che i ragazzi conoscono benissimo e tanti genitori no (vietato l’off-topic, niente catene di sant’Antonio, distinguere sempre tra quel che è pubblico e quel che è privato).
Rispettiamo i loro confini: possiamo chiedere di avere accesso al loro cellulare, ma dobbiamo anche dare fiducia e non abusare dello strumento per soddisfare le nostre curiosità, mettendoli in difficoltà o in imbarazzo (avrà o no la fidanzata? Avrà dato il primo bacio?). Incoraggiamoli a diventare adulti che sanno come comportarsi online, in modo sano e responsabile.
La strategia migliore è sempre la stessa: parlare, parlare, parlare. Ma anche essere d’esempio, perché come sappiamo bene oggi gli adulti passano tantissimo tempo con gli occhi attaccati allo schermo, ancora più dei figli.
I servizi di protezione
Fiducia, quindi. Ma i rischi ci sono, e sono concreti. Lasciare libertà ai propri figli, ma in un ambiente protetto.
Si possono usare, anche sui telefonini come sui pc, delle funzioni di parental control, per consentire l’accesso a contenuti e modi di utilizzo appropriati. Le funzioni di parental control consentono di scegliere le impostazioni che sono appropriate sia per un adolescente che per un bambino più piccolo.
È possibile agire su differenti categorie di contenuti. Per esempio, i contenuti relativi a siti di appuntamenti, giochi d’azzardo, droghe, violenza o pornografia sono bloccati di default per i minorenni di qualunque età. È possibile anche porre dei limiti temporali all’uso degli strumenti, e anche dei “limiti temporali selettivi”: per esempio si può scegliere di consentire l’accesso a Instagram solo per un’ora al giorno e non porre alcun limite a siti utili per lo studio, come Wikipedia.