Phubbing: quando i genitori sono distratti dallo smartphone

da | 4 Gen, 2021 | da non perdere, News in evidenza, Pillar

Trascurare il proprio interlocutore per consultare in modo compulsivo il cellulare. Cosa succede quando i genitori fanno phubbing di fronte ai figli?

Anche se non avete mai sentito parlare di phubbing, molto probabilmente lo avete praticato a vostra insaputa. 

Phubbing nasce dalla fusione di due parole: “phone” (telefono) e “snubbing” (snobbare). Chiaramente, si riferisce alla tipica situazione in cui una persona ignora chi ha di fronte perché troppo impegnata (o distratta?) da notifiche, notizie, immagini e tutto ciò che uno smartphone contiene e comunica.

Se i genitori snobbano i figli

L’Università Bicocca di Milano ha pubblicato uno studio dedicato al rapporto tra bambini e tecnologia, in cui emerge un nuovo aspetto: l’esempio che i genitori propongono ai propri figli. Cosa significa? Talvolta la tecnologia fa male ai bimbi, ma non sono immuni nemmeno i genitori. Sono questi ultimi, infatti, i primi ad abusarne.

Il phubbing, l’azione di snobbare gli altri, rende l’idea di ciò che accade in molte famiglie. Genitori che si preoccupano e si lamentano delle troppe ore trascorse dai figli a chattare o ai videogiochi.

Ma, mentre si lamentano, utilizzano i dispositivi con comportamenti sbagliatissimi, che i bambini assimilano. 

Le conseguenze del phubbing

L’azione di snobbare i propri figli per controllare in continuazione il telefono e rispondere subito a messaggi, quasi mai urgenti, può avere un impatto sul benessere psicofisico dei bambini e di tutta la famiglia.

Troppo tempo davanti allo schermo danneggia il cervello dei bambini, ma cosa succede se a farlo sono i genitori? Non esistono studi e dati precisi, ma è facile immaginare che esistano conseguenze sui rapporti familiari .

Secondo i ricercatori della Bicocca, che hanno intervistato circa 3 mila adolescenti tra i 15 e i 16 anni, risulta che i ragazzi con genitori troppo incollati allo smartphone si sono sentiti più di una volta esclusi, ignorati, messi in secondo piano nel quadro familiare.

Una mamma o un papà schiavi del phubbing provocano nei figli un sentimento di disconnessione e si sentono meno coinvolti dalla vita familiare. Questo ostacola la creazione di un vero rapporto in fase adolescenziale e una buona sintonia. E non solo: chi ha subito un importante phubbing in età scolare, mostra accenni accenni precoci di patologie come depressione e ansia.

Se i bambini vogliono essere al centro dell’attenzione, è importante indagare sul rapporto genitore-figlio e rovesciare la prospettiva, che vede i genitori come primi responsabili di comportamenti anti-sociali o fragile benessere psicologico.

La via d’uscita: il digital detox

Noi di GG lo abbiamo già ribadito più volte: il digital detox va fatto, perché può portare un grande giovamento a tutta la famiglia. 

Ricordiamo che in caso di urgenze esistono le buone vecchie telefonate: se vogliamo trascorrere del tempo di qualità con i nostri figli possiamo rimanere reperibili lasciando il telefono acceso ma scollegandosi da connessione dati e wi-fi. 

Uno sforzo importante, e che giova alla vista, all’umore e aiuta a riposare meglio, è l’abolizione del telefono dopo le 8 di sera. 

Eliminiamo i telefoni in alcuni momenti della giornata (assolutamente durante il pranzo e la cena) per poi introdurre gradualmente l’ora di digital detox quotidiana. Presto ci renderemo conto che anche andare a fare una passeggiata senza telefono è fattibile, anzi, più bello. 

Perché il controllo compulsivo del telefono e l’ansia da risposta al messaggio significa phubbling: e l’esempio che diamo ai nostri figli vale più di tante parole.  

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