La scuola finisce il 6 giugno e la ricerca del centro estivo stimolante, giusto e frequentato da amici è già iniziata da un pezzo: i prezzi però aumentano e la sostenibilità, per le tasche, diventa la priorità
Arrivano le vacanze e lo sconforto dei genitori è grande: in Italia il calendario scolastico segue ancora quello della raccolta del grano e le scuole chiudono per tre mesi, ma purtroppo non i nostri uffici. Un modello di distribuzione dei giorni di vacanza che è stato messo in discussione con diverse proposte per allinearsi agli altri paesi europei, ma con scarsi risultati. Non si tratta di ridurre il numero di giorni di scuola, che equivalgono a quelli dei vicini europei, ma di distribuire le vacanze nel corso dell’anno con più pause durante l’anno come accade nei paesi limitrofi coma la Francia.
Un buon esempio di variazione recente del calendario è quello del Belgio che da un paio di anni ha scelto di non seguire più le festività religiose e nazionali (Natale a parte) ma i ritmi di apprendimento. Le vacanze di primavera non coincidono più con la Pasqua ma sono previste a fine febbraio e inizio maggio, in modo da non arrivare sfiniti alla fine dell’anno, che si chiude ai primi di luglio. Lo hanno accettato tutti con entusiasmo? No, non sono mancate le polemiche, ma si sa che le abitudini sono difficili da sradicare. Pensiamo solo che una volta la scuola iniziava a ottobre!
Un’occasione per fare nuove esperienze, ma a che prezzo?
Per i genitori italiani maggio non è il mese delle rose: è quello in cui si cerca, disperatamente, un centro estivo giusto per i figli, sostenibile dal punto di vista di costi e organizzazione e non troppo lontano da casa o dal lavoro. Negli ultimi anni l’offerta è sempre più varia e chi non vorrebbe far fare ai propri figli esperienze diverse da quelle proposte dalla scuola durante l’anno, come l’outdoor education o l’immersione linguistica, soggiorni al mare o in montagna?
Tutto bellissimo, ma il problema sono i costi, che quest’anno in molte città sono aumentati fino al 30%. Aumentano le tariffe, gli stipendi stanno fermi e il numero dei figli per coppia anche.
Il costo in Italia per un centro estivo privato, come quelli organizzati dai centri sportivi, va dai 120 ai 180 euro, a seconda delle località. Quota che raddoppia (o quasi, se non c’è lo sconto) se i figli sono due; moltiplichiamo per le settimane di chiusura scuola in cui i genitori non possono prendere ferie – che solitamente sono almeno tre: il risultato è una bella cifra.
Ricordiamoci, inoltre, che le spese per i centri estivi, servizio fondamentale per i genitori che lavorano, non sono detraibili dalla dichiarazione dei redditi. Un sostegno economico su questo fronte alleggerirebbe un minimo il peso sul bilancio familiare e riconoscerebbe anche il valore educativo e sociale di queste attività.
Primaria: conciliare costi, spostamenti, socialità
La scelta del centro estivo dipende da molti fattori: primo fra tutti la comodità, in secondo luogo il costo, e poi la presenza o meno di amici e compagni di classe.
“Nella scuola di mio figlio quasi tutti i bambini frequentano centri estivi almeno nel mese di giugno e una buona metà anche a luglio”, spiega Carla, mamma di Davide, 8 anni. “Quest’anno mio figlio dovrà frequentare il centro estivo fino a inizio agosto e anche a settembre, per un totale di ben nove settimane. Il centro estivo sportivo che ha frequentato l’anno scorso ha aumentato i prezzi, per coprire i costi. Per me, mamma single, era difficile far fronte a questo esborso, così ho scelto la proposta dell’oratorio di zona, che è vicino a casa e ha un costo settimanale decisamente più contenuto.
Per fortuna ci saranno altri suoi compagni, mentre altri andranno in quello organizzato nella loro scuola, sovvenzionato dal servizio comunale. Ma un altro gruppo frequenterà campus che offrono di sicuro più attività formative, come esperienza in fattoria, equitazione o inglese”.
La riflessione nasce spontanea: all’interno della stessa classe, non tutti i bambini hanno le stesse opportunità. E visto che si tratta di un periodo dell’anno per nulla breve (più di tre mesi) le disuguaglianze non possono non essere ignorate.
Infanzia: in che mani lo/la lascio?
Per l’infanzia e i nidi il discorso è differente, ma anche più complesso. Entrambi terminano ufficialmente a fine giugno, ma sono tante le famiglie che devono usufruire del servizio estivo a luglio, a volte anche ad agosto.
“Il problema dei centri estivi nella scuola dell’infanzia è che, nei quartieri più popolati non sempre i posti soddisfano le richieste”, spiega Eleonora, mamma di due bimbi di 3 e 5 anni. “Nella città dove abitiamo la scuola che ospita il centro estivo non è per forza quella frequentata durante l’anno e può essere anche lontana, quindi bisogna riorganizzare le proprie giornate per portarli e prenderli. Inoltre è necessario effettuare l’iscrizione con largo anticipo, generalmente entro fine aprile, e sono diverse le famiglie che si informano a iscrizioni ormai chiuse.
E poi c’è un altro problema: gli animatori sono spesso molto giovani e non sempre hanno una formazione specifica. Lasciare un bambino o una bambina di tre anni in un nuovo contesto e con nuove figure di riferimento non è facile: richiede un grande sforzo di adattamento per molti piccoli. Per questo motivo molte famiglie, in particolare quelle che hanno bambini al primo anno della scuola dell’infanzia, oppure con difficoltà di ambientamento, disabilità o disturbi di vario genere, spesso rinunciano al servizio comunale e sono costretti a scegliere alternative ben più costose”.
Il paradiso per le famiglie non esiste
E nel resto d’Europa? Le cose non vanno meglio. Esistono alternative per tutte le tasche, ma la situazione non è troppo differente rispetto a quella italiana. A giugno si va ancora a scuola quasi ovunque, ma il problema si presenta in altri periodi dell’anno, come nelle vacanze di primavera o autunno che durano due settimane.
Una difficoltà che emerge dalle community di mamme italiane all’estero: 300 euro a settimana a Praga, più di 150 in Spagna, tariffe ben più alte in Danimarca. L’Inghilterra invece, in particolare Londra, propone centri estivi a prezzi molto abbordabili e pure la Germania e la Francia hanno un’offerta varia, dal privato al pubblico con costi contenuti.
In Italia, qualcosa si muove, ma a livello locale: alcuni comuni infatti, hanno stanziato bonus per le famiglie spendibili nei centri estivi del proprio territorio, in modo da andare incontro alle esigenze di tutti.
Un’iniziativa virtuosa che purtroppo resta circoscritta solo in alcune realtà. Forse un’azione più omogenea, che arrivi dall’alto, permetterebbe di non avere una tale diseguaglianza territoriale.
Un’agevolazione economica per tutti i genitori lavoratori sarebbe molto apprezzata, così come sarebbe apprezzato sovvenzionare enti e associazioni che organizzano un servizio indispensabile per le famiglie compensando le manchevolezze del servizio pubblico.