Aptonomia: incontrare il bebè prima che nasca

da | 15 Mar, 2016 | Lifestyle

Mamma e papà si guardano negli occhi, le mani appoggiate sul pancione: sono concentrati sull’ascolto dei movimenti che arrivano da dentro, da quel naturale marsupio che avvolge ancora per qualche mese integralmente il loro bambino. Accarezzando il ventre, sentono avvicinarsi il corpicino: il calore generato dal contatto attira il bebè, che risponde alla chiamata muovendosi e assumendo nuove posizioni.

Può sembrare un massaggio, ma non lo è: si chiama “aptonomia perinatale” e aiuta i genitori a costruire una relazione col proprio figlio prima, durante e dopo la gravidanza. L’aptonomia è un approccio, un’arte di vivere, una scienza. Nasce nel 1945 dall’intuizione del medico olandese Frans Veldman, che in seguito all’esperienza della deportazione si convince che alla base dei bisogni dell’uomo ci sono l’affettività e il contatto con l’altro, indispensabili per il pieno sviluppo del potenziale umano fin dal concepimento. L’aptonomia, definita “scienza dell’affettività e delle relazioni emozionali umane”, si sviluppa negli anni come disciplina sanitaria rappresentando un supporto per gli operatori che vogliono offrire un contatto umano e amorevole al paziente per favorire uno stato di sicurezza e di autonomia nella persona, sia essa infelice, malata, morente o non ancora nata. La perinatalità è il campo in cui questa scienza ha trovato maggior riscontro.

Diffusa un po’ ovunque in Europa da una ventina d’anni, nel nostro paese è raro imbattersi in chi la propone nell’accompagnamento al parto. Maria Isabella Robbiani, psicologa perinatale, ha studiato presso il Centre International de Recherche et de Développement de l’Haptonomie di Parigi ed è la sola diplomata in aptonomia perinatale in Italia. Consulente e libera professionista, è tra i fondatori dell’Associazione Genitorialità di Padova, vicepresidente del Movimento Italiano Psicologia Perinatale e curatrice del blog Haptonomia Perinatale – Accompagnamento alla genitorialità (www.aptonomia-perinatale.it). “L’aptonomia perinatale è un modo per incontrare il bebè prima che nasca. È una relazione basata sul tatto, il primo dei cinque sensi sviluppato dai bambini in utero. Ho capito che dovevo imparare a praticare questa disciplina quando mi sono resa conto che, nel mio lavoro, la parola non bastava più” racconta Maria Isabella Robbiani. L’aptoterapeuta coinvolge la coppia di genitori in un percorso di conoscenza del proprio bambino: “Sin dai primi mesi del concepimento, a volte anche prima, li aiuto a instaurare e a condividere un contatto intimo con il grembo materno: conduco i loro respiri, l’attenzione e gli sguardi. La mamma, nel presentare al bambino il suo papà, si rilassa ed emana ossitocina ed endorfina naturali, entrando così in un tono muscolare favorevole in cui la pancia si ammorbidisce, diventa più ampia e il bambino può assumere una posizione comoda”.

Quando si arriverà al travaglio e poi al parto, i genitori che hanno praticato l’aptonomia sapranno che il contatto affettivo è analgesico: “È uno strumento potentissimo per le doglie e la fase dell’espulsione: sentendosi in squadra con il bambino e il papà, il tono muscolare della mamma è meno in allerta, meno teso, più rilassato. E quando il bimbo arriva, lo si conosce già!”. Secondo Isabella è nelle gravidanze “a rischio” che si riscontrano i maggiori benefici dell’aptonomia: che vi siano problematiche psico-affettive o che si richieda una presa in carico medicalizzata, instaurare una relazione con il bambino ancora nel ventre materno rassicura e rafforza i genitori, alleggerendo i disagi. Allo stesso modo, continuare la pratica dell’aptonomia durante il primo anno di vita è garanzia di autonomia e benessere del nascituro. “La conferma affettiva espressa dalla coppia dei genitori nel corso della gravidanza sviluppa un forte senso di riconoscimento della persona-bambino. È stato riscontrato che i bebè coccolati vengono al mondo più consapevoli di se stessi, centrati nella mente e nel corpo: sono bambini allegri, curiosi, coraggiosi e ottimisti, che in molti casi mostrano capacità motorie e intellettive precoci”.

[Serena Carta]

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