Wu wei in famiglia: un decalogo semiserio per praticare la difficile arte “del non agire”

da | 22 Gen, 2018 | Lifestyle

Wu, cioè “non avere” e Wei, cioè “azione”. Il wu wei è un importante precetto del taoismo che indica “l’arte di non agire” o, in altre parole, la capacità di coltivare la consapevolezza della necessità. Quando è necessario fare qualcosa? Quando è meglio non fare niente?

In quest’epoca occidentale dell’azione ad ogni costo (chi si ferma è perduto!) proviamo a capovolgere gli schermi. Lo scopo del wu wei è mantenere un perfetto equilibrio con se stessi, il Tao e la natura. 

Troppo complicato? Ogni genitore – a modo suo – è un po’ ninja: deve allenare la pazienza, esplorare le emozioni, apprezzare l’utilità della meditazione, esercitare quotidianamente la compassione, ricercare la semplicità e talvolta anche usare le arti marziali. Per raggiungere l’armonia è necessario imparare l’arte del non agire, decisamente ostica per chi, come noi, è cresciuto alla scuola del “Muoviti!”.

Quello che segue è un invito alla lucida passività, una forma di accettazione che chiede di essere ricettivi e attenti in ogni situazione, vivendo in armonia senza ambire ad azioni troppo grandi o complesse, che, se irrealizzabili, diventano causa di sofferenza e sentimenti negativi. Ecco uno scherzoso decalogo per iniziare a praticare il wu wei in famiglia.

Non pulire troppo

In età prescolare, un bambino su dieci soffre di asma. La percentuale è in aumento e le motivazioni sembrano legate soprattutto all’origine allergica derivante da una igiene non più salutare, ma eccessiva. L’asma a base allergica è una delle malattie croniche più diffuse nel mondo. L’eccessiva pulizia sembra far più male che bene: sotto accusa l’uso di prodotti inquinanti, nocivi per la salute, ma anche la lotta costante e spietata contro i batteri. Il risultato è che l’igiene può diventare fonte di malattia: si ipotizza che le migliorate condizioni di vita comportino una riduzione delle malattie infettive e un aumento delle malattie allergiche e autoimmunitarie. A farne le spese sono in particolare i bambini. Mentre carichiamo il cestello del bucato è bene domandarci se è davvero così sporco da richiedere un additivo disinfettante da aggiungere al nostro mix di detersivo e ammorbidente (e dell’ammorbidente, via, si può fare a meno). E per il bagnetto dei neonati il sapone non è indispensabile, basta tanta acqua tiepida.

Non abusare del pediatra

Per un martello, tutto il mondo assomiglia a un chiodo. Per i genitori apprensivi tutti i colpi di tosse sono campanelli di allarme di malattie gravissime da curare subito. Così il bambino finisce dal pediatra (o peggio, al pronto soccorso) molto più frequentemente di quel che serve. E i pediatri, che hanno a cuore la salute dei piccoli ma anche il benessere psicologico dei genitori, prescrivono farmaci, consigliano esami, suggeriscono consulti con gli specialisti. È giusto che sia così ed è una fortuna che esista un servizio sanitario efficiente. Quello che non serve è abusarne, perché si rischia di stressare i bambini sottoponendoli a cure ed esami inutili. Di più: nella sala d’attesa, nello studio medico, in ospedale si viene esposti agli agenti patogeni provenienti dalle persone veramente malate. Il bambino tossisce? Ci sono molti rimedi da provare prima di andare dal pediatra, a partire dal miele, che nella quotidianità è più efficace di qualsiasi sciroppo. Senza esortazioni al lassismo nella gestione della salute, è bene imparare a osservare il malessere e poi, se l’occhio attento del genitore non vede miglioramenti spontanei, chiedere l’intervento di un esperto.

Non dare troppe medicine

Gli italiani sono grandi consumatori di medicinali: l’Istat dice che una persona su tre fa ricorso a medicine ogni tre giorni (e nelle donne la percentuale sale al 43,8%). Tanto, troppo. Per paura che i bambini si ammalino, al primo sintomo di malessere si dà qualcosa: medicinali da autoprescrizione, antibiotici e cortisone. Sbagliato. L’eccesso di medicine e l’autosomministrazione sono più dannosi della malattia che si vuole curare. È meglio fermarsi a osservare (con attenzione e lucidità) quanto grave è la malattia. Se si tratta di una piccola influenza, di un mal di gola, di un mal di pancia, possiamo prendere in considerazione di chiamare una baby sitter e lasciare il bimbo un giorno a casa, piuttosto che mandarlo a scuola imbottito di paracetamolo.

