Vittorio, il papà che vive di anatomia umana

da | 21 Ott, 2022 | Lifestyle, Persone

Di lavoro? Mi occupo di studi sull’anatomia umana: disseziono cadaveri e mio figlio l’ha capito meglio di molti altri amici adulti

Vittorio è un papà solare, sorridente, iperattivo, che ama lo sport, la bicicletta, la montagna e i cani. Adora suo figlio, Pietro, di 6 anni, e ama profondamente il suo lavoro.

Quale? “Nel 2008 sono stato assunto dall’Università di Torino come tecnico di Sala Settoria. In pratica preparo cadaveri interi o parti cadaveriche umane per la didattica sia universitaria, per tutte quelle facoltà che prevedono lo studio dell’anatomia umana, che superiore, con chirurghi”.

Non c’è da storcere il naso, perché questa, per studenti e medici, è una grandissima opportunità, che ha davvero poco di macabro.

“Imparare o simulare approcci chirurgici, che poi verranno eseguiti sui pazienti in sala, su cadaveri donati e preparati per l’esercitazione è un atto di grande responsabilità e una buona occasione per chi, diversamente, alle prime armi potrebbe fare esperienza solo su pazienti vivi!”, spiega Vittorio.

Il lavoro con il non vivente

“Già a 6 anni mi incuriosivano e affascinavano i vecchi palazzi un po’ decadenti. Un giorno, tornando dal parco con i miei fratelli e mia madre ho visto una finestra aperta che si affacciava su un lungo corridoio nel piano sotterraneo, e sbirciando ho visto accatastati per terra, in un cumulo disordinato, decine di crani e ossa varie.

Sono rimasto sorpreso e incuriosito e quella specie di attrazione mi ha poi guidato nel percorso di studi. Mai più avrei pensato che circa venti anni dopo sarei entrato in quel palazzo per fare la mia tesi e non ne sarei più uscito. Il mio percorso di studi in Scienze Naturali prevedeva una serie di materie a scelta, tra le quali c’era l’anatomia umana.

A fine corso, il professore mi propose una tesi sperimentale sul sistema endocrino di piccoli mammiferi e uccelli, che però prevedeva di sacrificare gli animali per ricavare i dati da utilizzare per la ricerca. Non me la sono sentita e così sono stato indirizzato a un professore che lavorava su animali già morti.

Ed è così che è iniziato il mio lavoro con il non vivente”. Per la tesi Vittorio ha studiato le ossa di animali rinvenuti in una grotta risalente al periodo Neolitico e dalla mattina alla sera passava il tempo a studiare, riconoscere e catalogare ossa. “Devo dire che sono stati tre mesi di studi e ricerche davvero entusiasmanti, divertenti e stimolanti, e mai ho avuto la sensazione di svolgere un lavoro macabro o splatter”. 

Al museo di Antropologia criminale

Il passaggio al lavoro coi cadaveri umani è stato del tutto naturale. “Nel primo periodo della mia assunzione all’Università degli studi di Torino ho lavorato al restauro di tutta la collezione craniologica del Museo Lombroso”.

Il museo di Antropologia criminale di Torino espone le collezioni raccolte per gli studi dal medico antropologo Cesare Lombroso tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi del Novecento, composte da preparati anatomici, disegni, fotografie, corpi di reato, produzioni artigianali e artistiche, realizzate da internati nei manicomi e nelle carceri.

Poi sono passato alla Sala Settoria, per preparare i cadaveri interi o parziali per lo studio. Ho trovato questo lavoro stimolante e coinvolgente, fin da subito. Se il lavoro didattico con le università è abbastanza comune, la formazione superiore con medici e chirurghi è un’eccellenza poco comune in Italia, mentre abbastanza consueta in Europa”.

viviamo così

Comunque, c’è bellezza

Sbagliamo se pensiamo ad un luogo di lavoro tetro e pauroso. La Sala Settoria si trova in un palazzo storico, con colonne, marmi e molto ordine.

“Io sono una persona precisa e mi piace stare nell’ordine e nel bello. Sembrerà assurdo, ma presto attenzione a ogni dettaglio nella gestione della sala e nella preparazione dei corpi per studenti, dentisti e medici.

Ho sentito parlare di lezioni in ambienti molto impressionanti, specialmente all’estero, ma sono assolutamente convinto del fatto che la lezione con i corpi debba lasciare la sensazione di aver vissuto una bella esperienza, utile e formativa, e con questo obiettivo porto avanti il mio lavoro”.

Mio figlio tra le ossa

Nell’ottobre del 2016 è nato Pietro. Vittorio ha sempre cercato di spiegarli e fargli capire al meglio che lavoro facesse il suo papà e l’ambiente non troppo esplicito gli ha permesso di portarlo spesso con sé.

“Veniva con me in sala, al marsupio, se avevo delle urgenze. Fin da piccolo ha sempre maneggiato ossa o scheletri per gioco, per capire come siamo fatti e di cosa mi occupassi.

Non ho fatto fatica a spiegargli il mio lavoro e l’anatomia umana, chiaramente senza entrare in dettagli scientifici e utilizzando un linguaggio adatto ai bambini della sua età. Devo dire che da piccoli si hanno molti meno pregiudizi e tabù, quindi per lui è sempre stato naturale parlare di morte, cadaveri e corpi.

Ammetto che sia stato più facile spiegare a lui il mio lavoro che ad amici e parenti adulti che ancora adesso fanno smorfie strane quando ne parlo”. E se qualcuno dice che può essere stato eccessivo coinvolgerlo su questi temi?

Pietro non mi sembra affatto traumatizzato, anzi lo vedo molto curioso sul tema, che poi è naturale tanto quanto la vita. La cosa buffa è che fin da piccolo invece di chiamare sala Settoria il posto dove lavoro l’ha sempre chiamata Sala Vittoria”.    

museo Lombroso

Pubblicità
Pubblicità

I più letti

I più letti

Criticare e correggere: è proprio necessario? 

Focalizzarsi sull’errore, criticare e giudicare non aiuta a crescere. Esiste un metodo alternativo per relazionarci con i nostri figli? L’intervista a Carlotta Cerri, creatrice di La Tela ed Educare con calma

100 cose da fare con i bambini

Si chiama “toddler bucket list” e serve tantissimo quando c’è tempo libero e manca l’ispirazione. Una lista di cose da fare con i bambini a casa e all’aperto

Pavimento pelvico: guida all’uso

Dallo stato di salute del nostro pavimento pelvico dipende il benessere fisico, psicologico e sessuale delle donne, come ci ha raccontato l’ostetrica specializzata Laura Coda