Epopea, ovvero la luce su quel lato oscuro della paternità

da | 5 Giu, 2019 | Lifestyle, Persone

“Godetevi il sonno adesso, vi mancherà nei prossimi anni”. Una frase che avrete sentito molte volte prima di diventare genitori e che probabilmente state tramandando anche voi.

La genitorialità è piena di miti e luoghi comuni ai quali conviene aderire. Il padre che alla domanda “come va?” risponde facendo capire che ha dormito poco, diventa un piccolo eroe moderno.

La notte è il luogo in cui i genitori si denudano del loro ruolo di spara-regole. La notte devia l’attenzione dal desiderio di conformare i figli. Ci tiene lontani dalla voglia di preparare il loro curriculum e ci concentra su quell’attività primitiva di cui la scienza comincia a capire i benefici, anche se non conosce con precisione né la dinamica né il vantaggio evolutivo. Dormire.

Nella lotta tra sonno e figli, essere un cronotipo notturno, cioè una persona che rimane sveglia mentre mio figlio deve ancora dormire, mi ha dato un netto vantaggio e mi ha permesso di raccogliere materiale sufficiente a raccontare “L’ universo in trenta nottate” o riscrivere “La storia notturna della paternità.”

I primi giorni dopo la nascita di Simone, lo tenevo stretto al petto, lo coccolavo con movimenti simili agli addominali, contavo fino a dieci e lui si addormenta a sette. Rifiutavo di metterlo nella culla. Dormiva vicino a noi. Posavo il braccio destro su di lui, come da piccolo facevo coi giocatoli nuovi.

In un viaggio a Ravenna, qualche mese dopo la nascita, Simone si rifiutò di dormire. Non gli piaceva l’hotel. Dopo vari tentavi e nella disperazione, a mezzanotte lo misi nel marsupio e scarpinai per la città finché non prese sonno. Se avete un bambino in età marsupiabile, fatelo, almeno una volta. Vi tornerà utile per il resto della vita. Potrete raccontarlo di fronte a un aperitivo per fare la figura del maschio progressista. Oppure aggiungetelo al libro delle Gesta eroiche del padre! 

La realtà è che il calore che emanava il suo minuscolo petto era equivalente a un focolaio. E nonostante sia crollato dopo dieci passi, ho continuato a camminare per tre ore, ho ripetuto l’uscita per tutta la vacanza e ho cercato ogni scusa per farlo ancora nei mesi successivi.

Raccontare una storia prima di dormire è un altro bel mito che circonda la crescita. Stanchissimi la sera, dovevo trovare la concentrazione (e la luce) giusta per leggere una storia che Simone stesso non aveva l’energia per seguire. Una frustrazione continua. Mi sentivo un fallito. Mi soccorsero due uomini. Uno è un schiavo greco d’origine frigia, il cui nome è Aisopos. L’altro è un attore siciliano di nome Gaetano Marino che racconta, con la voce da nonno, le favole del primo soccorritore. E in più le mette gratuitamente su Podcast. Nel buio, fianco a fianco, Simone e io ascoltiamo “L’aquila e il gufo”. Simone russa alla fine della prima favola. Io aspetto la sesta.

La nostra epopea notturna, quando la scriverò, avrà capitoli intitolati Capodanno in ospedale, Dormir piangendo, Addormentarne due, Fu oggi e fu nanna, Il letto bagnato, Quella notte che ti ho (quasi) sbattuto sul divano perché non dormivi, Papà, quante nanne mancano a Pasqua?, Cartoni fino alla morte e altri miti.

L’ultimo capitolo è di due giorni fa. Tornavo in bicicletta da una cena con amici, ci aspettavano quaranta minuti di pedalata nel bel buio profumato del lungofiume. Credevo che il compito notturno genitoriale più arduo fosse addormentare un bambino, finché non ho dovuto tenerlo sveglio mentre voleva dormire su un seggiolino precario, che a corpo morto mi avrebbe fatto cadere. Ho provato tutti i miei trucchi. Cantare, musica, storie, domande. Tutti i miei trucchi fanno proprio dormire. Non so come, ma a mezzanotte arrivammo a casa, vivi, sani e desti. Papino, adesso sono sveglio, giochiamo un po’? Sarà questo l’incipit del prossimo capitolo.

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