Non riempire il tempo

La noia è creativa. Un eccesso di impegni non aiuta i bambinia dare vita alla loro fantasia. Sottoposti a un bombardamento di stimoli quotidiani, a partire dalla scuola, passando per le attività ricreative e parascolastiche, fino al telefonino e i videogiochi, i nostri cuccioli hanno perso la capacità di riempire i “tempi morti”. Eppure la noia stimola molte qualità che ogni genitore vorrebbe veder nei propri figli, prime tra tutte la creatività, l’operosità e l’autonomia. Compito di un buon genitore è offrire ai propri figli il tempo per annoiarsi. Non programmate attività extrascolastiche, non offrite stimoli, negate con fermezza le consolazioni facili (soprattutto tv e videogiochi) e lasciateli giocare da soli. Inventare qualcosa, anche un gioco, è una fonte di gratificazione che non deve essere frustrata. I risultati non tarderanno e si otterrà un bonus aggiuntivo: i vostri figli non soffriranno di stress.

Non intervenire

Uno dei principali precetti educativi del metodo montessioriano oggi tanto in voga è: “Non aiutare una bambina che crede di poter fare qualcosa da sola”. Libertà e collaborazione sono due elementi essenziali nello sviluppo dell’autonomia e dell’autostima dei bambini. Talvolta è richiesta ai genitori (e agli educatori in genere) la capacità di stare fermi. Per un adulto che “sta solo cercando di aiutare” è difficile accettare l’idea che il suo intervento è più dannoso che utile. Ci vuole molta pazienza e autocontrollo. Il bambino non sa allacciare le scarpe? Non riesce a fare i compiti? Non arriva a prendere lo spazzolino da denti? Non sa far funzionare la lavatrice? Intervenite solo se lo chiede, altrimenti non fate nulla: non aiutatelo, non rimproveratelo e non aggiustate le cose che ha fatto. Aiutare significa togliere la possibilità di imparare.

Non insistere (soprattutto per il cibo) 

Nella ricca e prospera Europa il rischio di morire di fame è remoto, al contrario di quanto avviene in alte zone della Terra. I nostri bambini sono esposti a continue offerte di cibo, soprattutto di alimenti non sani. È giusto che un genitore proponga una corretta alimentazione, come fa la scuola, variando il menu secondo i prodotti di stagione. È giusto anche sbizzarrirsi in cucina per assecondare i gusti (il minestrone con i pezzi no? Ok, proviamo il passato di verdure). Sbagliato è spaventarsi se il bambino non mangia. Sbagliatissimo proporre alternative purché non si alzi da tavola a stomaco vuoto. Se il passato di verdure viene cambiato con la cotoletta impanata, sostituita a sua volta dalle patatine fritte, per concludere tirando fuori il budino dal frigo purché qualcosa entri nel pancino, si ottiene il risultato opposto a quello che si desidera. Per molte mamme italiane (e per quasi la totalità delle nonne) “non agire” rispetto al cibo è la cosa più difficile, quindi non scoraggiatevi se il wu wei a tavola non vi riesce troppo bene.

Non coprire

Avete mai parlato con una mamma del Nord Europa? Una mamma svedese, tedesca, danese? La prima cosa che noterà dei vostri bambini è che li avete vestiti troppo. Quattro o cinque strati di abbigliamento (canottiera, maglietta, golfino, giacca e sciarpa) sono la misura standard dei bambini che giocano ai giardini, anche nelle più miti giornate invernali. Se il bambino corre e salta, coprirlo nuoce alla sua salute, perché faticherà a muoversi si sentirà a disagio (e alla fine non si divertirà). Meglio lasciare il bambino libero e fresco nei momenti del gioco all’aperto e portarsi qualche indumento da aggiungere durante il ritorno a casa, dopo aver sudato, giocato con l’acqua e fatto il bagno con il fango.

Non ascoltare

Non ascoltate. O meglio: ascoltate solo la voce del cuore. Prendere decisioni diventa sempre più difficile, perché siamo sommersi da informazioni discordanti. Come fare a orientarsi tra questa confusione di consigli che spesso si rivelano opposti? Vaccini, sonno, allattamento, svezzamento, compiti a casa, autonomia. Abbiamo sentito di tutto e il contrario di tutto. I genitori, con il solo desiderio di agire bene, non sanno chi ascoltare. Niente panico, la decisione giusta c’è ed è una sola: quella che prendete con serenità, cioè quella che sale spontanea dal cuore. Non abbiate timore di seguire quel che vi dice il cuore. Kevin Spacey in un famoso e bellissimo film di fantascienza, diceva: “Ogni essere nell’universo conosce quel che è giusto e quel che è sbagliato”. Possibile che solo voi siate l’eccezione?

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