STEM, giocando si impara

da | 28 Ott, 2017 | Lifestyle, Tech

I bambini imparano giocando: mai modo di dire fu più moderno. Modernissimo, anzi, se si parla di giocattoli STEM, una sigla che sta per “Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica” (Science, Technology, Engineering & Math) e che apre le porte a un mondo ampio e variegato destinato a popolare, sempre più, le camerette dei nostri figli.

 

Modellare la mente

È vero: se metti vicini i termini “ingegneria” e “matematica”, di ludico sembra restare poco. Sembra anzi un obbligare il nostro povero bambino a giocare con giochi noiosi – per il suo bene, certo – negandogli però il sacrosanto diritto allo svago e al divertimento. Vero? No, sbagliato. Quando si parla di STEM si parla di gioco che, seppur educativo, conserva la sua caratteristica principale: divertire. E mentre diverte, contribuisce a “strutturare” la mente del bambino, ne modella la personalità, gli insegna a capire come è fatto il mondo esterno, come funzionano gli oggetti. Il bambino, a sua volta, prende dal gioco le misure delle proprie capacità, anche in termini di autostima. Fa muovere il corpo, ma anche il cervello. Attiva memoria, concentrazione, curva d’attenzione. Ecco perché la leva dei giochi STEM è uno strumento prezioso: sono giocattoli che inseriscono elementi importanti nella quotidianità, che orientano il pensiero su attività utili in futuro (nella vita ma anche a livello professionale). Quasi senza accorgersene, insomma, i bambini imparano i principi base delle discipline scientifiche.

 

A che gioco giochiamo?

Il giocattolo STEM, per quanto innovativo, non può fare a meno di rispettare le diverse fasi della capacità ludica del bambino. Gli esperti ne individuano tre: gioco solitario, gioco parallelo e gioco sociale. Il passaggio da una fase all’altra è legato all’età. Il gioco solitario è quello che si fa a pochi mesi di vita. Il gioco parallelo è quello in cui, fino a 3 anni tendenzialmente, il bimbo gioca soprattutto da solo, ma comincia a interagire con gli altri bambini presenti. Dai 4 anni in su il gioco diventa definitivamente una questione di gruppo. I giochi STEM si articolano su queste fasi e cercano di rispettare le differenti necessità del bimbo.
Ma cosa sono? Tutti abbiamo giocato almeno una volta (o desiderato giocare) col Piccolo Chimico. Ecco, è l’archetipo dello STEM. Purtroppo, ai nostri tempi, giochi così erano un’eccezione, mentre oggi si trova veramente di tutto, anche con una veste decisamente più glamour.

 

Biotecnologie, meccanica e informatica

Per imparare la biologia, per esempio, ci sono piccole serre (Clementoni, per dirne una) che – come un Tamagochi della vita reale – invitano i piccoli a prendersi cura di semi e piantine. La serra è trasparente e i bimbi possono osservare la natura che fa il suo corso.

L’ingegneria è la materia che vanta la tradizione più lunga: il Meccano ha scandito i pomeriggi di chi oggi si avvicina agli “anta”. Solo che il Meccano si riscopre e si ripropone con ingranaggi e movimenti sempre più sofisticati. Automobili (guardate i prodotti K’NEX) ma anche ruote panoramiche e casette più accattivanti.

Buki France propone la cassetta degli attrezzi ideale per chi aspira a essere un esperto di elettricità.

Non possono mancare fisica e chimica: dai giochi che sfruttano calamite e magneti (Toysmith magnet science di 4M), alla sfera al plasma che reagisce al tocco o ai suoni (Science4you).

Thames & Kosmos, addirittura, propone di costruire automobiline alimentate ad aria e ad acqua.

E ancora: geografia e astronomia trovano spazio (anche in questo caso qualche precedente “storico” esiste), ma la vera esplosione è nei giochi che stimolano la capacità di programmare e di creare algoritmi. Roba da informatici, insomma: percorsi, rompicapo, bruchi che si illuminano e addirittura un Cubetto (è il suo nome vero) che risponde al metodo Montessori e che, dai 3 anni in su, si lascia programmare e comandare a seconda delle sequenze di pezzi montate dal bambino (è prodotto da Primo Toys).

 

Al bando le differenze di genere

Un dato (sconfortante) che la statistica non smette di confermare, anno dopo anno, è che ci sono più ingegneri maschi che femmine. Le donne premi Nobel sono una sparuta minoranza. E anche senza arrivare a queste vette, il gap di genere appare sotto gli occhi di tutti. Da parte nostra, di noi adulti, c’è uno stereotipo da scardinare. Da parte dei bambini c’è lo STEM, che contribuisce a cambiare il mondo anche in questo modo: non mancano (anzi abbondano) i giochi pensati per le bambine. Un esempio? Si chiama Roominate ed è il frutto dell’intuizione di due ingegneri (donne) dell’università di Stanford. Alice Brooks e Bettina Chen hanno inventato un gioco grazie al quale le bambine possono costruire pezzo per pezzo la loro casa delle bambole. Alla faccia di Barbie, Ken e tutto il resto, con rispetto parlando. E nella casa c’è molto di più di quattro mura di plastica: ci sono il camino, il ventilatore, le luci e tutto ciò che di tecnologicamente domestico si può immaginare. Un po’ ingegneria, un po’ architettura, tanto gioco. Ma non solo.

