Genitori e i bambini che vivono in regioni diverse: il lato oscuro del DPCM

da | 8 Nov, 2020 | Lifestyle, Soldi e Diritti

In primavera tanti genitori, separati e non, che vivono in regioni diverse non hanno potuto vedere i figli per un periodo troppo lungo. E ora? La soluzione resta oscura e il nuovo DPCM non tutela i bambini che hanno questa necessità

Per i genitori che vivono in zona rossa e hanno coniugi, o ex coniugi, residenti in un’altra regione l’odissea è ripartita. Il fine settimana da trascorrere insieme, oppure l’affidamento condiviso nel caso di separazione, non è legalizzato ma neanche vietato del tutto.

Come regolarsi allora? Il nuovo DPCM, come quello precedente, non dice chiaramente se spostamento per questa motivazione è concesso oppure no. 

L’importanza del tempo con papà

I bambini che hanno genitori che vivono in due comuni diversi, e anche in due regioni diverse, esistono eccome.

É il caso di Marianna, mamma di Giulio, che ha scritto nuovamente una lettera al Consiglio dei Ministri e ai Governatori di Regione per ottenere un’autorizzazione esplicita e poter raggiungere il proprio compagno senza violare le attuali disposizioni. 

“Io e il mio compagno Luca viviamo attualmente in due regioni diverse per ragioni lavorative e non per motivi affettivi” spiega Marianna “Io vivo in provincia di Torino e lui a Roma. Nostro figlio Giulio, che ha tre anni, vive per la maggior parte del tempo con me. 

Vivere distanti non è facile, ma cerchiamo di stare con il papà tutte le volte che possiamo, imponendoci non meno di un weekend lungo ogni due settimane. Può capitare di riuscire a vederci anche più spesso, quando lui riesce a raggiungerci. 

Per Giulio, nel pieno della fase evolutiva, il tempo trascorso con papà è fondamentale e irrinunciabile, considerando che purtroppo non è presente nella sua quotidianità”.

Poca chiarezza

Durante il lockdown primaverile, gli spostamenti tra regioni sono stati vietati dal 9 marzo al 3 giugno. Per ben 3 mesi le famiglie come quella di Marianna, Luca e Giulio sono stati costretti a vivere un lungo e difficile periodo di distanza, con l’eccezione di qualche visita ai limiti della legalità. Quando un decreto tiene lontano un bambino dal proprio genitore, si esige come minimo chiarezza e valide giustificazioni per imporre tale divieto. 

“A marzo, non essendoci alcuna chiarezza rispetto alla normativa, i singoli operatori di polizia erano lasciati liberi di decidere” racconta Marianna “Dopo tante risposte discordanti, abbiamo deciso di andare a Roma da Luca. Arrivati alla stazione Termini, Giulio ed io siamo stati fermati da un operatore della polizia ferroviaria. La persona in questione era in dubbio sul fatto che fossimo autorizzati a viaggiare e ha contattato un collega; questa persona gli ha suggerito di lasciarci andare perché secondo lui gli spostamenti per raggiungere figli minorenni erano consentiti anche se extra-regionali.

É andata bene, ma per tutto il periodo non sono state fatte comunicazioni chiare e ancora adesso è così. Tutto dipende dalla bontà e comprensione dell’operatore che incontri”. 

Gli spostamenti per raggiungere i figli (e viceversa) devono ovviamente seguire le linee guida dettata dalla sicurezza sanitaria (mascherina sempre e isolamento o quarantena da rispettare) ma non è ancora chiaro se tali spostamenti sono autorizzati in tutte le questure e regioni, proprio perché non precisato dal DPCM. 

I bambini prima di tutto

Limitazioni e divieti, almeno quelle che portano conseguenze negative all’interno delle famiglie, dovrebbero seguire le stesse regole in tutte le regioni oltre a essere argomentate da giuste motivazioni.

“Se chiamo la Questura di Torino, Roma e Palermo dovrei avere le stesse risposte, ma non è così. Stiamo parlando del diritto di un bambino a stare con il proprio genitore, un diritto da trattare con cautela. Non possiamo sottovalutare gli effetti che ha una lontananza di tre mesi per un bambino dal punto di vista affettivo e per il suo sviluppo.

Nel nostro caso Giulio sta accusando un profondo malessere rispetto a questa distanza: mi chiede più volte al giorno quando potrà vedere suo padre e la sorella più grande (la figlia del mio compagno). Le mie risposte vaghe non gli bastano perché ha bisogno di sapere con certezza che alla fine della settimana potrà stare con loro”. 

 

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