 

I nuovi canali

I negozi di giocattoli allestiscono le vetrine per Natale e il giocattolaio di fiducia è quello che meglio sa consigliare il genitore accorto negli acquisti. Non mancano le catene specializzate nei giochi educativi. Provate a organizzare i parenti e spediteli lì a fare qualche acquisto.

Anche i grandi colossi virtuali si muovono in direzione STEM. Amazon, per dire, oltre a dedicare un’intera sezione a questo tipo di acquisti, li suddivide in fasce d’età. E non solo: negli USA ha sviluppato un programma di sottoscrizione, rivolto ai genitori, chiamato “STEM Club”. Aderendo, spedisce nuovi giocattoli educativi ogni mese per una cifra forfettaria (e abbordabile, intorno ai 20 dollari). A volte addirittura giochi in anteprima o pensati su misura per il colosso dell’e-commerce. Una bella idea, speriamo che qualcuno la sviluppi anche in Italia.

 

Attivare le aree cognitive

Il concetto di STEM, come capita in molti ambiti, segue le mode e gli stereotipi e talvolta rischia di allargare troppo il campo di pertinenza. In Italia è legato soprattutto alla robotica e al coding (cioè alla programmazione informatica)”. A parlare è Giovanni Gentile, laureato in psicologia ed esperto di nuove tecnologie e comunicazione, con competenze nella gestione di elettronica, automazione e domotica. A Milano (e non solo) tiene corsi e laboratori per bambini e ragazzi sulle tematiche STEM, appoggiandosi a numerose realtà e associazioni (come Yatta!). “L’importanza del giocattolo STEM è la sua capacità di attivare, nel cervello del bambino, aree cognitive che gli insegnamenti tradizionali difficilmente sollecitano. Si tratta di conoscenze che diventano reali e utili, che si radicano e sedimentano e che, attraverso la loro applicazione pratica, vanno oltre il semplice apprendimento di concetti e lezioni a memoria”.

 

La differenza tra cultura e intelligenza

Operare con l’approccio STEM, in sostanza, significa fare un cambio di paradigma. “Funziona molto bene nel coding – prosegue Gentile – ma il discorso è allargabile anche ad altre discipline: i bambini imparano a risolvere un problema cercando e costruendo da soli la soluzione. Non applicano una casistica preesistente, ma accettano la sfida e la superano attraverso stimoli nuovi. È la stessa differenza che passa tra la cultura (ovvero imparare mnemonicamente delle lezioni) e l’intelligenza (ovvero la capacità di ricavare una risposta dall’esperienza)”.

C’è un’età preferibile per cominciare con i giocattoli STEM? “Prima si comincia, meglio è. Intorno ai 6 – 8 anni i bimbi sono in una condizione di scolarizzazione appena accennata e quindi senza quelle sovrastrutture che poi si innestano con il passare degli anni. Per loro è più facile apprendere tramite lo STEM, trovando strade alternative alla soluzione dei problemi. Con i bambini più grandi diventa via via più complesso, sono abituati ad apprendere dall’adulto cosa fare e quando. Ma non c’è una regola, tutte le età sono buone per iniziare”.

 

Distinguere lo STEM dalla fuffa

Con un’avvertenza: attenzione alla fuffa. “Ce n’è, come in tutte le tendenze emergenti – avverte Gentile -. Tutti cercano di inserirsi e di cavalcare l’onda. Si sono moltiplicati i centri che propongono insegnamenti STEM. Ma la controprova arriva da chi cerca di venderti uno strumento, magari a costi elevatissimi, piuttosto che un metodo d’approccio.

Un martello è uno strumento, imparare a piantare un chiodo nel muro è un metodo d’approccio. E si può piantare un chiodo anche senza avere necessariamente quel preciso martello”. Qualche esempio? “Uno arriva proprio dal nostro metodo di lavoro: utilizziamo robottini semplicissimi, in grado di essere programmati in Arduino, oppure di seguire una linea colorata lungo un foglio. Non certo strumenti da vendere. In Gran Bretagna è sempre più diffusa la Microbit: una schedina elettronica che il governo consegna gratuitamente ai bambini che ne fanno richiesta. È un oggetto utile per avvicinarsi ai linguaggi di programmazione. Perché viene regalata? È stata una scelta governativa fatta dopo aver constatato che la Gran Bretagna continuava a importare programmatori dall’India, invece che farli crescere in casa”.

 

Il futuro inizia con A

Avete alzato un sopracciglio sentendo parlare di STEM? Troppo tardi! C’è già una nuova frontiera che si apre all’orizzonte. È quella dello STEAM, dove la “A” rappresenta il mondo dell’Arte. Perché anche la fantasia, l’estetica e la bellezza reclamano il loro spazio. La creatività si stimola anche così.

 

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